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George W. Bush

No Bush-No War Day, il 9 giugno tutti a Roma?!?!?!

Il 9 giugno sarà un altro bel giorno che degnamente prenderà parte alla lunga lista di un calendario infinitamente ricco di sorrisi ipocriti e falsari, di strette di mano sanguinarie ed illuminate da simboli d’amicizia che altro non sono se non contratti di morte per chi resta stretto nella morsa di quei palmi bianchi ed immacolati. Non si generalizza, non si fa di ogni erba un fascio. Amore all’America, alla sua musica, ai suoi jeans e alla sua gente (più vicina alle nostre idee di quanto si possa pensare). Ma odio ad un gruppo di persone, alla loro organizzazione di affari, di lobbies e di manipolazioni dei diritti umani che incastrano le nostre civiltà in slogan benpensanti che nascondono ghigni di morte.

Non è il primo, non è il solo e purtroppo non sarà l’ultimo, ma se qualcuno dovrà stringere il palmo pulito del sign. Bush, non dovrà farlo nel mio nome. Io non lo voglio, non lo chiedo, e non firmerò alcun contratto né premerò alcun pulsante per missili cervelloni. Non ho chiesto uno scudo missilistico, non guerre di prevenzione. Non domando il suo aiuto, non ho chiesto la sua protezione. Io non ho paura di provare odio per il diavolo. Non sono servo, non uno schiavo del dollaro o di qualsiasi altra forma di antiumanità.

  

Così allego l’invito, tratto dal sito www.cstpo.info, nella speranza che possa illuminare chi come me prova indignazione all’idea di una politica sempre più oligarchica (scusate il termine un pò retrò) e guerrafondaia.

  

9 giugno 2007, Roma

No Bush-No War Day

Contro la guerra globale permanente di Bush, contro l’interventismo militare del governo Prodi

Il presidente USA George Bush verrà in Italia il 9 giugno su invito del governo Prodi, per ribadire in questo modo la convinta alleanza militare e politica dell’Italia con gli Stati Uniti. Oggi il presidente Bush ha contro la maggioranza del popolo degli Stati Uniti ma mantiene l’appoggio delle lobbies militari, petrolifere e dell’industria delle armi. Bush è l’estremo interprete della volontà di egemonia mondiale delle classi dominanti statunitensi, volontà che porta da decenni gli USA, indipendentemente dall’alternanza dei governi, ad intervenire militarmente ovunque, con truppe, colpi di stato, stragi e attentati.

 

Questa volontà di dominio, che fa della guerra una vera e propria strategia politica con la capacità di esportare conflitti dall’Africa all’Asia, dall’America latina alla stessa Europa (Balcani), produce sudditanza politica e culturale.

 

In Italia la destra considera Bush il proprio punto di riferimento, come anche il governo Prodi che, seppur eletto anche grazie ai voti del movimento No War "senza se e senza ma", è orgoglioso dell’alleanza con tale amministrazione e si prepara a ricevere in pompa magna il presidente Usa a Roma. Questa subordinazione caratterizza anche l’organica politica di intervento militare che il governo Prodi sta praticando, sia pure nella versione "multilaterale", cioè "concertata" con le altre potenze. Un appoggio alla logica della guerra che spinge a mantenere le truppe in Afghanistan, che ha aumentato vistosamente le spese militari (+13% nella Finanziaria), che vuole imporre a popolazioni, unite nell’opposizione, nuove basi militari (come a Vicenza, ma anche a Cameri e in altri luoghi in via di ampliamento), che partecipa alla costruzione di micidiali armi belliche (come l’aereo da guerra F35 o lo Scudo missilistico) e conserva bombe atomiche disseminandole, col nostro silenzioso consenso, nel territorio italiano (come a Ghedi e Aviano). E’ questa subordinazione, politica e culturale, che ha costretto ad abbandonare una delle esperienza più limpide del pacifismo italiano, quella di Emergency, tradita e sacrificata al governo Kharzai e ai suoi servizi segreti che detengono illecitamente Rahmatullah Hanefi.

 

Ma la guerra è guerra indipendentemente dalle bandiere usate per condurla e va ripudiata, come il militarismo governativo, che ha riconfermato o promosso le missioni belliche.
Per questo, come tanti e tante in tutto il pianeta e in mille forme, ci prepariamo ad accogliere Bush come si accoglie un vero e proprio guerrafondaio. Lo facciamo per i torturati di Guantanamo, per i bruciati vivi di Falluja, per i deportati, per quelli rinchiusi nei campi di concentramento in mezzo mondo. Ma lo facciamo anche per dire che esiste un’altra Italia.

 

Un’Italia che vive già in un altro mondo possibile e concreto. E’ quella dei movimenti che si battono contro le basi militari, contro la devastazione ambientale, per i diritti sociali, contro i cpt. Che si batte contro la privatizzazione dell’acqua e la rapina dei beni comuni, contro le spese militari e il riarmo globale.

 Il 9 giugno quindi è un giorno importante per la ripresa del cammino del movimento No War nel nostro paese. Vogliamo il ritiro delle truppe italiane da tutti i fronti di guerra, Afghanistan in primis, la chiusura delle basi militari USA e NATO, la restituzione di quei luoghi alle popolazioni per usi civili, per giungere all’uscita dell’Italia dalle alleanze militari. Esigiamo la rimozione dal territorio nazionale degli ordigni nucleari e delle armi di distruzione di massa. Diciamo basta alle spese militari, rifiutando lo Scudo missilistico e i nuovi aerei da guerra, affinché le decine di miliardi di euro vengano usati per la scuola e la sanità pubblica, per i servizi sociali, per il miglioramento ambientale, per il lavoro e il sistema previdenziale pubblico. Pretendiamo che il governo Prodi ottenga l’immediata liberazione di Hanefi e restituisca ad Emergency il suo ruolo meritorio in Afghanistan. Proponiamo che la mobilitazione del movimento No War (che ha già tre tappe importanti: la manifestazione contro la progettata base militare a Novara il 19 maggio oltre a quelle di Aviano e Sigonella; le Carovane contro la guerra, che arriveranno a Roma il 2 giugno per protestare contro la parata militare sui Fori Imperiali; la mobilitazione europea contro il G8 di Rostock-Heiligendamm) culmini il 9 giugno con una grande mobilitazione popolare a Roma che faccia sentire a Bush e Prodi la nostra avversione nei confronti delle guerre e delle corse agli armamenti, che dichiari il Presidente USA ospite non gradito e faccia sentire al nostro capo di Governo il ripudio di ogni e militarismo, così come recita l’articolo 11 della Costituzione.

 Alex Urso

Cronaca e Attualità

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 Articolo letto 379 volte. il 05 Jun 2007 alle 17:26
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