D'AnnaAppunti: mozione "Diritti umani - Tibet"
08/12/2007 - In questi giorni è di attualità la questione Dalai-Tibet Diritti Umani. A pochi mesi dalla sua elezione il Consigliere regionale di A.N. Giancarlo D’Anna presentò la mozione che segue. A distanza di due anni esatti non è ancora stata discussa. Un brutto segnale che si aggiunge alla pessima figura del Governo Nazionale, all’incomprensibile diniego del Vaticano di incontrare il Dalai Lama , contrariamente a quanto avvenuto in passato. La Cina non è più vicina, è già arrivata non solo con i suoi prodotti ma anche con un inaccettabile condizionamento sulla politica e non solo, che denunciamo con forza. Forte è l’appello al Presidente Spacca, al Presidente dell’Assemblea Bucciarelli al Consiglio Regionale tutto di discutere ed approvare il prima possibile la mozione per il diritto del Popolo Tibetano all’autodeterminazione. A cui a sarebbe opportuno far seguire un invito al Dalai Lama nelle Marche. In Consiglio Regionale dopo due anni dalla presentazione non si è ancora discussa la mozione sul Dalai Lama. Sul sito di Beppe Grillo oggi dopo 5 minuti dall’invio la mozione è stata pubblicata. Ogni commento è superfluo. Mozione n. 55 presentata in data 12 dicembre 2005 a iniziativa del Consigliere D’Anna “Diritti umani - Tibet” IL CONSIGLIO REGIONALE DELLE MARCHE Viste: le risoluzioni sul Tibet del Parlamento europeo del 14 ottobre 1987, 15 marzo 1989, 15 settembre 1993, 17 maggio 1995, 13 luglio 1995, 14 dicembre 1995, 18 aprile 1996, 23 maggio 1996, 13 marzo 1997, 16 gennaio 1998, 13 maggio 1998, 15 aprile 2000; le risoluzioni sulle violazioni dei diritti fondamentali in Tibet adottate dal Bundestag tedesco (15 ottobre 1987 e 20 giugno 1996), dalla Commissione affari esteri della Camera dei Deputati italiana (12 aprile 1989), dalla Camera dei Deputati belga (20 giugno 1990), dalla Commissione affari esteri del Parlamento irlandese (21 luglio 1998); la risoluzione adottata il 23 agosto 1991 dalla Sotto-Commissione delle Nazioni Unite per la prevenzione delle discriminazioni e la protezione dei diritti delle minoranze; la risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (D.E. 173, 5 ottobre 1988); le risoluzioni adottate dal Congresso degli Stati Uniti d’America, dal Senato e dalla Camera dei rappresentanti australiani, dal Parlamento del Liechtenstein e dal Parlamento ceco; la proposta di risoluzione presentata al Congresso degli Stati Uniti d’America il 5 marzo 2002, riguardante il riconoscimento del Governo tibetano in esilio, come legittimo rappresentante del Tibet; la dichiarazione di costituzione dell’ “Associazione di Comuni, Province e Regioni per il Tibet”, formalizzata nell’assemblea riunitasi presso l’Aula del Consiglio regionale del Piemonte, a Torino, il 9 marzo 2002; Ricordando: che il Tibet fu invaso e occupato nel 1949 e 1950 dalle forze armate del regime di Pechino e che è tuttora occupato; che la rivolta di Lhasa contro l’occupazione del regime di Pechino (10 marzo 1959) provocò la morte e l’incarcerazione di decine di migliaia di persone e l’esilio del Dalai Lama e di altre decine di migliaia di tibetani; che i rapporti del 1959 e del 1960 della Commissione Internazionale dei Giuristi sulla questione del Tibet; che la lotta di resistenza del popolo tibetano negli anni ’50 e ’60 provocò la morte di oltre un milione di tibetani, cioè di oltre un quinto della popolazione di allora; che la distruzione di oltre 6.000 monasteri tibetani, l’incendio di centinaia di biblioteche, il saccheggio di templi, la razzia di tesori religiosi e culturali, le esecuzioni sommarie di decine di migliaia di tibetani eseguite dalle guardie rosse durante la cosiddetta rivoluzione culturale cinese del 1968; che le manifestazioni di protesta del 1987/1988 contro l’occupazione