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13a RASSEGNA DEL DOCUMENTARIO Premio Libero Bizzarri

PIANETA UOMO, 13a RASSEGNA DEL DOCUMENTARIO PREMIO LIBERO BIZZARRI

“raccontare il vero senza mai rinunciare al bello” (Vittorio De Seta)
San Benedetto del Tronto  23 – 30 Settembre 2006

 

SABATO 23 settembre 2006

 

SI APRE LA RASSEGNA

 

Il 2006 si caratterizza per una serie di celebrazioni di alcuni fra i più importanti e significativi Maestri del cinema italiano.

Il Premio Bizzarri, non poteva non ricordare questi anniversari dedicando l’apertura dell’edizione 2006 agli avvenimenti celebrativi .“L’anno scorso avevamo individuato una linea che abbiamo affidato  alla memoria di Maestri che premiamo e di Maestri che per l’appunto ricordiamo - sottolinea Gualtiero De Santi direttore artistico del Bizzarri -  Al secondo anno della premiazione di maestri nazionali e internazionali, (l’anno scorso il premio è andato ad Antonioni e a Manoel de Oliveira), abbiamo deciso di premiare Carlo Lizzani, per quel che concerne un regista e un maestro importante della cinematografia italiana e che ha realizzato documentari di un grande spessore, e uno fra i più importanti  grandi registi brasiliano che appartiene alla scuola all’ondata del cinema nuovo  che ha avuto il grande exploit negli anni 60, caratterizzando i decenni successivi. Parliamo di Nelson Pereira Dos Santos ,un maestro che ci permette di sviluppare, visto il rapporto con il Portogallo, e un legame in questo caso con il Brasile, cioè con l’altro polo della cultura brasiliano/lusitana”. 

Il programma celebrativo per gli anniversari della nascita di  Luchino Visconti, Mario Soldati, Roberto Rossellini si sviluppa già fin dal primo giorno della rassegna, unitamente ad un altro evento celebrativo in collaborazione col Piccolo Teatro di Milano: il 50° della morte di Bertolt Brecht e del primo allestimento italiano dell’Opera da tre soldi”.

 

Come da programma visionabile sul sito www.fondazionebizzarri.org, la giornata di sabato 23 inizia con le scuole che hanno le opere in concorso e l’incontro degli studenti con Carlo Lizzani che apre così la giornata a lui dedicata  e che culminerà con la consegna del premio alla carriera.

Successivamente, nel pomeriggio verranno proiettati alla sala azzurra del cinema Calabresi opere dei registi di cui si celebra il centenario della nascita.

 Infine per Italia doc, in chiusura della serata , il primo documentario in concorso:

L’Isle di Chiara Malta (10’).

Durante un estate torrida un uomo prepara un film d'animazione erotico.. Più di una volta lancia sguardi complici all'obbiettivo che lo sta filmando. Una storia parallela a quella che sta raccontando inizia allora. Chissà, forse un'allucinazione?

 

u.s. mta

 

PREMIO ALLA CARRIERA PER IL DOCUMENTARIO
NELSON PEREIRA DOS SANTOS –

Negli anni ’50 il cinema brasiliano subì l’influenza del Neorealismo italiano e segnò la nascita artistica di quello che sarebbe diventato il più famoso regista. Reclutando attori dalla strada, Nelson Pereira dos Santos nel 1955 girò un lungometraggio a basso costo dal titolo Rio 40 Graus gettando tra l’altro le basi per la nascita del Cinema Novo, movimento di grande importanza internazionale.

Per la lucidità critica, per la coscienza professionale e per la coerenza artistica, Nelson Pereira dos Santos potrebbe, di fatto,  essere indicato come la versione nazionale di quei registi. Soprattutto perché, come loro, è stato precursore di un movimento cinematografico, circa vent’anni fa. La somiglianza, tuttavia, termina qui.

