Elettromagnetismo.
La direttiva comunitaria e la normativa nazionale sui campi elettromagnetici. (ISPESL)
La direttiva comunitaria e la normativa nazionale sui campi elettromagnetici Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) Monte Porzio Catone, Roma RIASSUNTO. Il 25 maggio 2004 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la direttiva 2004/40/EC, sulle norme minime per la salute e sicurezza in relazione all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dai campi elettromagnetici, quale diciottesima direttiva particolare ai sensi della direttiva quadro sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (391/89/EEC). Scopo dell’articolo è la presentazione dei punti fondamentali della direttiva, ed il confronto con la normativa nazionale sui campi elettromagnetici, basata su principi in buona parte divergenti, nell’ottica di una possibile coesistenza. ABSTRACT. THE EUROPEAN DIRECTIVE AND ITALIAN LEGISLATION ON ELECTROMAGNETIC FIELDS. The directive 2004/40/EC, on the minimum health and safety requirements regarding the exposure of workers to the risks arising from electromagnetic fields, has been issued in the European Official Journal on May 25, 2004, as the 18th individual directive within the General Directive on health and safety at work (391/89/EEC). The present paper focuses on the main points of the directive, and compares it with current Italian legislation, which is based on rather different principles, with the aim of assessing their compatibility. La direttiva comunitaria 2004/40/CE Nel 1993 la Commissione Europea aveva presentato una prima proposta di direttiva del Parlamento e del Consiglio sulla sicurezza dei lavoratori nei confronti dell’esposizione ad agenti fisici, che considerava rumore, vibrazioni, e radiazioni a frequenze non ottiche (campi elettromagnetici 0-300 GHz) e ottiche (infrarosso, visibile, e UV). L’esame della proposta è ripreso separando i singoli agenti fisici, per cui alla fine del 2002 è stata emanata la direttiva sulle vibrazioni (2002/44/CE), all’inizio del 2003 la direttiva sul rumore (2003/10/CE), e da ultima la direttiva 2004/40/CE (1) sui campi elettromagnetici fino alla frequenza di 300 GHz. La direttiva 2004/40/CE ha come scopo la protezione dai soli effetti considerati accertati. Nel preambolo è esplicito il riconoscimento dell’assenza di evidenze tali da ritenere scientificamente provati possibili effetti a lungo termine, compreso il cancro. Quale riferimento tecnico-scientifico per la definizione dei limiti di esposizione si assumono le linee guida dell’International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) (2), che già sono alla base della Raccomandazione Europea sulla protezione della popolazione dai campi elettromagnetici del luglio 1999 (3). A differenza però di detta raccomandazione, la recente direttiva affronta anche il merito della titolarità delle azioni nei confronti dei soggetti coinvolti, in particolare degli obblighi a carico dei datori di lavoro. La struttura base e l’articolato della direttiva ricalcano quelli delle precedenti su vibrazioni e rumore. In particolare, lo schema prevede la definizione di "valori limite di esposizione" e di "valori di azione". Il limite di esposizione è quel valore che non deve essere superato in nessun caso, il valore di azione rappresenta invece un livello di esposizione inferiore, al superamento del quale il datore di lavoro deve intraprendere misure tecnico-organizzative volte a ridurre l’esposizione e attivare un regime di sorveglianza sanitaria. Tale filosofia, relativa ad agenti di rischio con profilo non a soglia, non è direttamente esportabile ai campi elettromagnetici laddove invece la natura del rischio è tipicamente a soglia, ed i limiti di base non coincidono con le soglie di rischio ma sono da queste ricavati mediante fattori di riduzione. Anche la direttiva 2004/40/CE è articolata in valori limite di esposizione e valori di azione, i cui valori numerici sono stati posti identici, rispettivamente, alle restrizioni di base e ai livelli di riferimento raccomandati dall’ICNIRP (2), l’armonizzazione con la cui filosofia è stata raggiunta attraverso una rimodulazione delle definizioni rispetto alle precedenti direttive (articolo 2): Valori limite di esposizione: limitazioni all’esposizione a campi elettromagnetici direttamente basate su effetti sanitari accertati e su considerazioni biologiche. Il rispetto di questi limiti assicura che i lavoratori esposti siano protetti da tutti gli effetti nocivi noti; Valori di azione: il valore di parametri direttamente misurabili a cui si devono intraprendere una o più delle misure specificate nella direttiva. Il rispetto di questi valori assicura il rispetto dei pertinenti limiti di esposizione. All’articolo 4 viene stabilito che il datore di lavoro deve valutare i livelli di esposizione dei lavoratori, e se su tale base i valori di azione risultano superati, il datore deve stabilire se siano superati o meno i limiti di esposizione. In sostanza, si prevede che al di sotto dei valori di azione non sia necessario intraprendere alcuna iniziativa; qualora questi vengano superati l’azione conseguente è la verifica sul rispetto dei limiti di base. La procedura è quindi identica a quella dell’ICNIRP, e si concilia l’esigenza di mantenere uno schema comune per le direttive sui diversi agenti fisici con la volontà di adottare le linee guida internazionali. Da notare che, nell’ambito della valutazione del rischio, il datore di lavoro deve considerare la possibilità di rischi indiretti per la salute quali: • interferenze con attrezzature e dispositivi medici elettronici; • rischio propulsivo di oggetti ferromagnetici per campi magnetici statici; • innesco di dispositivi elettro-esplosivi; • incendi ed esplosioni dovuti all’accensione di materiali infiammabili. La direttiva 2004/40/CE