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Italia Gangbang, la spaghetti-opera di Foddis

Abbiamo incontrato Guido Foddis che ha da alcune settimane pubblicato il suo album d’esordio. "Italia GangBang", questo il titolo, è un’opera che si avvale delle importanti collaborazioni di Cisco (ex MCR) e della Gang e che punta su undici brani irriverenti e dissacranti, ironici ed impegnati.

"Italia GangBang", il tuo primo album in cui si trovano ballate acustiche, incursioni rock, punk e reggae. Una sorta di commistione di molteplici e differenti stili musicali. Se dovessi scegliere un aggettivo per definire il tuo lavoro quale useresti?
Direi una spaghetti-opera! Nel senso che il mio disco sta al rock come Trinità sta al western… E secondo me l’Italia oggi è veramente un paese spaghetti-western! E’ stata una scelta precisa la tracklist incoerente, l’uso di vari stilemi musicali, dal reggae all’elettropop al folk. Perché l’Italia è incoerente, ci sono tante Italie che si ignorano o si detestano l’un l’altra. Ogni radio, ogni giornale, ogni televisione sposa l’Italia che più gli corrisponde, oppure quella che gli conviene, e ignora o combatte ciò che non combacia.

Fondamentale è stato il contributo di Cisco, ex Modena City Ramblers, e dei fratelli Severini dei Gang. Che rapporto c’è tra di voi? E che tipo di influenza hanno avuto sulla tua produzione musicale?
Innanzitutto la mia carriera artistica deve tantissimo ai Modena City Ramblers. Fare un disco edito e distribuito oggi è un privilegio per pochi, io ci sono arrivato a 32 anni proprio grazie a questi musicisti emiliani. Mi hanno fatto aprire i loro concerti per un paio d’anni, cosicché le mie canzoni hanno cominciato a girare in fretta presso il loro vasto pubblico. Dopo tanti concerti assieme, tanti dischi autoprodotti venduti e tanti incitamenti a tenere duro è arrivata finalmente l’opportunità di registrare un disco ufficiale. Durante le sessioni in studio dunque mi è sembrato naturale chiamare i musicisti dei MCR a suonare con me quasi tutte le tracce del disco, e loro con la consueta amicizia e gentilezza hanno accettato. La canzone "Il nuovo Eldorado" poi mi sembrava perfetta per la voce di Cisco, che da poche settimane aveva lasciato il gruppo. Ecco com’è nata questa collaborazione, che tuttora prosegue… Per quanto riguarda i Gang il discorso è abbastanza simile: dopo un paio d’anni di aperture ai loro concerti e stima reciproca hanno accettato con entusiasmo di partecipare alla mia prima avventura discografica con un pezzo tagliato su misura per la voce di Marino Severini.

Nel tuo curriculum si trovano esibizioni in Jugoslavia e viaggi in Perù ed in Bosnia. Si può dire che questo tuo album è il frutto di anni di esperienza e di concerti all’estero tra le strade e il dolore di gente spesso dimenticata dall’opinione pubblica?
Più che il disco, sono io ad avere risentito molto di queste esperienze artistiche e di vita! E’ stato in seguito ad una mia grossa crisi personale che ho iniziato a viaggiare. Prima lavoravo come chitarrista tra televisioni e sale d’incisione e non mi ponevo tante domande. Poi d’un colpo m’è crollata addosso una depressione feroce… Ho dovuto radere tutto al suolo, ricominciare da zero, ripartire dal senso più intimo della vita. Così sono scappato nella Jugoslavia post-bellica a suonare del jazz, credendo di trovare una popolazione disperata da alleviare con la mia musica. La mia presunzione si è ben presto smontata, allorché mi sono accorto che il disperato ero io, mentre lì c’era gente che anche se aveva perso tutto ti accoglieva nella casa cadente con un sorriso offrendoti una Slivovitz! Il Sudamerica ha confermato poi questa mia osservazione… c’è una tristezza di base, una mancanza di passione e di motivazioni nei paesi cosiddetti "occidentali" che nelle popolazioni più svantaggiate non trovi. Hanno occhi che brillano, anche se solo per fregarti un po’ di soldi poco conta! Saper sorridere e reagire positivamente allo sfacelo, me l’hanno insegnato loro! Credo che dentro "Italia Gangbang" ci sia molto questo insegnamento.

"Italia Gangbang" come foto dei tempi che cambiano dove evidente risulta la presa di posizione e il distacco da certe direzioni imboccate oggi dalla società, dall’economia contemporanee. Pensi che la musica possa essere uno strumento di lotta o di protesta, oppure che essa si debba limitare a provocare emozioni senza tuttavia scendere nel politico o nell’ideologico?
Credo che questa sia una scelta soggettiva e ogni musicista abbia la sua risposta da dare. Io personalmente sono convinto che la musica sia un fine, non un tramite. Quindi non faccio canzoni per esprimere le mie convinzioni, casomai sono le mie convinzioni che finiscono nelle canzoni che scrivo. Non voglio né credo di fare politica quando salgo sul palco, la politica la faccio tutti i giorni quando butto via il pattume in quattro cassonetti differenti, quando vado in bicicletta a Bologna rischiando di essere investito da fuoristrada arroganti, quando mi rifiuto di pagare il canone RAI e quando vado al discount boicottando un certo tipo di marche. La politica per me è come ti comporti, come vivi, non è una dichiarazione di intenti. Detto questo, un cantautore avrà poi il diritto di parlare di ciò che gli interessa quando scrive, no? Ognuno lo fa a modo suo, chi col fioretto, chi con la poesia, chi per astratto. A me piace farlo in maniera molto diretta e a volte volgare.

