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“African Inferno” (Feltrinelli, 2009 – pag. 335; euro 18) |
Piersandro Pallavicini “African Inferno”
“African Inferno” è un libro che consiglio a tutti. A tutti tutti.
A partire dalle scuole, medie e superiori, dove un romanzo di questa attualità potrebbe benissimo sostituire i vari Fred Uhlman e Renata Viganò.
Perché “African Inferno” è un romanzo che rappresenta l’hic et nunc di questa stranissima epoca e di questa troppo spesso stolta Italia.
La rappresentazione è intelligente e anche piacevole, a tratti spassosa, senza i personaggi francamente detestabili con cui Pallavicini era solito riempire le sue pagine, ma condita saporitamente da un effluvio di buoni sentimenti.
Pallavicini parla di razzismo da una prospettiva nuova, quella dell’amicizia cameratesca tra Sandro Farina, italiano quarantenne e dalla pelle bianca, e i suoi due coinquilini camerunensi neri come il carbone, e del rapporto fraterno che lega lo stesso Farina al videoartista congolese Joyce.
Sandro è un marito modello, padre di una bimba deliziosa, ha un lavoro rispettabile: questo almeno fino all’estate del 2003, quando una non memorabile scappatella con una ragazza conosciuta in un pub insieme al fidato Joyce distrugge il suo matrimonio e lo riduce quasi sul lastrico, senza casa e senza la sua bambina.
Ritroviamo Sandro qualche mese dopo, nella primavera del 2004, in un appartamento preso in affitto dall’odioso Omodeo e condiviso con Richard e Modestin, i due camerunensi color carbonella così uguali e allo stesso tempo così diversi tra loro, orgoglioso e taciturno l’uno, orgoglioso e iracondo l’altro.
La storia si sviluppa a capitoli alterni lungo questi due piani temporali che, con lo scorrere delle pagine, tendono ad avvicinarsi fino quasi a coincidere, tra continui equivoci e rimandi, colpi di scena e strette al cuore.
Il tutto è mescolato con la nostra storia recente, con le bombe di Madrid dell’11 marzo 2004 e l’uccisione di Fabrizio Quattrocchi del mese successivo, tra la paura di Al Qaeda e il semprevegeto terrore del diverso.
Pallavicini ha la straordinaria capacità di rendere vivi i suoi personaggi, di renderli tuoi amici, di dar loro una forma così tangibile che ne senti innegabile la compagnia durante la lettura e ineluttabile la mancanza una volta finito il libro.
Il suo merito più grande è però la leggerezza con cui le vicende sono rappresentate: “African Inferno” è un romanzo di oltre trecento pagine che parla di razzismo eppure scivola via grazie all’amorevolezza dello sguardo di Sandro Farina e, insieme, dell’autore, che mai dimentica di illuminare col sorriso anche i passaggi più ruvidi.
Lo sguardo di Sandro è così amorevole che la discriminazione finisce per essere un concetto difficile persino da immaginare, mentre il Paese intorno a lui è un teatro della rivalsa, bianco su nero e nero su bianco.
“L’immigrazione e il razzismo come non erano stati ancora raccontati” recita la fascetta promozionale Feltrinelli: a ragione.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 02 Mar 2009 alle 15:36 |
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