"False verità" di Atom Egoyan
Cosa si nasconde dietro l’improvvisa uscita di scena di una popolare coppia di showmen americani di successo degli anni ’50? All’inizio del film ambientato nel 1957, vediamo Lanny Morris e Vince Collins condurre una popolare maratona telethon per raccogliere fondi per la poliomielite; quindici anni dopo una giovane e rampante giornalista (Alison Lohman) cercherà di scoprire perché l’affiatato duo all’apice del successo abbia abbandonato repentinamente le scene per ragioni oscure, non legate a divergenze artistiche ma allo scomodo cadavere di una studentessa troppo accomodante e ad un’inchiesta ufficiale conclusasi rapidamente. L’atteso “False verità” dell’apprezzato regista canadese d’origine armena Atom Egoyan, già autore de “Il dolce domani”, “Il viaggio di Felicia” ed “Exotica”, apparentemente ha tutte le carte in regola per ottenere un duplice ed ambito consenso di pubblico e critica: un regista capace di indagare con mestiere i dubbi e le perversioni dell’animo umano, una storia intrigante tratta da un best seller velatamente ispirato alla coppia di showmen americani Dean Martin e Jerry Lewis (in realtà nel film i due famosi comici a stelle e strisce non vengono mai menzionati…), un cast perfettamente a suo agio nelle atmosfere cupe ed ambigue del classico noir con venature metafisiche, dove per comprendere i perché dell’immancabile delitto si devono necessariamente attraversare le pieghe dell’anima. Soprattutto la scelta dei due protagonisti maschili risulta decisamente azzeccata: se Kevin Bacon ci aveva già abituato a prove maiuscole con personaggi tormentati in film come “Mystic River” e “The woodsman”, Colin Firth è una vera sorpresa nel vestire i panni dell’ambiguo cabarettista, ovviamente lontano anni luce dall’innamorato tontolone di Bridget Jones, risultando però credibile nella sua complessità. Non mancano l’erotismo lesbo chic, il gusto retrò degli anni ’50, le atmosfere psichedeliche degli anni ’70, dei perversi menages à trois, delle scene hot fra i due personaggi maschili, risate, lacrime di circostanza ed anche un finale edificante. C’è di tutto e soprattutto di troppo nel film di Egoyan che con uno stile complicato cerca di raccontare gli splendori, i segreti e gli orrori della coppia Bacon - Firth. Egoyan è sempre stato un regista cerebrale che si è servito di meccanismi intricati per riflettere sull’ambiguità della realtà; questa volta però il suo lavoro manca dell’originalità dei suoi lungometraggi precedenti, poiché tanta complessità e i manierismi formali finiscono col partorire un film confuso che ripete in modo esplicito le ovvie riflessioni sulle miserie che si nascondono dietro le accecanti luci di Hollywood. A dire il vero tutto ciò era già stato trattato in maniera esemplare dal sottovalutato “Auto focus” con uno straordinario Greg Kinnear assolutamente da recuperare.
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