In uno dei testi più riusciti si parla di quel potente strumento di controllo e spionaggio che è Echelon. Ma siamo davvero arrivati a quell’ apocalittico scenario profetizzato da Orwell in 1984?
Lo scenario che vedo non è uguale a quello previsto da Orwell. Però è altrettanto agghiacciante. La canzone su Echelon nasce da una boutade: come si fa a sconfiggere un controllo sofisticatissimo e informatizzato che filtra attraverso parole chiave le telefonate, le mail, le comunicazioni di tutto il mondo? Con lo sberleffo!!! Ho pensato che se avessi scritto una canzone contenente tutte le parole chiave considerate "interessanti" da Echelon ("bombe, valigie piene di tritolo, domani mattina all’ora X nel posto che sappiamo") questi sarebbe impazzito per selezionarle tutte. A maggior ragione se la canzone venisse trasmessa contemporaneamente in tutte le radio del mondo Echelon verrebbe bombardato da così tante segnalazioni che esploderebbe! E’ chiaramente una provocazione, aldilà della quale sono però convinto che per battere la tecnologia del controllo l’unica risorsa sia sempre la fantasia. Finchè c’è fantasia il mondo sarà degli uomini e non delle macchine. Certo che mi scandalizza molto sapere che Google e Microsoft, giusto per citarne un paio, in cambio di una grossa fetta di mercato abbiano messo a punto dei filtri internet in Cina per cui uno può scrivere tranquillamente "mercato organi" e comprarsi un rene mentre se digita "Amnesty International" il giorno dopo la polizia lo preleva e lo sbatte in prigione. I soldi e il potere non si ottengono più con le lotte armate ma con il controllo dell’informazione.

Parli di Fiat e di New Economy, di guerra e finanza creativa, in un’ottica fondamentalmente critica: quadro di una società allo sbaraglio e quanto mai contraddittoria?
Al contrario, la società non è contraddittoria, è coerente nel suo essere allo sbaraglio. Credo che il presidente di una casa farmaceutica o di una compagnia petrolifera abbia ormai più potere del presidente degli Stati Uniti. L’economia decide come si deve comportare la politica e muove le sue pedine. L’italia non fa eccezione, e quando qui l’economia non ha più potuto controllare la politica è entrata direttamente nel governo del paese. Lo sfacelo però nasce dal fatto che la classe dirigente della nostra economia non è assolutamente all’altezza della situazione. Siamo guidati da un manipolo di cialtroni presuntuosi, arroganti e, cosa più grave, incapaci! Hanno fatto i master, conoscono cinque parole tattiche di inglese ma non sanno fare una divisione senza la calcolatrice. Niente meglio di uno spettacolo di Beppe Grillo può raccontare l’abisso in cui siamo precipitati.

A quale testo si avvicina maggiormente la tua sensibilità? Quale senti più tuo?
Domanda molto difficile… Credo sia presto per darti una risposta. Tra i brani di "Italia Gangbang" non ho figli e figliastri e ognuno di questi mette in luce alcuni aspetti del mio carattere. La denuncia attraverso lo sberleffo e l’ironia è sicuramente una mia peculiarità naturale. Però anche le canzoni "Il nuovo Eldorado" e "Tra la polvere e il cielo", che mostrano il mio lato molto meno aperto e solare, le sento davvero mie. Fino a un anno fa credo non avrei avuto il coraggio di scriverle, in questo credo che la frequentazione con i Modena City Ramblers e i Gang mi abbia influenzato parecchio.

Se dovessi scegliere artisti o album che hanno costituito per te un punto di riferimento e di crescita per la tua formazione musicale, quali sceglieresti?
Quasi esclusivamente musica straniera, soprattutto tanti chitarristi visto che tuttora questo è il mio strumento preferito: Jimi Hendrix e Stevie Ray Vaughan, Gilmour e i dischi dei Pink Floyd, Mark Knopfler, John Scofield e il Pat Metheny acustico. Poi messi sul piedistallo i Beatles e tralasciando i gruppi rock più scontati amo alcuni dischi di Joe Jackson e di Sheryl Crow. Nel jazz ho ascoltato e studiato molto Coltrane e Monk. Non ho mai apprezzato i classici cantautori italiani salvo alcune eccezioni: Vasco, il primo Bennato (diciamo fino al 1983) e successivamente Silvestri e Bersani, secondo me sono tutti talenti pazzeschi nello scrivere, ognuno a modo suo, i testi delle canzoni.

Leggi la recensione del disco di Guido Foddis:
http://www.ilmascalzone.it/articolo.php?id=4117


 Simone Grasso

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