I suoi primi tentativi di captare il mood «carioca» presero corpo sotto l’influenza, evidente e confessata, di De Santis, Rossellini, Zavattini e De Sica. Nelson stesso è stato categorico al riguardo: «Senza il neorealismo non avremmo cominciato, e credo che nessun paese con l’economia cinematografica debole avrebbe potuto — senza questo precedente — realizzarsi nel cinema». Più tardi, attraverso tappe successive, Nelson Pereira dos Santos si liberò dei modelli europei, costruendo le strutture del suo stile e della sua visione del mondo.

 

Superando gli handicaps economici, le contingenze commerciali ed il sabotaggio dei produttori, egli ha costruito pazientemente un’opera con nitide caratteristiche personali, anche se molti dei films da lui realizzati non trasmettono in toto le sue preoccupazioni. L’ardua parabola che ha percorso fino ad ora, riflette, tuttavia, un lungo impegno nel senso di trasferire una posizione teorica (« Voglio mostrare, senza ritocchi, senza mistificazioni, al Brasile ed al mondo, che il nostro popolo esiste ») in una prassi cinematografica («Cercherò di fare films che riflettano e proteggano la tradizione culturale brasiliana»). Con «una creazione sofferta, a volte inabile, ma spoglia di pretese, nella ricerca della verità» Nelson Pereira dos Santos ha intrapreso un’«opera in progresso», sempre alla ricerca di forme nuove per vedere e filmare, più vigorosamente, la nostra realtà. Soprattutto, esattamente, per filmare la nostra realtà, meta questa che costituisce il vertice della sua filmografia, composta oggi da quasi 10 lungometraggi, da innumerevoli documentari e da vari contributi nell’area del cortometraggio, del montaggio e della produzione.

 

Geografia dell’azione

La carriera di Nelson Pereira dos Santos si divide in quattro fasi distinte, ciascuna composta da due films, dei quali il primo sempre più importante.

 

Lavorando come pioniere nell’area inesplorata del cinema realista, Nelson Pereira dos Santos ha realizzato, in regime cooperativo ed in precarie condizioni materiali, Rio, 40 Graus. In questa esperienza, che costituisce oggi un’apertura estremamente importante per il futuro di Cinema Nôvo, egli applicò per la prima volta la lezione insegnata da Glauber Rocha negli anni ‘60: è possibile fare films  fuori dei teatri di posa, soltanto con « una macchina da presa in mano ed una idea in testa ». La macchina da presa fu prestata dall’antico INCE (Istituto Nazionale del Cinema Educativo) e l’idea proveniva direttamente dai congressi sul cinema brasiliano, realizzati nel l952-’53, nei quali si affermava l’uso del cinema come strumento culturale.

 

 

Vidas Secas (1963)  è in tutto fedele a Vidas Secas, libro di Graciliano Ramos.

Dopo avere studiato i drammi urbani, Nelson Pereira dos Santos passa ad interessarsi dei problemi dell’uomo « nordestino », in una cornice scenografica tragica come la « favela »: la «caatinga ». Secondo un critico, Vidas Secas  significa «un passo fondamentale nella rappresentazione sullo schermo dell’uomo brasiliano, un vero e proprio trattato sulla situazione sociale e morale dell’uomo in Brasile». Adattando «scientificamente» per lo schermo il romanzo di Graciliano Ramos, Nelson mostra con grande potere di sintesi, facendo uso di una narrativa senza digressioni prolisse e senza equilibrismi formali, la vita subumana nel contesto biografico conosciuto come il «poligono della siccità» Vidas Sêcas fa uso di pochissimi mezzi tecnici per esprimere la realtà corale e cruenta del Nordeste: l’illuminazione non ha bisogno dei «riflessi», usando la luce bruciante del sole «nordestino»; la musica amalgama il lamentoso cigolare del carro da buoi con canzoni tipiche; gli interpreti fanno economia di parole e di gesti. Tuttavia, il film ha l’autenticità di un flash fotografico, con il supporto della visione sdrammatizzata e realista di Nelson Pereira dos Santos, che ha trovato nella prosa secca e fenomenologica di Graciliano un veicolo funzionale per il suo cinema umanista e critico

(da «Filme & Cultura», n. 16, Rio de Janeiro, Settembre/Ottobre 1970)

