Annullamento (leggendo Paul Auster)
Ed è leggendo di questa città senza luogo, spazio tra il reale e l’irreale, dove nulla ha un contorno, dove solo il contrasto tra gli elementi visivi genera un confine delineato nella mia fantasia, che ritrovo il mio più totale senso di annullamento. Storie raccontate attraverso descrizioni di libri, di film; emozioni evocate da immagini sfocate, talvolta troppo surreali per approdare ad un concetto, talvolta troppo vere, per avere il coraggio di essere espresse. Nomi fittizi che producono un senso di smarrimento, allucinazioni della fantasia.
I protagonisti dei racconti della "Trilogia di New York" accelerano il mio senso di inquietudine mentre leggo: non mi danno spazio per pensare, assorbono totalmente i miei pensieri, conducendoli verso un finale intricato e trafelato, dove non conta più la soluzione del caso, ma il percorso che il protagonista ha compiuto. Nei primi due racconti i protagonisti sono come dei bambini, provano delle emozioni talmente primigenie da essere impossibile governarle. Seguono due casi di investigazione che con l’avanzare del tempo li assorbono completamente; non trovano più la forza né il coraggio di ritornare alla propria vita. Solo Blue, l’investigatore di "Fantasmi", cerca di uscire da questo labirinto, dove si confondono la realtà e l’illusione e nulla ha più un senso. Neppure New York produce un legame con il mondo reale: è pura essenza. I pensieri sconvolgono l’idea stessa del vivere: non sente neanche più il bisogno di mangiare, si nutre solo degli indizi che il caso genera. L’ unico racconto che si stacca da questa atmosfera è "La stanza chiusa", dove il protagonista ha il coraggio e la voglia di continuare a vivere in un mondo concreto, lontano dalla perversa perdita di controllo dei sentimenti, più vicino alla razionalità.
Arrivo alla fine del primo racconto consumata dall’ansia e non trovo pace nella soluzione del caso, provo solo un totale senso di smarrimento e rimango con gli occhi fissi sull’ultima frase della pagina bianca, senza comprenderne dapprima il significato. Sto ripensando a tutte quelle parole, al loro motivo di esistere, stampate sulla carta senza un apparente coerenza, perché non riesco ancora a scrollarmi di dosso l’annullamento che questa storia ha procurato in me. E nel secondo, un’altra volta perdo la concezione della realtà ma abbandono i pensieri di Blue per cercare di uscire dal vortice dell’assurdità e ritrovare il mio respiro, ormai sincronizzato sulle virgole del racconto. Loro, gli investigatori di "Trilogia di New York", si annullano, dimenticando la propria vita e scoprendone una nuova, troppo surreale per essere vissuta, per continuare ad esistere oltre l’ultima parola e il punto che la separa dal resto del libro. È questo il senso di annullamento che pervade il mio essere, poiché mi accorgo che non è la fine di una storia il cibo di cui io mi devo nutrire, ma quella infinita e continua ricerca che mi dà ancora la forza di respirare.
Claudia De Dominicis
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