MOGWAI @ Flog, Firenze 18 aprile 2006
Sempre pensato che se dei filosofi si mettessero a suonare rock farebbero una musica molto simile a quella dei Mogwai. Gli scozzesi hanno sempre avuto un approccio concettuale al rock, in cui la natura vivida dell’emozione è incredibilmente pari alla forza dell’immaginario evocato. Cosa non da poco questa, considerato che il 90% del repertorio dei Mogwai è strumentale. Ma, quando si è così a proprio agio con la poesia dei crepuscoli e dei groppi in gola, le parole non servono, sono poco più di un orpello che toglierebbe fascino a composizioni che sublimano come pochissime altre l’arte del guitar-rock dell’ultimo decennio. Perché non ci sono dubbi in proposito: i Mogwai fanno parte della storia del rock, si parlerà di loro ancora per molto tempo, tutte le volte che si vorrà trovare la fonte di ispirazione di tante band che al rock degli scozzesi devono qualche soluzione di troppo. Benché anch’essa figlia di influenze innegabili, per la musica dei Mogwai useremmo, se non scatenasse nei più reazioni idiosincrasiche, l’aggettivo seminale. Una musica che nel corso di questi anni si è imposta come un classico, cosa che mi è stata confermata ieri, quando camminando per via S.Gallo ho sentito venire una melodia conosciuta e bellissima da una finestra aperta: qualcuno stava suonando al piano Friend Of The Night, io mi sono fermato ad ascoltare rapito, faceva sera e la classicità di quel suono si è impossessata della luce e l’ha fatta scomparire. Il buio si è appoggiato su Firenze come una sfoglia di inanimata resa, come se al piano avessero suonato Chopin.
Il concerto dei Mogwai è un rito di ipnosi collettiva in cui è possibile chiudere gli occhi e andarsene a chilometri di distanza, dove si distendono i nostri deserti interiori e trovano pace sconfitte e vittorie, malattie e guarigioni. Firenze è la prima delle quattro tappe italiane in programma per presentare le canzoni del nuovo “Mr.Beast” e all’Auditorium Flog c’è il pubblico delle grandi occasioni. Stuart Braithwaite e soci entrano vestiti con i colori del Celtic di Glasgow, la squadra per la quale fanno il tifo. Apre la sommessa Hunted By A Freak, subito dopo arriva Satan che comincia a farsi gioco delle dinamiche del cuore, imponendogli quieti fittizie e accelerazioni di sconcertante violenza. Le chitarre urlano una bellezza disperata e costringono alle lacrime. Riportano alla mente il tempo in cui il succedersi degli attimi era scandito da pulsazioni incontrollabili. Riportano alla mente l’assunto nietzschiano secondo cui non c’è distinzione tra lacrime e musica. I brani di “Mr.Beast” proposti, cinque in tutto, mostrano un’eccezionale tenuta live; piacciono tanto la calma siderale di Acid Food quanto il pozzo noise in cui si nasconde il rettile di Glasgow Mega-Snake. Tra i pezzi più datati danno i brividi Summer, ossia la malinconia incasellata dentro un riff perfetto, e la sempre splendida 2 Rights Make 1 Wrong, col suo arpeggio ripetuto fino all’estasi. Il sipario cala con We’re No Here, il brano che chiude “Mr.Beast”, forse lo scampolo più vicino al rock in senso stretto ascoltato stasera. Sei minuti di durezza rivoltata ai compromessi come un martello che batte le tempie, prima dell’oceano di feedback e del riaccendersi delle luci, che trovano tutti col fiato mozzato.
Setlist: Hunted By A Freak / Mogwai Fear Satan / Friend Of The Night / Summer / New Paths To Helicon, Part 2 / Acid Food / Folk Death 95 / New Paths To Helicon, Part 1 / Cody / Yes! i Am A Long Way From Home / Glasgow Mega-Snake /2 Rights Make 1 Wrong // I Know You Are But What Am I? / We’re No Here
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