 

PREMIO ALLA CARRIERA PER IL DOCUMENTARIO

A  84 anni si definisce un “corridore di fondo. Carlo Lizzani è nato a Roma il 3 aprile del 1922. Il prolifico regista di decine e decine di film da Achtung banditi!, il suo esordio del 1951, a Banditi a Milano del 1968, da Il gobbo a Il processo di Verona, in grande parte ispirati a fatti di cronaca o storici, vestì prima ancora il ruolo di sceneggiatore o di aiutoregista stando vicino a tanti grandi del nostro cinema da De Santis a Rossellini, testimone accanto a loro di fondamentali esperienze come l'avventurosa lavorazione di Germania anno zero.
L'artista, quindi, ma anche l'intellettuale e lo studioso che con il primo è sempre convissuto: dalle giovanili esperienze critiche nella redazione della gloriosa rivista Cinema alla pubblicazione della sua Storia del cinema italiano, dall'impegno in prima fila nell'associazionismo di categoria alla direzione della Mostra di Venezia tra fine anni Settanta e primi Ottanta. Fino, in anni più vicini, al sistematico lavoro di recupero della memoria del cinema italiano, ancora storico non attraverso la parola scritta ma le immagini delle sue video-monografie dedicate al Neorealismo, a Visconti, a Rossellini: con l'intenzione di aggiungere molti altri titoli alla collana. Ancora attivissimo, Lizzani è stato presente in questi ultimi mesi sulla scena con il suo sceneggiato televisivo dedicato alla controversa figura di Maria Josè, l'ultima regina d'Italia, ma anche con il passaggio di testimone alla presidenza dell'Anac, la storica associazione degli autori cinematografici, avvenuta - in favore di Ugo Gregoretti - proprio nel momento di più intensa polemica con la politica del nuovo governo Berlusconi.

A 84 anni si definisce un “corridore di fondo.Carlo Lizzani dice di sé: “La mia vita non è stata al servizio del cinema, ma piuttosto mi sono servito del cinema e della televisione per conoscere il mondo. A cominciare dal mio paese indagato attraverso il Neorealismo”.

 

MARIO SOLDATI – CENTENARIO DELLA NASCITA

Scrittore, regista, sceneggiatore, autore televisivo, Mario Soldati è il grande descrittore dell’Italia del ‘900. Il primo ‘media man’, che ha lasciato opere memorabili nella letteratura, nel cinema e nella televisione.

Il suo versatile ingegno si espresse in tutte le forme della narrazione: dal diario di viaggio al romanzo – con classici come America Primo Amore e Lettere da Capri – fino al teatro; dal racconto al documentario; dal reportage sulla civiltà rurale e gastronomica - Vino al vino, del 1968, precorre davvero i tempi - alla critica d’arte; dalla comunicazione - fu perfino testimonial pubblicitario - fino al cinema, con il capolavoro Piccolo Mondo Antico, del 1941. Della televisione, in particolare, fu un pioniere assoluto, esplorandone ogni potenzialità e indagandone l’impatto sociale. I suoi celebri programmi Viaggio nella Valle del Po, alla ricerca dei cibi genuini (1957) e Chi legge? Viaggio lungo il Tirreno (1960, in collaborazione con Cesare Zavattini) costituiscono ancora oggi un modello d’indagine sul campo. E I Racconti del Maresciallo, del 1967, anticiparono, nella fortunata versione televisiva, le serie in auge negli ultimi anni.  I figli di Mario Soldati, Volfango e Giovanni Soldati, insieme con le rispettive consorti Anna Cardini e Stefania Sandrelli, hanno deciso di onorare la memoria del padre Mario con un ampio progetto celebrativo che, nel corso del 2006 e del 2007, prevede una serie di iniziative di alto spessore culturale, in cui è inserito anche l’omaggio del Premio Bizzarri.

