di Urso Alex
E se non bastano gli appelli dei capi di Stato ed i servizi mediatici per migliorare la drammatica questione delle vittime sul lavoro, se nemmeno le leggi fantasma servono a molto davanti l’ostinato sadismo del nostro Paese, ecco allora la cultura, a metterci del suo per tenere sempre vivo il ricordo tragico del presente italiano
“Vita d’Adriano, memorie di un cecchettaro nella neve” è una rappresentazione teatrale che da almeno un anno viaggia, a partire dal debutto civitanovese nel 2007, raccogliendo consensi unanimi da parte del pubblico italiano ed estero. Ed il suo grande successo non mancherà di trovare accoglienza anche mercoledì 30 Aprile 2008 (ore 21.00) quando, al Teatro “Luigi Mercantini” di Ripatransone, Giorgio Felicetti avrà ancora una volta occasione di raccontare la sua interpretazione artistica su un evento umano ed universalmente comune a tutte le società: il mondo lavorativo, con tutte le sue sfaccettature, dal punto di vista di un operaio.
Diretto ed interpretato dallo stesso Felicetti, la storia del suo monologo è infatti la sincera riproposizione della vicenda di un uomo, Adriano, impiegato nelle Officine Meccaniche Cecchetti di Civitanova, una delle principali fabbriche italiane per la costruzione e la riparazione di carri e carrozze ferroviarie. Ad occupare la scena sarà infatti la sola carrellata di ricordi umili ed onesti di questo vecchio operaio personificato nella voce dell’attore marchigiano, alle prese con un transfert di emozioni tra sogni, riflessioni e piccole questioni di ogni giorno. Sullo sfondo sempre la costante di una presenza terribile: la precarietà di una condizione lavorativa malata.
Quanto mai attuale “Vita d’Adriano, memorie di un cecchettaro nella neve” si propone dunque come testimonianza di una storia che non cambia: i pericoli, gli incidenti, gli scioperi, i licenziamenti e la chiusura nel 1994 da parte della fabbrica (fondata del 1892) a causa della presenza di amianto, si ripropongono quale spunto di riflessione su una condizione lavorativa moderna tutt’altro che migliorata col tempo.
Commozioni, lacrime, risate. Un’ora di ricordi diretti, lontani da statistiche e grafici di circostanza. La carenze di strutture, la carenze di umanità. Le dimenticanze da parte dello Stato. Le denunce, le lotte, le famiglie. I Sindacati. La politica latitante e la beffa dei decreti. Ma nonostante tutto l’orgoglio di una classe lavorativa, forse debole e non più capace di una seria presa di coscienza sulla propria condizione, ma certamente vogliosa di ascoltare chi ha provato sulla pelle lo stato di rabbia per questa perenne lotta/sconfitta.