“Stay alive” di William Brent Bell
“Stay alive” rappresenta sicuramente una delusione per gli appassionati del genere: pur avendo tutte le carte in regola per restare nell’immaginario collettivo fra i migliori horror degli ultimi anni, questo film sembra non riuscire a compiere il decisivo salto di qualità rimanendo in una sorta di limbo cinematografico, non valorizzando al meglio nessuna delle ottime intuizioni narrative e stilistiche che comunque possiede. Eppure “Stay alive” parte davvero bene facendo leva su un’idea decisamente originale: Hutch (John Foster), ragazzo dal passato turbolento e segnato da terribili perdite come peraltro nel più ovvio dei cliches horror, coinvolge alcuni amici amanti dei videogames a giocare ad un horror-game sconosciuto ed innovativo di cui è entrato in possesso dopo la morte del suo migliore amico, un gioco molto violento chiamato appunto “Stay alive” dove lo scopo è semplicemente sopravvivere. Quando il capo della società di produzione di videogames presso cui lavora Hutch, connesso al gioco dal suo ufficio muore in circostanze misteriose ucciso esattamente nella stessa maniera in cui era morto nella finzione del videogame, i ragazzi cominciano ad indagare e scoprono così che la trama del gioco è basata su una storia realmente accaduta, o perlomeno su una leggenda riguardante una nobildonna del ‘600 conosciuta come “la contessa sanguinaria”, resasi colpevole dei più efferati delitti nel vano tentativo di preservare la sua bellezza rendendola immortale e rinchiusa per questo in una torre senza via d’uscita. Nonostante possa contare su un cast di giovani leve, vere attrattive per i teenager e perlopiù provenienti dai serial statunitensi (oltre al già citato Foster, Sophia Bush – October, Frankie Muniz – Swink, Samaire Armstrong – Abigail), su una trama davvero innovativa incentrata sull’enigmatico confine fra la finzione cinematografica e la realtà, “Stay alive” purtroppo non riesce a decollare, risultando un film completato in maniera del tutto affrettata, come se tutto fosse stato ultimato mentre era ancora in lavorazione e non andando a lavorare su una sceneggiatura che invece avrebbe necessitato di una decisa revisione. Per quanto risulti sicuramente più riuscito del recente “Silent hill”, passato giustamente inosservato, “Stay alive” resta un film incompiuto, alle volte banale e forzato nei collegamenti, apparendo perlopiù come un horror per playstation (così come il suo regista sarebbe forse più adatto alle regie dei videoclip musicali), che promette e parte sicuramente bene ma che si perde decisamente per strada a causa di una trama che non decide di affrontare pienamente nessuno dei temi proposti nel proprio incipit. Tutto sembra procedere inesorabile verso la più banale delle conclusioni: morte dopo morte (nessuna peraltro brilla per efficacia realistica), si arriva presto allo scontro finale, ovviamente fra la cattiva contessa ed il giovane traumatizzato da piccolo capace di sconfiggere in un solo momento i fantasmi del passato e i demoni del suo tetro presente, in un climax registico dove non manca solo il pathos ma anche l’azione, l’eros, l’atmosfera, il terrore, lo splatter, a “favore” di un prodotto finale deludente e decisamente sotto le aspettative.
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