 

ROBERTO ROSSLLINI  Nasce a Roma, l'8 Maggio del 1906.
Dopo la licenza liceale si dedicò a diverse attività, sempre in ambito cinematografico, come: scenotecnico, montatore e poi sceneggiatore e regista di documentari. Diresse dal 1936 al 1940 alcuni documentari per l'Istituto nazionale Luce.
Del 1941 è il suo primo lungometraggio. La nave bianca, girato con attori non professionisti. In quegli anni realizzò un paio di film con scarso successo di pubblico: Un pilota ritorna (1942) e L'uomo della croce (1943). Nel 1944-45 l'uscita di: Roma città aperta segna l'inizio del Neorealismo.
Inizialmente il film fu accolto freddamente dal pubblico e dalla critica, ma ben presto divenne, anche per il pubblico e per i registi internazionali, una nuova via dell'arte cinematografica, grazie al nuovo stile con cui vengono trattati temi di contenuto umano, che riesce a trasformare le immagini spoglie della realtà, in elementi di tragedia. Sempre con lo stesso stile esce nelle sale cinematografiche il film: Paisà (1947), che rappresenta il suo capolavoro, ed esprime le condizioni dell'Italia martoriata dall'avanzare della guerra. Del 1948 è Germania, anno zero che narra la crisi dei valori umani nella Germania del dopoguerra.
La rivoluzione imposta dal nuovo stile di Rossellini si esprime, oltre che nei contenuti, anche nel modo di muoversi all'interno delle strutture cinematografiche, riuscendo, così, a conquistarsi la liberà di potersi esprimere senza condizionamenti. Dal 1948 al 1954 Rossellini attraversa una fase diversa, nella creazione delle sue opere, e decisamente meno brillante della prima. Di questi anni ricordiamo: Amore, La macchina ammazzacattivi, Stromboli, terra di Dio, Europo '51 e Dov'è la libertà.
Con: Viaggio in Italia e La paura (entrambi del 1954) trova la sua maturità artistica, a questi film si riferiranno diversi registi francesi.
Durante un lungo viaggio in India nel 1957, Rossellini si sposa con Sonali Das Gupta e raccoglie molto materiale con il quale realizzerà un film nel 1960: India e diverse trasmissioni televisive.
Nei primi anni '60 torna a narrare temi legati alla resistenza, con: Il generale Della Rovere (1959), Era notte a Roma (1960) e Viva l'Italia (1961).
Dal 1965 si dedica ad opere televisive, molto interessanti, quali: Storia del ferro (1965), La presa del potere di Luigi XIV (1967) e Gli atti degli apostoli (1969).
Se prima si era dedicato alla cronaca, ora si dedica alla storia. Anche con queste opere televisive Rossellini segna una rivoluzione, andando oltre i canoni informativi e televisivi dell'epoca. Rossellini è stato un regista complesso e a volte contraddittorio, autore di alcuni dei film più importanti del cinema contemporaneo. E' sicuramente la figura maggiore del Cinema italiano postbellico, soprattutto per la lezione di stile che ha impartito a generazioni di registi.
Muore il 3 Giugno del 1977.
Rispetto alla sua espressione artistica, ci lascia questa testimonianza: Gli ingredienti sono sempre quelli: il mondo e gli uomini. C'è un mondo che appartiene alla fantasia e uno che appartiene alla realtà: quello del documento, del neorealismo; e mi riferisco in questo caso proprio alla realtà più piatta, più polverosa, più umile. Perché per me la ricerca dell'umiltà è la cosa più importante; specie se ci si vuole dare un'etica, se si vuol raggiungere una certa morale (da Italia Donna).

 

LUCHINO VISCONTI nasce a Milano nel 1906 da un'antica famiglia aristocratica. Da bambino frequenta il palco di famiglia della Scala, dove si forma la sua grande passione per il melodramma e per la teatralità in generale (anche forte dei suoi studi di violoncello), uno stimolo che lo porterà a viaggiare parecchio non appena sarà in condizione di farlo. La famiglia ha sul giovane Luchino un influsso fondamentale, come il padre organizza recite teatrali con amici, s'improvvisa arredatore di spettacoli. La sua adolescenza è irrequieta, scappa più volte da casa e dal collegio. È un cattivo studente ma un accanito lettore. La madre cura personalmente la sua formazione musicale (non dimentichiamo che Visconti è stato anche un fondamentale regista teatrale),
e Luchino nutrirà per lei un legame particolarmente profondo. Dopo aver accarezzato l'idea di dedicarsi allo scrivere, progetta e costruisce a San Siro, nei pressi di Milano, una scuderia modello e si dedica con successo all'allevamento di cavalli da corsa.

