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L’uragano Nargis o la giunta militare? Qual è la disgrazia più grande?

di Gloria Lattanzi

In Birmania l’uragano ha messo in ginocchio la popolazione. Un valido alleato nell’aggravare la situazione l’ha trovato nella giunta militare alla guida del paese.

13/05/2008 - L’uragano Nargis ha messo in ginocchio gran parte del popolo birmano provocando un ancora non ben preciso numero di morti e dispersi. Ora l’ OMS lancia l’allarme anche per una possibile epidemia di dengue e di malaria. E l’ufficio meteorologico thailandese per questa settimana annunciava di nuovo piogge battenti su tutto il paese.
Ma le disgrazie di questa nazione non si limitano soltanto a devastazioni ambientali. Alla guida della Birmania, nonostante siamo nel 2008, c’è ancora una giunta militare. Una giunta militare che di fronte a una tragedia di proporzioni enormi, sta impedendo in tutti i modi che il resto del mondo le possa inviare aiuti. Un ostracismo criminale sta caratterizzando la linea assunta dai vertici al potere nell’affrontare l’emergenza. L’ Onu è riuscita a inviare i primi soccorsi solo dopo una trattativa durata sei giorni. Il regime birmano di questi tempi, non è concentrato sul popolo stremato, ma sul risultato del referendum sulla Carta Costituzionale che si è tanto affannato a promuovere in uno scenario apocalittico tra morte e distruzione.
 Secondo i responsabili delle Nazioni unite, la situazione è gravissima. Sono stati soccorsi solo mezzo milioni di sfollati, grazie anche al lavoro delle organizzazioni non governative, che riescono a dare il loro contributo pur dovendo rispettare rigidi vincoli e restrizioni.  Molte zone sono ancora isolate e non raggiungibili; il fango regna sovrano ovunque. La popolazione, stanca e affamata, è stata sollecitata ad andare alle urne in nome dello spirito patriottico. Mi risulta difficile immaginare che spirito patriottico per il regime birmano abbia la stessa accezione terminologica che ha per me. Di patriottismo in un paese, in cui dal 1948 i militari sono al potere, ce n’è ben poco, se non per niente.
Nemmeno le pressioni del NLD (Lega Nazionale per la Democrazia), il partito di Aung San Suu Kyi, per un rinvio del referendum sono state sufficienti. Soltanto in 47 distretti, la chiamata alle urne è stata posticipata al 24 maggio poichè in tali zone il bilancio del disastro è stato più ingente.
L’assurdità e la paradossalità di come nel terzo millenio debbano esistere ancora certe forme di governo, che adottano politiche criminali, antiumanitarie, anteponendo interessi di natura ecomica alla vita di centinaia di migliaia di persone, le accosterei molto volentieri allo sdegno che ho provato per la strage di monaci tibetani perpetrata dalla Cina. Sdegno accompagnato dall’incredulità nel vedere le restanti, cosiddette, potenze mondiali osservare tali violenze limitandosi a qualche appello di circostanza al Governo cinese affinchè fermasse la repressione. Più che altro, il problema più impellente m’è sembrato soltanto quello che hanno dovuto affrontare i capi di Stato, che poverini, annegavano nel dubbio: ma sarà il caso di presenziare la cerimonia inaugurale dei giochi l’otto Agosto? Che dilemma shakespeariano.
 Ma viene in mente solo a me che oltre al doverosissimo boicottaggio dei giochi, bisognerebbe boicottare la Cina sotto profili molto più importanti e richiamarla a livello internazionale per la condotta contro i diritti fondamentali dell’uomo, che detiene?

La Cina e il Myanmar (Birmania) sono solo due delle tante nazioni in cui non solo non è garantita un’esistenza dignitosa, ma la popolazione è solo uno strumento nelle mani di chi è al potere.
L’attenzione è rivolta verso questi due stati perchè nell’ultimo periodo sono attraversati da una spirale di distruzione, catastrofi, violenza, e morte.
Il resto del mondo invece, come al solito, da menefreghismo e totale indifferenza.


 Gloria Lattanzi

Editoriali

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