di Barbara Poli
Tra intercettazioni telefoniche, telecamere nascoste e hacher informatici sempre più spesso ci si chiede dove sia finita la privacy. E sempre più spesso si fanno leggi che cercano di disciplinare tutto questo. L’ultima notizia che crea bollenti dibattiti e schieramenti opposti viene dall’Inghilterra: una azienda britannica che produce abbigliamento per le scuole, ha proposto di inserire un chip nell’uniforme degli scolari, in modo che genitori e presidi possano controllare i movimenti dei ragazzi. Ma non solo...
1984: Orwell fu il primo a parlare di “big brother”, e da quel libro ad oggi non si può dire che le cose non siano avvenute così come si era predetto. Da sempre c’è chi vorrebbe avere un occhio su tutto il mondo, in ogni minimo dettaglio, e da ancora di più c’è chi vorrebbe che tutto ciò si realizzasse. Siamo a buon punto, nel bene e nel male: oggi, nonostante le leggi ad hoc fatte per il sacro e inviolabile diritto di ogni essere umano alla privacy, in un modo o nell’altro si riesce a controllare ciò che ci interessa, ma ora la scienza ci permette di farlo con il minimo sforzo e con l’approvazione del Governo. Come? Con un dispositivo hi tech, adatto a essere inserito negli indumenti personali. Per ora la trovata è stata applicata al solo ambito scolastico, ma ben presto l’uso di questo chip potrebbe diffondersi ad altri ambiti.
L’idea è stata della Trutex, azienda britannica specializzata nella produzione di abbigliamento scolastico, che ha pensato di fornire i grembiuli scolastici di un dispositivo hi tec a modi palliativo per madri particolarmente apprensive. La domanda che si è posta l'impresa è semplice: perché non inserire un localizzatore nel grembiule dello scolaro? Detto, fatto. Con un chip posto nel tessuto si potrà monitorare ogni spostamento di chi indossa l'uniforme, utilizzando una tecnologia ormai nota e diffusa: quella del gps, usato anche per telefonini e navigatori satellitari.
Cavalcando probabilmente l'onda della paura che i figli possano essere vittime di rapimenti o semplicemente per placare l'angoscia dei genitori che vogliono sapere dove si trovano, la Trutex è convinta che il mercato sia in piena espansione. E i sondaggi lo confermano: 1 genitore su 5 teme il sequestro del figlio e 59 genitori su 100 sarebbero disposti ad acquistare l'uniforme munita di localizzatore. Sono ancora freschi nella memoria i ricordi di recenti fatti di cronaca come il rapimento della bimba in Portogallo, l'imperversare delle baby gang nelle metropoli britanniche e gli innumerevoli casi di sequestri a scopo di pedofilia in tutto il mondo. Inoltre il chip localizzatore potrebbe essere di utilità non solo per i genitori, ma anche per le scuole, oltre che naturalmente per le coppie particolarmente gelose e possessive.
Inutile dire che un tale prodotto riaprirebbe l'annoso dibattito sul problema della tutela della privacy e della limitazione delle libertà personali. Quando qualche tempo fa, proprio in Gran Bretagna, si era parlato di prendere le impronte digitali ai bambini che chiedevano in prestito un libro in biblioteca, le associazioni per la tutela dei diritti civili avevano accusato il governo di voler schedare quasi un milione di alunni. In una nazione dove le tradizioni fanno parte del dna l'uniforme a scuola è un must in quasi tutte le istituzioni scolastiche: giacca e cravatta per i ragazzi e gonna e camicetta per le ragazze. Ed è proprio a questo mercato, anche se di nicchia, che la Trutex dedica tutta la sua attenzione. Staremo a vedere se sarà un successo e se anche un Paese conservatore come l’Italia accetterà questo strumento di controllo.