Appena adulto, comunque, si stabilirà per lungo tempo a Parigi. Durante i suoi soggiorni nella città francese ha la fortuna di conoscere eminenti personalità della cultura. A contatto inoltre con gli ambienti francesi vicini al Fronte Popolare e al Partito comunista il giovane aristocratico compie delle scelte ideologiche vicine a quei movimenti, che una volta tornato in Italia si esprimeranno subito nel suo avvicinamento ai circoli antifascisti, dove conoscerà intellettuali antifascisti del calibro di Alicata, Barbaro e Ingrao. Nel 1943 dirige il suo primo film, "Ossessione", una torbida storia di due amanti assassini, assai lontana dai toni edulcorati e retorici del Cinema del periodo fascista. A proposito di "Ossessione" si comincia a parlare di neorealismo e Visconti sarà considerato (non senza riserve e discussioni) come un anticipatore di questo movimento.
Ad esempio, suo è il celebre "La terra trema" del 1948 (presentato senza successo a Venezia), forse il più radicale tentativo del Cinema italiano di fondare una poetica del neorealismo.
Finita la guerra, inizia, parallelamente al cinema, un'intensa attività teatrale, rinnovando completamente la scelta dei repertori e i criteri di regìa, con una predilezione per testi e autori estranei ai teatri italiani fino a quel momento.
Nella parentesi della realizzazione de "La terra trema", Visconti realizza ancora moltissimo teatro, E' invece di due anni dopo "Bellissima", primo film girato con Anna Magnani (il secondo sarà "Siamo donne, due anni più tardi").

Successo e scandalo accoglierà il film "Senso", omaggio a Verdi, ma anche revisione critica del Risorgimento italiano, per il quale verrà attaccato anche dagli abituali estimatori. Dopo l'allestimento di "Come le foglie" di Giacosa, il 7 dicembre 1954, ha luogo la prima de "La Vestale", grande e indimenticata edizione scaligera con Maria Callas. Inizia così la irreversibile rivoluzione portata da Visconti nella regìa del melodramma. Il sodalizio con la cantante regalerà al teatro lirico mondiale le geniali edizioni de "La Sonnambula" e de "La Traviata" (1955), di "Anna Bolena" o "Ifigenia in Tauride" (1957), sempre in collaborazione con i più grandi direttori dell'epoca, fra cui non si può non menzionare il superbo Carlo Maria Giulini.
La fine degli anni '50 e i primi anni '60 vengono brillantemente spesi da Visconti fra il teatro di prosa e quello lirico e il cinema: basti citare l'allestimento di "Salomè" di Strauss e dell'"Arialda" e i due grandi film, "Rocco e i suoi fratelli" e "Il Gattopardo". Nel 1956 mette in scena "Mario e il Mago", azione coreografica dal racconto di Mann e, l'anno dopo, il balletto "Maratona di danza". Nel 1965, "Vaghe stelle dell'Orsa..." vince il Leone d'oro al Festival di Venezia e grande è l'ovazione che accoglie al teatro Valle di Roma l'allestimento de "Il giardino dei ciliegi" di Checov. Per il melodramma, dopo i successi del 1964 con la realizzazione de "Il Trovatore" e de "Le nozze di Figaro", allestisce nello stesso anno "Don Carlo", al teatro dell'Opera di Roma.
Dopo la contrastata trasposizione cinematografica de "Lo straniero" di Camus e vari successi in teatro, Visconti porta a compimento il progetto di una trilogia germanica con "La caduta degli dei" (1969), "Morte a Venezia" (1971) e "Ludwig" (1973).

