«Il rock’n’roll è troppo sexy»: intervista a Juliette Lewis
di Pierluigi Lucadei
Dopo un’adolescenza turbolenta, dopo una carriera di attrice costruita su splendide interpretazioni di ragazze terribili e pellicole che sono rimaste nell’immaginario collettivo (“Cape Fear”, “Kalifornia”, “Natural Born Killers”, “Strange Days”, “Dal tramonto all’alba”), dopo una love story con Brad Pitt e un matrimonio fallito col campione di snowboard Stephen Berra, dopo le odissee consuete delle giovani star tra dipendenze e cliniche di disintossicazione, nel 2005, a trentadue anni, Juliette Lewis ha pubblicato “You’re Speaking My Language”, ruvido debutto della sua rockband, Juliette And The Licks. Ora è arrivato il secondo album, “Four On The Floor”, che conferma le qualità mostrate dal precedente lavoro e si arricchisce della collaborazione alla batteria dell’ex Nirvana Dave Grohl. Ma è sul palcoscenico che Juliette, bellezza obliqua e grinta da vendere, trova la sua dimensione ideale, proponendo sempre show furiosi, selvaggi, provocanti, adrenalinici. L’incontro con lei è l’occasione per una chiacchierata a cavallo tra il cinema, arte mai rinnegata, e la musica, in questo momento veicolo privilegiato delle sue emozioni e della sua multiforme personalità.
Da dove viene la voglia di cantare? Da lontano. Quando ero piccola, tutti i miei sogni erano musicali. Quello musicale è sempre stato uno dei miei elementi creativi, insieme alla recitazione e all’espressione attraverso il corpo, ma da giovane ne ero intimorita e mi sentivo inibita, quindi non l’ho coltivato. Poi, a 30 anni, ho sentito la necessità di esprimere questo mio elemento, ho conosciuto Todd (Morse, chitarrista dei Licks, nda), abbiamo iniziato a suonare e così è nata la band. Il nuovo disco è in linea di continuità col debutto? “Four On The Floor” è un disco di crescita, siamo sempre noi ma l’abbiamo registrato con una maggiore fiducia nei nostri mezzi, anche grazie ad un grande produttore. In gran parte il disco è stato scritto mentre eravamo in tour, quindi mentre eravamo in continuo movimento a suonare le canzoni del primo album. Per questo penso che nel disco ci sia crescita e continuità. Cos’è per te il punk? E’ molto difficile da definire. Intanto lasciami dire che io penso ai Licks come ad un gruppo rock, anche se erroneamente viene definito punk. Lo prendo comunque come un complimento. L’idea di musica che ho io prevede che ci sia un forte sprigionamento di libertà, proprio come con il punk. Ritieni di proporre un modello di femminilità molto forte? Non lo so, forse sì. Anche se con la musica mi sento ancora agli inizi, mi piace ispirarmi a dei modelli di donne molto forti come Janis Joplin, Grace Slick, P.J. Harvey, Bjork. Sei o non sei una bad girl? (Ride, nda) Sono molto complessa, né buona né cattiva. Credo che ogni persona abbia dentro di sé diversi aspetti. Io sono ying, yang, giallo, rosa… Questa idea di bad girl credo derivi dal fatto che all’inizio della mia carriera mandavo un’immagine di me parecchio confusa. Ero molto giovane e affrontavo la vita con confusione. Ora affronto tutto con disciplina. E niente droghe. L’esperienza musicale, poi, è molto importante, perché mi consente di esprimermi come mai prima d’ora. Senti di avere qualcosa in comune con colleghe come Jennifer Lopez o Madonna, che si sono cimentate sia nel cinema sia nella musica? No, credo che l’unica cosa in comune sia il fatto di aver fatto sia film che dischi. Il nostro approccio musicale è completamente diverso, noi non siamo in una major, lavoriamo con pochi mezzi, ci serviamo soprattutto di internet per promuovere la nostra musica. Non possiamo avere la stessa risonanza che può avere una come Madonna, semplicemente perché non abbiamo gli stessi soldi. Secondo la tua esperienza, è peggio Hollywood o l’industria discografica? Per quello che ho sperimentato io, direi che lavorando con la musica si hanno molti vincoli in meno. Io sono libera di scrivere le canzoni che voglio, di suonarle in giro, di usare internet per pubblicizzarle. Fare un film è qualcosa di molto diverso. Io mi diverto a recitare, ma fortunatamente non ho velleità da regista: per realizzare un film si devono accettare troppe concessioni alle regole. Hai lavorato con grandi registi, da Martin Scorsese a Woody Allen a Oliver Stone: c’è qualcosa di loro nella tua musica? La continuità può essere nello spirito creativo, però il metodo della musica è un’altra cosa. Di questi registi ho un bel ricordo ma credo abbiano a che fare non più di tanto con la mia musica. Molti tuoi film hanno colonne sonore, diciamo così, ‘corpose’. Da musicista, qual è la colonna sonora che preferisci tra quelle dei tuoi film? Ricordo che Oliver Stone lavorava molto con la musica sul set. Era molto preso dalla composizione della colonna sonora ed è stato anche grazie a lui se ho conosciuto meglio la musica di Patti Smith o di Leonard Cohen. Quindi dico “Natural Born Killers”. Nel tuo futuro ci sarà ancora cinema? Il cinema è come un amante da cui ogni volta si ritorna. Ma ora ho voglia di lavorare solo con registi che apprezzo. Ormai ho una certa esperienza, credo di poter scegliere. Al momento c’è qualche progetto concreto? Nessuno. Con quali registi ti piacerebbe lavorare? Ti dirò, mi piacerebbe lavorare di nuovo con i registi con i quali ho già lavorato. Per esempio, ho girato “Cape Fear” con Scorsese che ero molto giovane e mi piacerebbe lavorare ancora con lui ora, con molta esperienza in più. Poi, magari, vorrei provare a lavorare con registi non americani. Mi piace molto Inarritu. Hai lavorato anche con Tarantino. Cosa ne pensi delle sue critiche al cinema italiano fatte al Festival di Cannes? Bisogna vedere quello che ha realmente detto. Spesso i giornali riportano le cose in maniera falsata, anche io mi sono ritrovata spesso ad essere criticata per dichiarazioni che non avevo fatto. Nel caso specifico, mi sembra strano che Tarantino abbia fatto queste critiche perché lui non è un criticone, è un tipo propositivo ed è anche molto cauto. E poi è uno che ama molto il cinema italiano. A proposito, le mie attrici preferite sono Anna Magnani e Giulietta Masina. E del rock italiano conosci qualcosa? Poco. Però ricordo che quando abbiamo suonato al concerto del Primo Maggio c’era un gruppo rock molto bravo… (ci pensa, nda) i Lacuna Coil! Cosa stai ascoltando in questo periodo? (Ci pensa una vita, nda) Vediamo… ascolto i demo fatti dai Licks… (altra pausa lunghissima, nda) ah, sì, ecco, il nuovo album dei Queens Of The Stone Age, è grandissimo, bellissimo, è rock moderno, rivoluzionario… poi mi piacciono Arcade Fire, Muse, Raconteurs. Si dice che sul palco ricordi Iggy Pop. Cosa ne pensi? Penso che non potrò mai ricevere un complimento più grande di questo. Soprattutto, sei molto provocante sul palco. Io mi sento come un’acrobata, una wrestler, non mi sento sexy. Indosso il vestito di scena come una seconda pelle. Il fatto è che suoniamo rock’n’roll, e il rock’n’roll, sì, è troppo sexy.
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