Quando sono morta - molti anni fa - non l’immaginate, il dolore. Fu cosa improvvisa, bestiale, ingiusta, atroce. La mia morte non riuscì bene, anche il padreterno fa cazzate.
Eppure ero tranquilla: ve l’avevo detto, che se mi fosse capitato proprio quello, non volevo mi si facesse ancora del male. Macchè. Per 17 anni non mi avete dato retta. Solo i miei si sono dannati. Povero papà, ha urlato per me. Sempre. Questi vostri ultimi giorni indecenti li ho osservati da lontano. Vi ho visto annaspare, ringhiare, insultare. Orrende prèfiche.
La vita non è merce. La vita non è religione. Figuriamoci la morte. Il vostro “diritto”, che regola – e neanche ci riesce – le vostre misere cose affinché non litighiate troppo, è per natura imperfetto, impotente, leggero. Dovrebbe pudicamente star lontano da queste faccende dolorose.
Il male è osceno, ma fa male.
Se non fossi già morta vi direi che mi avevate stancato.
E stavate per fregarmi ancora, con la storia dei decreti-legge, delle firme, della legge-in-tre-giorni.
M’è toccato concentrarmi.
Ma alla fine vi ho fregato.
Eluana
9.02.’09 PGC