Mentre tengono gli spettacoli dal vivo e si conferma la crescita del digitale, la discografia tradizionale segna un -18%. Lo rivela il Rapporto 2007 sull’economia della musica del Centro Ask Bocconi
2007-09-24 - Il mercato della musica italiana è in leggera flessione: nel 2006 si è assestato infatti sui 2,95 miliardi di euro, rispetto ai 3,1 del 2005 (-4,6%). Ma se i dati aggregati sottolineano il calo, all’interno dei vari settori la situazione è piuttosto differenziata. Il comparto della discografia tradizionale continua a perdere terreno (-18,1% rispetto al 2005), pur mantenendo un valore assoluto ragguardevole di 607 milioni di euro, mentre il digital delivery (la musica digitale distribuita sui nuovi media) cresce dell’1,5% arrivando a quota 108,95 milioni. Risultati positivi anche dal settore strumenti musicali, che guadagna un 4,4% e sfonda il muro dei 350 milioni di euro.
E’ quanto emerge dal Rapporto 2007 Economia della musica in Italia del Centro Ask (Art, science & knowledge) dell’Università Bocconi, realizzato con la collaborazione di Dismamusica (Associazione distribuzione industria strumenti musicali e artigianato), Fem (Federazioni editori musicali) e Scf (Società consortile fonografici).
Lo studio traccia una panoramica del mercato musicale italiano, analizzando le performance dei vari attori e i flussi economici da essi generati e prendendo in esame, oltre alla discografia tradizionale e al digital delivery, anche i settori degli spettacoli dal vivo e del ballo, degli strumenti musicali (oggetto di un approfondimento nell’ultima parte del Rapporto) e della formazione musicale.
Sul versante del consumo finale, i dati sulla discografia tradizionale, per la quale quest’anno è stato possibile presentare anche il dato del valore del mercato al consumo finale (sell-out), parlano chiaro: la flessione rispetto al 2005 conferma un trend negativo che persiste da tempo. Nell’ultimo triennio, il comparto ha infatti perso circa un quarto del suo valore.
“Il calo delle entrate e la conseguente riduzione di investimenti e di persone impegnate nello sviluppo delle carriere artistiche da parte dell'industria musicale”, spiega Paolo Corsi, presidente Fem, “ha creato una separazione evidente tra artisti già affermati e esordienti. A farne le spese è la classe media, priva di risorse e di speranza di ‘cambio classe’, e i giovani per i quali intraprendere la strada della musica diventa sempre più difficile. Una fotografia forse impietosa ma corrispondente all'attuale situazione del mercato che ostacola la ricerca impedendo la valorizzazione e la crescita di una parte fondamentale del nostro patrimonio culturale: la musica”.
“La tendenza generale”, precisa Andrea Ordanini, responsabile del laboratorio musica e discografia del Cleacc Bocconi e coordinatore del Rapporto 2007, “è di una progressiva riduzione degli spazi del prodotto fisico, che mantiene comunque una certa rilevanza, a vantaggio di quello digitale. Settore digitale in cui sono i contenuti a maggior valore aggiunto (le canzoni mp3, ad esempio) a trainare la crescita. Prodotti come le suonerie, invece, sono ormai un mercato in saturazione”.
La musica digitale, che cresce a livello aggregato dell’1,5%, nasconde infatti differenze tra i vari sub-settori. Prendendo in esame esclusivamente i contenuti soggetti a diritto d’autore musicale, e quindi individuando in maniera più precisa quelli direttamente riconducibili alla musica, il Rapporto fa emergere un exploit del 116% dell’online music, passata da 3,2 a 6,9 milioni di euro, a fronte di un leggero calo dei prodotti musicali mobile (da 104,1 a 102 milioni).
Sostanzialmente stabile è invece la categoria degli spettacoli dal vivo, con una spesa al botteghino, ovvero il solo prezzo del biglietto, di 310 milioni di euro e un volume d’affari di 421 (comprensivo anche degli ulteriori guadagni, come le sponsorizzazioni e la pubblicità). Al suo interno, il settore della musica leggera si rivela nuovamente come il più significativo, rappresentando infatti il 43% del totale.
Sul fronte del consumo intermedio,si conferma il ruolo delle radio e delle tv, i cui diritti generano un valore di oltre 152 milioni di euro (tra questi, in netta crescita quelli legati alle emittenti satellitari, +60%). Crescono i diritti discografici direttamente gestiti da SCF: la raccolta di diritti derivanti dall’utilizzo in pubblico di musica registrata ammonta a 32,8 milioni di euro, con un incremento del 20% nel settore broadcasting e un +45% nell’area dei pubblici esercizi.
“In un contesto di generale difficoltà del comparto discografico, si mantiene in controtendenza il trend di crescita dei diritti discografici”, commenta Gianluigi Chiodaroli, presidente di SCF. “Anche l’andamento della prima parte dell’anno 2007 evidenzia l’incremento tanto delle due aree tradizionali (+15% per broadcasting e pubblici esercizi) quanto dell’area web (oltre il 50%). Si riconferma così il ruolo centrale delle collecting societies, quale è SCF, nella valorizzazione della musica e nella mediazione tra gli interessi degli utilizzatori professionali (tv, radio, webradio, etc.) e le legittime attese di remunerazione di produttori ed artisti”.
In ripresa è il segmento del ballo, il cui valore della spesa al botteghino è valutato per il 2006 in 285,7 milioni di euro, con una crescita del 2,1% rispetto all’anno precedente, mentre la spesa totale del pubblico per questa categoria si è attestata su 1.168,9 milioni di euro. Da segnalare è però anche il valore significativo dei diritti generati dalle categorie sonorizzazioni, trasmissioni e sincronizzazioni, che con circa 300 milioni di euro di volume testimoniano l’importanza di questo segmento.
Altro settore che fornisce un rilevante contributo al sistema musica è quello degli strumenti musicali. Il comparto ha superato nel 2006 i 357 milioni di euro, con una crescita del 4,4% rispetto al 2005. Il risultato conferma l’andamento positivo del quinquennio 2001-2006, durante il quale il mercato complessivo è cresciuto del 10,63%. Sono invece in calo le esportazioni, che per il 2006 si sono attestate sui 135 milioni di euro, a fronte di importazioni per 136 milioni.
“La crescita dei consumi relativa allo strumento musicale per il terzo anno consecutivo è un segnale incoraggiante per il comparto e per gli operatori impegnati su molti fronti”, sottolinea Antonio Monzino jr., presidente di Dismamusica. “Il primo fronte è la promozione della musica anche a livello amatoriale, a partire dalla scuola, dove il nostro paese sconta un ritardo culturale rispetto al contesto internazionale; il secondo è relativo al processo di modernizzazione dei settori della produzione e della distribuzione di fronte alle sfide del mercato globale; il terzo riguarda la creazione di un ‘sistema musica’, che sappia farsi ascoltare autorevolmente dalle istituzioni”.
Nella panoramica dei principali mercati internazionali, l’Italia si pone infine all’ottavo posto per il mercato discografico, con un valore aggregato di circa 1/20 rispetto a quello Usa (primo in classifica), e al nono per quanto riguarda il mercato digitale, dove peraltro è da registrare l’ottima performance della Corea del Sud. Il paese asiatico si pone infatti al quarto posto del mercato digitale dietro Usa, Giappone e Regno Unito.