dovrà essere recepita dagli stati membri entro il 30 aprile del 2008, anche perché il CENELEC, che ha ricevuto mandato dalla Commissione Europea per la definizione delle norme tecniche necessarie all’applicazione della direttiva (misure, calcoli, ecc.), si è riservato allo scopo un tempo di quattro anni. La normativa nazionale (legge 36/2001) La Legge 22 febbraio 2001 n.36 (4) è basata sul principio di precauzione, e introduce le definizioni di limite di esposizione per la tutela della salute da effetti acuti, di valore di attenzione quale misura di cautela ai fini della protezione da possibili effetti a lungo temine, e di obiettivi di qualità quali valori per la progressiva minimizzazione dell’esposizione. I limiti di esposizione, valori di attenzione, e gli obiettivi di qualità per la popolazione sono stati stabiliti tramite i decreti del Presidente del Consiglio 8 luglio 2003 (5,6), mentre nel caso dei lavoratori e delle esposizioni professionali i corrispondenti livelli non sono mai stati definiti nonostante fosse previsto un termine di sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge. La legge non fa riferimento a restrizioni sulle grandezze di base, ma unicamente alle grandezze di riferimento, vale a dire i livelli dei campi elettrici e magnetici e della densità di potenza. Discussione e conclusioni Il tema della coesistenza tra la legge 36/2001 e la direttiva 2004/40/CE è affrontato estesamente in (7). A partire da una più che legittima istanza di cautela nei confronti di possibili effetti a lungo termine, il lato debole della legge 36/2001, dal punto di vista della protezione dei lavoratori, sembra di non aver adeguatamente separato, concettualmente e operativamente, le politiche cautelative verso eventuali effetti a lungo termine dalle misure di protezione nei confronti degli effetti noti e accertati. In sostanza la legge, pur in tale istanza di cautela, risulta debole riguardo alla protezione dagli effetti certi, e virtualmente inefficace nei confronti di una serie di casi pratici, specie in situazioni complesse quali la maggior parte delle esposizioni occupazionali. La legge appare infatti piuttosto ispirata a criteri di tutela ambientale, ove la filosofia è di prescrivere il rispetto di determinati livelli di campo, indipendentemente dalla presenza delle persone e dalle modalità di esposizione. Le linee guida internazionali (e così la direttiva 2004/40/CE), sono invece focalizzate sull’effettiva esposizione della persona, sia essa un lavoratore o un individuo della popolazione. Quello che conta è ciò che essa realmente riceve, tenuto conto non solo dei livelli di campo ambientale, ma anche delle dimensioni corporee, della postura, dell’uso di dispositivi individuali di protezione, e di ogni altro fattore che possa influenzare l’esposizione. Le differenze tra i due approcci possono essere marginali nelle comuni condizioni di esposizione del pubblico con campi spazialmente omogenei, ma diventano cruciali in tutti i casi in cui le intensità dei campi cambiano fortemente da un punto all’altro. In conclusione, si ritiene che solo una netta distinzione tra ciò che è politica di cautela, o di tutela ambientale, e ciò che invece è protezione da effetti certi, potrà rendere meno confuso il quadro. Da questo punto di vista il recepimento della direttiva 2004/40/CE non potrà che essere di ausilio. Peraltro, bisogna notare che la direttiva non è in contrasto con le finalità della legge 36/2001, che contemplano esplicitamente la protezione dagli effetti acuti, ma con gli strumenti operativi che vengono stabiliti per conseguire tale finalità. Una coesistenza non è quindi, almeno in linea di principio, impossibile. Inoltre, la direttiva fornisce prescrizioni minime, e una volta messo a punto un edificio coerente per la protezione dagli effetti certi, è ad ogni modo consentito agli stati membri di introdurre restrizioni aggiuntive. Deve ad ogni modo essere oggetto di riflessione il fatto che, nell’ambito delle disposizioni comunitarie, il quadro delle conoscenze su possibili effetti a lungo termine dovuti ai campi elettromagnetici non è ritenuto tale da sostenere l’opportunità di invocare politiche cautelative di alcun tipo, né per la popolazione né per i lavoratori. Bibliografia 1) Direttiva 2004/40/EC del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 29 Aprile 2004, sulle norme minime per la salute e sicurezza in relazione all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici) (diciottesima Direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16(1) della Direttiva 391/89/EEC). G.U. UE L184 del 24 maggio 2004. 2) International Commission on Non-Ionizing Radiation Protection (ICNIRP). Guidelines for Limiting Exposure to Time-Varying Electric, Magnetic, and Electromagnetic Fields (Up to 300 GHz). Health Physics 1998; 74: 494-522. www.icnirp.org. 3) Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea relativa alla limitazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con frequenza da 0 Hz a 300 GHz. G.U. Comunità Europee 30 luglio 1999, L199/62. 4) http://europa.eu.int/comm/health/ph/programmes/pollution/ph_fields_cr_it.pdf 5) Legge 22 febbraio 2001 n. 36. Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici. G.U. 7 marzo 2001 n. 55. 6) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003. Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300 GHz. G.U. 28 agosto 2003 n. 199. 7) Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 luglio 2003. Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50 Hz) generati dagli elettrodotti. G.U. 29 agosto 2003 n. 200. 8) Rossi P., Vecchia P. Protezione dei lavoratori esposti a campi elettromagnetici: orientamenti normativi nazionali e internazionali. Atti del 22° Congresso Nazionale AIRP. Bari 17-19 settembre 2003. Autori: P. Rossi In…Sicurezz@, In…Form @ zione, 2006-01-31
|