Dopo aver insultato, sbeffeggiato, ricattato e truffato milioni di italiani ora piange. E lo fa in tribunale, davanti alla sentenza definitiva che la ritiene colpevole e le assegna 9 anni e mezzo di carcere. E’ Vanna Marchi, regina del malocchio televisivo. Ennesima trovata mediatica? Forse, ma intanto i migliaia di ricattati e derubati italiani che sono stati succubi della sua perfidia, ridono.
In una qualunque aula di tribunale, il 4 marzo scorso nella capitale, i ricorsi degli imputati sono stati considerati “inammissibili”. Situazione frequente e comune, eccetto per il soggetto in questione. Stiamo parlando, infatti, di Vanna Marchi, una romagnola 67enne imperiosa, eccentrica e coinvolgente, che della truffa ha fatto una ragione di vita.
Tutto iniziò ad Ozzano dell’Emilia, dove iniziò ad intraprendere l’attività di estetista, ma, insoddisfatta, affittò poco dopo un garage che trasformò in un negozietto dove mise in vendita cosmetici di sua produzione. Per incrementare le vendite si faceva pubblicità in alcune emittenti private, presentando lei stessa i suoi prodotti, usando i suoi due figli Maurizio e Stefania come valletti, e affidandosi al suo facile eloquio e alla sua capacità di convincere i clienti. Dopo aver girato una decina di emittenti private, nel 1983 arriva la consacrazione definitiva con il programma “Nientemeno che Vanna Marchi” trasmesso il lunedì in seconda serata su ReteA, e basato su falsi applausi e false telefonate. Ed ecco che nasce un nuovo fenomeno nazionale: con il suo piglio aggressivo e spesso invadente, le urla di richiamo e le pause strategiche, induce migliaia di telespettatori (continuamente chiamati in causa dal famoso intercalare: “signori miei”, “d’accordo”) ad acquistare i suoi prodotti, dispensa consigli sulla vita, e perfino gli incuriositi Enzo Biagi e Maurizio Costanzo si convincono a intervistarla nei loro programmi. Seguono libri, autobiografie e cd rap, e in pochi anni l’intraprendente signora si trova a capo di un’avviata rete di negozi, piazza creme e ritrovati cosmetici che, a sentir lei, hanno poteri strabilianti. Nel 1990 arrivano le prime difficoltà economiche, le prime accuse di bancarotte fraudolente e i primi arresti domiciliari, ma sono nel 2001 Striscia la Notizia smaschera un raggiro: un ufficio che faceva capo a Stefania Marchi contattava persone “abbordabili” (anziane, sole, non agiate) dicendo che il Maestro brasiliano le aveva sognate e nel sogno c’era una bella quartina da giocare perché vincente. Costo dei 4 numeri 300.000 lire, che ovviamente non uscivano mai, e se i malcapitati reclamavano i soldi persi c’era pronta una segretaria che li insultava e li invitata a spendere altri soldi. Ora, dopo 8 anni di accuse, denunce e scarcerazioni, l’indiscussa regina delle televendite è capitolata e la sua carriera finisce dietro le sbarre. Definitivamente.
La seconda sezione penale della Cassazione, infatti, ha confermato la sentenza con cui la Corte d'appello di Milano aveva condannato la teleimbonitrice, sua figlia Stefania Nobile, il suo ex convivente Francesco Campana e il 'mago' Mario Pacheco Do Nascimiento per associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Per Vanna Marchi e sua figlia si riapriranno, dunque, le porte del carcere e vi rimarranno 9 anni, 4 mesi e 9 giorni di reclusione, mentre per Campana, condannato a 3 anni, la pena è interamente coperta da indulto. Ma non solo: le due venditrici e lo staff al seguito dovranno anche risarcire 111 vittime truffate tramite televendite, vendendo amuleti e oggetti dotati, a loro dire, di proprietà miracolose. Infatti, questa tattica per estorcere denaro, attraverso la paura del malocchio, aveva portato Vanna e la figlia ad un guadagno di migliaia di euro, rovinando famiglie e anziani che hanno avuto la malcapitata idea di affidare tutti i loro risparmi ad una truffatrice abile e senza vergogna.
Finito il teatrino ci si chiede solo come un’approfittatrice del genere è riuscita a spopolare per ben 23 anni nella TV nazionale, a diventare un fenomeno nazionale, talvolta a far divertire, a non pentirsi, e soprattutto a non essere smascherata prima. Misteri che non verranno mai risolti, ma almeno ci resta la magra consolazione che in questo caso un po’ di giustizia esiste, anche per tutte le altre persone che non hanno avuto il coraggio di farsi avanti e sfidare la paura e la vergogna. E a lei non resta che piangere, falsamente, per tutto il male che ha fatto, ma che giustifica sempre e comunque nascondendosi dietro una maschera di esuberanza, che però ora in manette e dietro le sbarre non farà più paura a nessuno.