FERMENTI RIVOLUZIONARI O COSA?
di Lucio Garofalo
Qualche tempo fa ho avuto modo di leggere ed apprezzare un articolo di Gennaro Carotenuto, intitolato "Uno spettro s'aggira per l'America: lo spettro del socialismo del secolo XXI", e in sostanza ne ho condiviso l'analisi. In particolare, non ho avuto nulla da eccepire sulla tesi relativa al carattere antimperialista della "rivoluzione bolivariana" (dal nome del celebre eroe nazionale venezuelano, Simon Bolivar), conseguita con successo dal governo di Hugo Chavez in Venezuela. Attualmente il governo chavista rappresenta il principale punto di riferimento di un movimento populista di sinistra che si sta espandendo in tutta l'America Latina, contagiando altre nazioni quali l'Argentina, il Brasile, la Colombia, la Bolivia, senza dimenticare la vecchia Cuba castrista, che avrebbe ancora qualche prezioso insegnamento storico da impartire alla sinistra latino-americana, europea ed internazionale.Tuttavia, mi permetto di segnalare altri avvenimenti ed altri processi storici in atto nel continente latino-americano, e non solo.Penso, ad esempio, al successo elettorale riscosso in Nicaragua dallo schieramento politico guidato da Daniele Ortega, che fu già a suo tempo (nel corso degli anni '80) leader del fronte sandinista e Presidente della Repubblica Nicaraguense, insidiata per anni da una guerriglia di destra filo-americana condotta dai famigerati Contras, veri e propri mercenari finanziati e caldeggiati militarmente e politicamente dall'amministrazione capeggiata dall'allora presidente ultra-conservatore ed ultra-liberista, l'ex attore di Hollywood Ronald Reagan. A tale proposito è utile ricordare che la strategia controrivoluzionaria in Nicaragua fu diretta da un noto agente della CIA, tal John Negroponte, già ambasciatore statunitense in Honduras e in Messico, nel 2001 designato dal presidente Bush quale ambasciatore degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, nel 2004 nominato quale ambasciatore statunitense in Iraq. Dall'inizio del gennaio 2007 Negroponte è diventato il numero due del dipartimento di Stato U.S.A., ossia vice di Condoleezza Rice. Davvero una bella carriera di "intelligence" diplomatico-eversiva al servizio dell'imperialismo nordamericano. Lo stesso John Negroponte venne coinvolto in un noto scandalo degli anni '80, denominato "Irangate" o "Iran-Contras", da cui emerse che i fondi occulti usati dalla Casa Bianca per finanziare la guerriglia mercenaria dei Contras, furono ricavati dalla vendita di armi ad uno Stato nemico, l'Iran dell'ayatollah Khomeyni, che figura ai primissimi posti nella lista dei cosiddetti "Stati-canaglia", stilata dagli ambienti neocons che influenzano l'attuale amministrazione Bush. Ebbene, partendo dal Nicaragua sandinista e dalla guerriglia dei Contras, passando per l'Iran, giungendo fino all'odierna guerra in Iraq, sembra delinearsi una sorta di filo conduttore, una trama politico-eversiva e strategico-imperialistica che rinviene in John Negroponte una vera costante, ossia un protagonista "nero" ricorrente. Ma torniamo al Nicaragua. A riguardo vorrei sottolineare soprattutto l'originalità dell'esperienza sandinista, in quanto animata da una felice contaminazione ideologico-politica tra la cultura e la prassi marxista, da un lato, e dall'altro, la "teologia della liberazione", ossia l'espressione più avanzata e radicale del dissenso cattolico che, a partire dal 1968, in seguito al Concilio Vaticano II indetto da papa Giovanni XXIII, si diffuse in vari paesi dell'America Latina: si pensi, ad esempio, al Brasile, al Perù, all'Honduras, al succitato Nicaragua, ma anche al Salvador, laddove una cruenta repressione militare dell'imperialismo statunitense soffocò in un bagno di sangue l'insurrezione popolare. Così come era già accaduto in Cile, l'11 settembre 1973, quando la reazione imperialista (ordinata dalla CIA, il vero cervello e la vera guida strategico-politica dell'eversione fascista e della destabilizzazione conservatrice a livello internazionale) si scatenò in tutta la sua violenza ai danni del popolo cileno e del governo socialista presieduto da Salvador Allende, democraticamente eletto, favorendo in tal modo un golpe militare di destra che instaurò