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“Da solo” (Atlantic, 2008) |
Vinicio Capossela “Da solo”
Etichetta: Atlantic / Warner Brani: Il gigante e il mago / In clandestinità / Parla piano / Una giornata perfetta / Il paradiso dei calzini / Orfani ora / Sante Nicola / Vetri appannati d’America / Dall’altra parte della sera / La faccia della Terra / Lettere di soldati / Non c’è disaccordo nel cielo
Dimentichiamo l’esuberanza scoppiettante e travolgente della prima parte di “Ovunque proteggi”, niente Brucia Troia e Al Colosseo. Dell’ultimo successo di Vinicio consideriamo invece la seconda parte, Dove siam rimasti a terra Nutless, Lanterne rosse e la title track: il suono del nuovo disco potrebbe partire da lì. Per lo più, nelle dodici canzoni di “Da solo”, i protagonisti sono voce e pianoforte. Nonostante i theremin e i mellotron, nonostante il maestoso Wurlitzer dell’iniziale Il gigante e il mago, l’album si erge sulle tenui trame di piano e si sostiene con le parole sussurrate e incasellate in versi di disarmante poesia. L’universo parallelo sul quale l’ascoltatore viene trasportato – universo tematico e musicale – non è caleidoscopico come al solito, è meno laido, Vinicio non sbava, anzi ricuce gli strappi, sutura i tagli, piange davanti alla sua finestra con vista luna. Ci sono molte lacrime nelle nuove canzoni e proprio le lacrime sono il trait d’union dell’intero lavoro, perché chi non conosce la via alla commozione difficilmente metterà “Da solo” tra i migliori dischi di Vinicio e tra i migliori dischi degli ultimi anni, mentre chi non teme di battere la via della commozione nell’opera creativa troverà almeno un pugno di episodi di vertigine assoluta.
“Da solo” è un album di canzoni splendide sin dai titoli (Il paradiso dei calzini, Dall’altra parte della sera, Non c’è disaccordo nel cielo), in cui l’amore fa da spauracchio ai demoni, ridicolizza il terrore, scaccia il nero e ovunque protegge. Canzoni per la notte e per l’inverno. Luminose come piccole candele per orientarsi al buio, calde come stufette a petrolio per placare i brividi. Al primo ascolto resta impressa la tenera metafora de Il paradiso dei calzini, perfetta per i film più fiabeschi di Tim Burton: come i calzini si divertono a spaiarsi e perdersi e non c’è possibilità di ritrovarli se non in un’ideale paradiso dei calzini, così «dov’è andato a finire il tuo amore/quando si è perso lontano dal mio/dov’è andato a finire nessuno lo sa/ma di certo si troverà là». Ripetendo gli ascolti sono però altri i pezzi che si fanno amare incondizionatamente. Il procedere «senza meta», cieco, sfinito, piegato dal dolore lancinante di Orfani ora («nuda sei tu/il mondo ora è nudo se non lo copre il tuo amore/siamo orfani ora/io te e la strada/se non ci divide il buio/ci tradirà sempre la luce») è uno dei due punti più alti di questo disco. La grandezza dell’amore sta nel saper illuminare e scaldare anche quando se ne va e ti lascia «senza ali e senza te». I desideri non più soddisfatti, le camere spoglie, i vuoti beanti regalano al cantautore sulla via per commuoversi l’ispirazione per un’altra perla, Parla piano, nella quale trovano posto la delusione e la necessità del vero: in ogni parte di sé e in ogni angolo della coppia il crollo delle emozioni tradite somiglia a una resa sotto la pioggia («sopra il volto tuo/pago il pegno di rinunciare a me/non sapendo dividere/dividermi con te»).
Sulla via della commozione si incontra l’altro apice del disco. Si tratta di Lettere di soldati, in cui Vinicio giganteggia con disarmante poesia per raccontare di «piccoli soldati, piccoli e armati» che quando «il cielo è soltanto una feritoia» sul campo di battaglia, tra l’angoscia e il coraggio, si aggrappano alla vita e all’amore. Per spezzare l’intensità dei pezzi fin qui citati, ci sono momenti più leggeri, il divertissement di Un giornata perfetta e gli sguardi increduli e ragazzini dei due brani americani, Vetri appannati d’America, lo stupore di fronte alle fanfare di un mondo tanto lontano quanto povero, e La faccia della Terra, ossia i “Racconti dell’Ohio” di Sherwood Anderson riletti con l’aiuto dei Calexico. Solo spiragli di una luce obliqua che illumina il viso di Vinicio a metà, come nella copertina. Ma per orientarsi al buio denudato dai settanta minuti di “Da solo” basterebbero le flebili fiammelle di Orfani ora, Parla piano e Lettere di soldati. Il rapimento che parte da lì avvicina ogni inverno pronto ad arrivare, lo fa ebbro, lo rende fratello.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
Articolo letto 1686 volte. |
il 03 Nov 2008 alle 19:52 |
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