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“La vista concessa” (Carosello, 2009)

Roberto Angelini “La vista concessa”

Etichetta: Carosello
Brani: Vulcano / Tramonto / Fino a qui tutto bene / Dove sorge il suono / Dicembre / F.F.F. / Quando crollano le stelle / Fiorirai / Beato chi non sa / Sulla sponda del fiume / Venere / Benicio Del Toro / Quando crollano le stelle (reprise) / Ora / Fish in the Sunset / La vista concessa
Produttore: Sergio Della Monica

L’ultimo figlio della scuola romana torna con un album autobiografico che racconta i suoi ultimi anni di musica e di vita. Un disco corposo, con quattordici brani più due frammenti strumentali per un’ora abbondante di musica. Un progetto ambizioso, il progetto di chi, con queste canzoni curate in ogni minimo dettaglio, vuole riprendersi la credibilità che senza alcun dubbio gli spetta, dopo la parentesi commerciale di “Gattomatto”. Angelini si era già fatto applaudire dalla critica e dal pubblico più esigente con la perfetta rilettura di Nick Drake nel disco a quattro mani con Rodrigo D’Erasmo, “Pong Moon”, del 2005. Stavolta l’applauso è più affettuoso per almeno tre motivi: tutto il materiale de “La vista concessa” è autografo; in ogni momento de “La vista concessa” Angelini non esita a rischiare e a mettersi in gioco; le canzoni de “La vista concessa” sono di una raffinatezza più che rara in ambito cantautorale.
Ricco di sfumature, tinteggiato da musicisti straordinari, tra i quali sicuramente il fido D’Erasmo ai violini e Sergio Della Monica dei Planet Funk (anche produttore artistico del disco) alle prese con qualsiasi tipo di suono, “La vista concessa” è un punto di ripartenza dove niente è lasciato al caso, nelle cui trame musicali si inseriscono versi carichi di confidenza.
Vulcano, Fino a qui tutto bene, Fiorirai sono brani toccanti e personali, in cui l’autore brucia i veli, si mette a nudo e rifiuta di assoggettarsi alla logica spietata dell’apparire propria dello show-business: in particolare Angelini pare soffrire la maschera che qualcun altro vuole dipingere sul suo viso («ma non hai capito niente/tu mi guardi in superficie» canta in Vulcano, «chi non mi capisce e non mi ha mai capito» in Fino a qui tutto bene, «penso alle maschere e alle apparenze/e ai loro limiti» in Fiorirai).
Tramonto è un brano dalla costruzione anticonvenzionale per gli standard pop-rock, suddivisa com’è in tre parti, una prima ipnotica e incentrata sullo sguardo posato delicatamente sulla natura, una seconda dominata dal violino in cui alla natura si sovrappone fino a confondersi la persona amata («se chiudo gli occhi sono lì con te/in braccio ai monti e all’orizzonte/ma non ho più fiato/lo sanno anche le nuvole e l’aria/quanto ti ho amato»), una coda rock che ha la valenza di un urlo nel vuoto. In F.F.F. (fragile fragilissima felicità) gli Afterhours incontrano i Pink Floyd e il risultato è una ballata ariosa e di gran classe, con il suono finale del moog a pietrificare sensualità e desiderio.
Sulla sponda del fiume è la storia d’amore, dal forte sapore cinematografico, tra due fuggiaschi in dirittura d’arrivo, con un pugno di versi che spezzano il respiro («quindi amore ascoltami bene/ti coprirò le spalle scordando il tuo nome/ma ora vai sulla sponda del fiume») e una chitarra slide che rende vivida la scena, polverosa e crepuscolare. E sapore cinematografico ne ha da vendere, sin dal titolo, Benicio Del Toro, brano dedicato all’attore portoricano di “Traffic” e “Sin City” con un arrangiamento rock dominato dalle chitarre elettriche. E’ l’ultimo botto prima della title-track che chiude il cerchio dell’album, con i suoni magici del theremin e con l’invito a non addormentarsi sopra i propri sogni, a non sacrificarli in nome di una vita che rinuncia alla sua forza dirompente.
“La vista concessa” è finora l’album italiano più sentito del 2009. E Fino a qui tutto bene – che vede ai cori Claudia Pandolfi, compagna di Angelini – una delle canzoni più ispirate dell’intera scuola romana.

 Pierluigi Lucadei

Recensioni

 Articolo letto 2972 volte. il 04 Apr 2009 alle 15:15
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