di Lucio Garofalo
18/09/2008 - Per illustrare in modo chiaro ed efficace il mio punto di vista critico sull'azione “terapeutica” esercitata dal ministro Gelmini potrei ricorrere ad una metafora molto semplice ed eloquente: penso che la Gelmini stia operando come quel medico che per "rianimare" un paziente quasi agonizzante decide di sferrargli il colpo letale.
Oggi la scuola è un organismo quasi cadaverizzato, ma non sarà certo la Gelmini, e tanto meno il super-ministro Tremonti, a farla rinascere, specialmente con interventi di mera amputazione chirurgica. Al massimo potranno far risorgere, dalle ceneri del passato dove è rimasto sepolto per decenni, la figura (obsoleta) del "maestro unico".
Un anacronismo storico e metodologico-educativo che nell’odierna società continua a sopravvivere, malgrado l’abrogazione legislativa e il superamento da parte delle più aggiornate ed avanzate teorie nel campo psico-pedagogico e didattico.
Il “maestro unico” ha continuato ad esistere attraverso la televisione-spazzatura, nell’impero globale delle merci e dei consumi, nel pensiero unico dell’ideologia edonistica e consumistica trasmessa dalla pubblicità commerciale, nell’omologazione e nell’appiattimento culturale imposto alle giovani generazioni degli ultimi anni dal “Grande Fratello” televisivo, un potere economico-ideologico asceso stabilmente al governo della nazione. Un dominio totalitario che include ed oltrepassa il fenomeno del berlusconismo, avendolo assimilato ed inglobato nella propria sfera di influenza.
Il pensiero unico, oggi dominante, si è dunque diffuso in modo subdolo e capzioso, come un virus pernicioso ed insidioso, frutto di un crescente degrado culturale della società italiana (ed occidentale in genere), un degrado antropologico di cui il berlusconismo è solo uno degli effetti (il più evidente e clamoroso, forse) ma non la causa.
Le radici storiche di tale degrado affondano in un’epoca relativamente recente.
Le origini del degrado vanno ricercate più indietro nel tempo rispetto all’avvento di Berlusconi e dei suoi network televisivi privati. Vanno indagate in quella fase storica di transizione che sono stati gli anni ’60, gli anni del “boom” economico-consumistico, gli anni della scolarizzazione e dell’acculturazione (e dell’omologazione) di massa.
Anni intensi e convulsi, segnati da grandi mutamenti socio-culturali, economici e strutturali, anni in cui il “Potere occulto” del mercato e dei falsi bisogni indotti, di cui parlava Pier Paolo Pasolini nei suoi “Scritti corsari”, si imponeva in modo profondo e duraturo, quasi definitivo, affossando la millenaria cultura contadina, una cultura statica ed immobile, in cui era rimasto chiuso ed immerso gran parte del popolo italiano.
Oggi questo degrado è come un’affezione tumorale causata da una contaminazione originaria risalente a diversi anni addietro, ma che esplode improvvisamente, degenerando in una metastasi cancerosa irreversibile e conducendo irrimediabilmente allo stadio terminale. Lo stadio terminale dell’attuale società tardo-capitalista.
Lucio Garofalo
“I care” (dice Veltroni l’americano)
“I precare” (dice un lavoratore precario)