la feroce dittatura del generale Augusto Pinochet, deceduto tempo addietro. Oggi, a dispetto di quanti sostengono da anni la tesi opposta, sembra che quella "miscela" rivoluzionaria basata sull'incontro tra una versione libertaria dell'ideologia marxista e un movimento cattolico dissidente di contestazione anticapitalista, non abbia esaurito i suoi effetti e le sue potenzialità emancipatrici e progressiste, visto il clamoroso risultato politico-elettorale conseguito in Nicaragua dai sandinisti.Spostandoci in Messico, non è affatto superfluo evidenziare il carattere storico rivoluzionario in sé, sia sul piano particolare e locale, degli avvenimenti di Oaxaca, sia soprattutto per le implicazioni di natura internazionalista che tali vicende possono comportare nel quadro dei rapporti di forza politici ed economico-militari instaurati a livello planetario dall'apparato bellico-industriale che fa capo al neocolonialismo made in U.S.A. & soci: penso soprattutto al fedelissimo alleato britannico, ma penso anche all'emergente "potenza neocolonialista" di matrice italica, imperniata sull'asse governativo Berlus-Prodi, che "a sinistra" si sorregge fondamentalmente sulla "stampella" politica dalemiana e su quella bertinottiana. Tuttavia, vorrei che si facesse almeno una volta un accenno, anzi più di un accenno, alla situazione politica nepalese, dove il partito comunista di quel Paese, di ispirazione maoista, ha ormai issato la bandiera del comunismo popolare sulla vetta dell'Everest. Da anni, esattamente dal febbraio 1996, in Nepal (anche nel continente asiatico si agitano profondi fermenti rivoluzionari) è in atto una guerra popolare, condotta dalle masse contadine, che ha fatto compiere passi da gigante alla società nepalese, costretta per secoli a sottostare ad un sistema economico di stampo aristocratico-feudale, e ad un regime politico di natura dispotico-assolutistica. In Nepal sta avanzando una lotta di massa che sta trasformando radicalmente il paese, uno dei più poveri e sottosviluppati dell'intero pianeta, fino a proporsi all'avanguardia del progresso storico-sociale nel mondo. In Nepal una rivoluzione popolare sta avviando un rapido processo di avanzamento che potrà generare effetti di crisi e rottura storica dell’imperialismo su scala globale, inimmaginabili fino a pochi anni fa. Infatti, in quel paese la rivoluzione comunista (di ispirazione maoista) sta provocando effetti di liberazione e di affrancamento materiale e politico-sociale di massa, che erano impensabili fino a pochi anni or sono. Il 28 dicembre scorso il Parlamento ha dichiarato il Nepal una Repubblica Democratica Federale ed ha fissato le elezioni per l'Assemblea Costituente verso la metà di aprile 2008. Il crollo della monarchia ha segnato un'importante svolta politica in Nepal ed un successo storico per il popolo nepalese. Un traguardo significativo, ottenuto in seguito ad oltre un decennio di lotta armata popolare, guidata dal Partito Comunista Nepalese (di orientamento maoista). Oggi, per tutte le forze sociali e politiche autenticamente democratiche e progressiste, dunque non solo per i soggetti rivoluzionari che lottano in senso comunista e antimperialista, è necessario agire a sostegno della Rivoluzione nepalese, attraverso iniziative di controinformazione e di solidarietà internazionalista e, nel contempo, di riflessione e mobilitazione politica. E' evidente che tali iniziative devono essere promosse da parte dei settori più coscienti, impegnati e meglio organizzati del movimento internazionalista. L'emancipazione in corso delle classi popolari e rurali nepalesi è uno degli avvenimenti storici internazionali più rilevanti degli ultimi tempi, per cui meriterebbe una maggiore attenzione da parte dei mass-media occidentali ed internazionali, in modo particolare da parte dei numerosi siti di controinformazione presenti sulla Rete. Infatti, mi/vi chiedo come mai nel panorama web non si discute affatto della rivoluzione nepalese, tranne rare eccezioni, mentre si esaltano fin troppo altre esperienze politiche più o meno rivoluzionarie, quali appunto la "rivoluzione bolivariana" guidata dal governo venezuelano di Hugo Rafael Chavez Frias?
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