La materia incandescente e il furore creativo di Marcelli dal 20 dic al 7 gen alla Palazzina Azzurra
di Stefano Papetti 18/12/2008 - Per conoscere un artista è sempre necessario non limitarsi allo studio delle sue opere ma cercare di avvicinarlo nel suo ambiente di vita e di lavoro: è così che, incuriosito e quasi reso geloso del fatto che il mio amico Vittorio Sgarbi, nottetempo, mi avesse preceduto di qualche ora nell’ incontrare Patrizio Marcelli, ho avuto l’opportunità di trattenermi a lungo con l’artista sambenedettese nella sua casa. Sin dal giardino, una sorta di hortus conclusus delimitato da un’alta siepe che lascia fuori il caos della vita cittadina, si percepisce che per Marcelli ogni elemento del creato è una opera d’arte e che come tale debba essere guardata e unita alle altre a formare una sorta di museo botanico: le piante più tipiche del territorio piceno disposte secondo una precisa triangolazione che rimanda ad arcane simbologie costuiscono lo scenario per una straordinaria collezione di bonsai realizzati dallo stesso attraverso anni di pazienti interventi, sfruttando le essenze tipiche della nostra regione. Artista autodidatta e promettente pittore, Marcelli ha scelto di abbandonare l’arte per dedicarsi agli studi di medicina, consapevole che questi gli avrebbero garantito una vita più sicura, ma più che di un addio alla pittura si è trattato di una semplice proroga temporanea ed appena raggiunta una certa agiatezza, il mai sopito anelito creativo è riesploso in tutta la sua virulenza. In questa seconda gioventù artistica, ha individuato nell’arte ceramica il campo espressivo più consono alle sue attitudini e dapprima, utilizzando forme predisposte da altri, si è applicato alla decorazione, dipingendo pezzi anche di grandi dimensioni con appropriate nature morte che lasciano intuire il passare dei mesi e delle stagioni. Un conoscente gli ha poi parlato della tecnica raku ed allora, dopo due sole giornate di intense lezioni con un maestro assai esperto in questa arte orientale, si è buttato a corpo a morto nel lavoro, approntando un forno ad hoc ed applicandosi a questa filosofia: sono uscite dalle sue mani delle creazioni stupefacenti per originalità di forme e qualità degli smalti che ci offrono una reinterpetazione occidentale ed “umanistica” dell’ antica tecnica orientale. Consapevole che l’arte della ceramica sia la forma espressiva più difficile e completa in quanto è la sola in grado di fondere la pittura e la scultura in una unica opera, Marcelli ha poi indirizzato la sua prorompente energia creativa verso la maiolica, realizzando grandi piatti e gruppi scultorei di forte impatto evocativo: sfruttando la possibilità di sovrapporre elementi plastici di varia forma sul supporto di base, egli ha composto degli splendidi rilievi dedicati al tema del mare, ai pesci, ai gabbiani che, come in un origami reso solido e lucente dall’uso degli smalti, evocano i richiami del mare attraverso le superfici mosse, spesso ritagliate nella ceramica. Quelle realizzate da Marcelli sono sculture da guardare, ma soprattutto da sfiorare con le dita ad occhi chiusi, per cogliere meglio le variazioni del rilievo, la scorrevolezza degli smalti o l’ incresparsi della materia modellata dalle mani dell’artefice. Anche così, senza vedere, potremo apprezzare le creazioni dell’artista sambenedettese e magari immaginarne persino i colori.
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