Durante la lavorazione di "Ludwig", il regista viene colto da ictus. Rimane paralizzato alla gamba e al braccio sinistro, anche se ciò non è sufficiente per ostacolare la sua attività artistica che persegue imperterrito con grande forza di volontà. Realizzerà ancora per il cinema, "Gruppo di famiglia in un interno" e infine "L'innocente", che saranno i suoi due ultimi film.

Muore il 17 marzo del 1976, senza aver potuto lasciarci il progetto, accarezzato da sempre, di un film su "La ricerca del tempo perduto" di Marcel Prust..

 

Anniversario Brecht/Strehler

(50° della morte di Brecht e del primo allestimento strehleriano dell’Opera da tre Soldi

Il successo dell’Opera da tre soldi può essere considerato, obbiettivamente, come il momento di definitiva adozione in Italia del repertorio brechtiano che Strehler mette in scena soltanto nel ‘56, nove anni dopo la fondazione del Piccolo. Alla domanda di Ugo Ronfani, che cosa è stato per il regista l’incontro con Brecht,  Strehler risponde:

 

“Non un accecamento, non un obnubilamento. La nostra brechtomania è stata un’invenzione degli avversari nel clima particolare della guerra fredda. Ci siamo accostati al teatro di Brecht con i lumi della ragione. Al termine di un mio, di un nostro processo di formazione che ci portava inevitabilmente a scoprire la straordinaria importanza, in quel contesto culturale, sociale e politico, della sua drammaturgia. Che cosa mi ha insegnato Bertolt Brecht? Mi ha insegnato, semplicemente, a fare meglio di quanto non l’avessi fatto prima un “teatro umano”. Un teatro che, divertendo, aiutasse gli uomini ad essere migliori. Mi ha insegnato la dignità di lavorare nella società e per la società, dentro la storia e i problemi del mio tempo. Tutto questo, tu dirai, me lo avevano già insegnato Copeau e Jouvet. È vero, ma in una dimensione che era ancora quella, circoscritta, del mondo del teatro. Mentre con Brecht la dimensione era quella del “teatro del mondo”.”

(da Io, Strehler, Conversazioni con Ugo Ronfani”, Milano, Casa Editrice Rusconi, 1986)

 

Il poeta e drammaturgo Bertolt Brecht  Augusta 1898 – 1956.  Era figlio dell'amministratore delegato di un'impresa industriale. Durante la prima guerra mondiale cominciò a scrivere occupandosi suprattutto di teatro. Nel 1920 si trasferì a Monaco e nel 1924 andò a Berlino, dove cominciò a lavorare per il teatro. Si avvicinò al marxismo attraverso Walter Benjamin e Karl Korsch e strinse stretti rapporti con il Partito comunista tedesco. Lasciò la Germania dopo l'incendio del Reichstag. Sfuggì ai nazisti quando questi invasero la Danimarca riparando in Finlandia. Ma dovette abbandonare anche la Fillandia e fuggì verso Mosca e di qui raggiunse gli Stati Uniti. Dopo la guerra fu inquisito dal Comitato per le attività antiamericane; lasciò gli Stati Uniti e si trasferì A Berlino Est dove fondò la celebre compagnia Berliner Ensamble (1949). Morì a Berlino nel 1956. Gli esordi letterari di Brecht sono segnate dal dramma Baal (1918) e dalla raccolta di liriche Libro di devozioni domestiche (1927). Nel 1928 Brecht pubblica L'opera da tre soldi, rifacimento dell'Opera del mendicante dell'inglese J. Gay. Con Ascesa e caduta di Mahagonny (1928-29) la produzione letteraria di Brecht si lega più strettamente al marxismo. Verso la fine degli anni '30 Brecht inaugura ilsuo «teatro epico»; nascono le sue maggiori opere teatrali: Madre Courage e i suoi figli (1939); la Vita di Galilei (tre versioni, tra il 1938 e il 1955); L'anima buona di Sezuan (1938-40); Il signor Puntila e il suo servo Matti (1940-41); Il cerchio di gesso del Caucaso (1944).


  

Cultura e Spettacoli

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