cinese e la violenta repressione scatenata dalle autorità di Pechino; che la legge marziale imposta dalle autorità di Pechino in Tibet nel 1989 e 1990; che la trasformazione nel 1992 del Tibet in “Zona Economica Speciale” e il conseguente trasferimento massiccio di coloni cinesi in Tibet, che, in pochi anni, ha reso i tibetani minoranza nel loro stesso Paese, anche a causa della pratica, mai cessata, delle sterilizzazioni e degli aborti forzati delle donne tibetane; che il Governo tibetano in esilio è ospitato nella città indiana di Dharamsala; Ricordando in particolare: che l’ “accordo in 17 punti” firmato sotto costrizione a Pechino dalle autorità tibetane, pur sancendo l’annessione del Tibet alla Repubblica Popolare, garantiva anche la piena autonomia del Tibet e, in particolare, il riconoscimento del suo sistema politico e il pieno rispetto della libertà religiosa; che le risoluzioni delle Nazioni Unite 1353 del 1959, 1723 del 1961 e 2079 del 1965 chiedono la cessazione di qualsiasi pratica che privi il popolo tibetano dei suoi fondamentali diritti umani, compreso quello all’autodeterminazione; che l’istituzione nel 1965 della Regione Autonoma del Tibet (TAR) da parte delle autorità di Pechino; che i molteplici tentativi di dialogo rilanciati nel 1979, dopo la scomparsa di Mao Ze Dong, dal Dalai Lama e dal Governo tibetano in esilio nei confronti delle autorità di Pechino; che i tentativi reiterati di rilanciare il dialogo con le autorità di Pechino fatti dal Dalai Lama con il “Piano in 5 punti”, presentato davanti al Congresso americano nel 1987, e con la “proposta di Strasburgo”, presentata davanti al Parlamento europeo nel 1988; che il conferimento nel 1989 del Premio Nobel per la Pace al Dalai Lama; che la lettera inviata dal Dalai Lama a Deng Xiao Ping l’11 settembre 1992, nella quale si ribadiva la volontà di dialogo delle autorità tibetane con il Governo di Pechino; che le manifestazioni non violente europee di Bruxelles nel 1996 e di Ginevra nel 1997 per la libertà del Tibet e l’apertura di negoziati sino-tibetani, alle quali hanno partecipato migliaia di cittadini europei e tibetani; Facendo propria la risoluzione del Parlamento europeo del 6 luglio 2000, nella quale si invitano i Governi degli Stati membri dell’Unione europea a esaminare seriamente la possibilità di riconoscere il Governo tibetano in esilio come legittimo rappresentante del popolo tibetano qualora le autorità di Pechino continuassero a rifiutare negoziati, organizzati sotto l’egida del Segretario generale delle Nazioni Unite, per un nuovo statuto di autonomia per il Tibet; CHIEDE al Governo e al Parlamento della Repubblica di dare immediata attuazione alla Risoluzione del Parlamento Europeo, concorrendo in questo modo a un accordo che garantisca la piena autonomia dei tibetani in tutti i campi della vita politica, economica, sociale e culturale, con le sole eccezioni della politica di difesa e della politica estera; DECIDE 1) di mantenere esposta la bandiera tibetana fino a quando il Governo della Repubblica Popolare di Cina e il Governo tibetano in esilio non avranno concordato un nuovo status che garantisca una piena autonomia per il Tibet; 2) di aderire all’ “Associazione di Comuni, Province e Regioni per il Tibet “; IMPEGNA la Giunta regionale a trasmettere il presente ordine del giorno al Presidente del Consiglio dei Ministri, ai Presidenti delle Camere, ai Presidenti delle Regioni e dei Consigli regionali, al Presidente e al Primo Ministro della Repubblica Popolare di Cina, al Dalai Lama, al Governo e al Parlamento tibetano in esilio, al Presidente del Parlamento Europeo, al Segretario Generale delle Nazioni Unite e all’Associazione di Comuni, Province e Regioni per il Tibet.
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