quando UT significa Affinché
Anxdgzrushstjdgyrers. Non è un refuso tipografico della post-avanguardia né una sequenza atonale di lettere asfittiche, è semplicemente il modo con cui si comunica dopo essere rimasti orfani dei codici di “Blade Runner” e delle fughe di John Belushi: anxdgzrushstjdgyrers. Incomprensibile? Astruso? Fuorviante? Accattivante? Enigmatico? Misterioso q.b.? No, è solo la nostra quotidianità. È la comunicazione del Terzo millennio, chiusa nella più assoluta cripticità, gonfia del sapere da magazine patinato, orgogliosa della consapevole ignoranza che la caratterizza pesantemente. Il dizionario dei più è composto da duecento termini. Ne bastano pochi, duecento, e il gioco delle finzioni è fatto, per quello delle parti attendiamo un miracolo qualsiasi. Solo duecento miseri termini e la vita potrà iniziare a scorrere, perché sono quelli che occorrono per la redazione pedissequa di un curriculum vitae senza senso e senz’anima, per un qualsiasi dialogo con il collega d’ufficio, con il marito, la moglie, i figli, qualche cognato inebetito e i vicini di casa, e per sintetizzare in due parole l’opera omnia di Giorgio Faletti e Federico Moccia uniti in un abbraccio mortale. Allora è tempo di scommesse solo apparenti, possibilmente da vincere, di quelle in cui la posta in gioco è la già traballante onorabilità di intellettuali disorganici di fronte all’immobilismo dell’erg in un pomeriggio stanco di Simun (tanto per dimostrare che se volessimo, la dimensione aulica potrebbe rientrare fra le corde della nostra comunicazione).La prendiamo per una scommessa sapendo che non lo è. Giochiamo cambiando il gioco in rito fino alla festa delle emozioni ritrovate. Il risultato di questo caos indispensabile è UT, Affinché… Tutte le ulteriori considerazioni nei confronti di un inciso e non di un assioma, sono possibili e concettualmente accettabili, esistenzialmente credibili, umanamente attendibili e politicamente scorrettissime. Ci siamo chiesti “Perchè un titolo in latino?”. E ci siamo dati una risposta: “Perché abbiamo bisogno di un fonema e non di un concetto. Perché abbiamo l’urgenza di ridare forme visive e visionarie a un vuoto volutamente pressurizzato, ricostruendo il percorso della comunicazione dalla nascita, dai vagiti, dal senso e dal valore che ogni oggetto ha, come uno sguardo, un colpo di tosse, lo schiarirsi la gola prima di esalare l’ennesimo non senso della giornata”. UT è nata così, con un suono che somiglia più all’intercalare di cavernicoli disperati a caccia di provviste per l’inverno, che non alle lusinghe dell’english made in Segrate. UT si porta appresso l’universo mondo, quello che vorremmo affrontare cercando di cavalcarlo e non di subirlo, considerato che le armi dell’intelligenza si affilano soprattutto attraverso processi mentali non sempre lineari, e demolendo luoghi comuni, vecchi e fragili come le mura di Gerico ridotte a macerie fumanti. UT vuole rappresentare quel tipo di cultura a cui la maggioranza non è più abituata, e che si affronta solo all’interno di poco credibili cenacoli di pochi credibili intellettuali in pochi credibili luoghi del pensiero. UT abbatte miti e distrugge eroi convinta che non ne occorrano più. Esalta debolezze, differenze, diffidenze, dubbi e incertezze. Polverizza le organicità e valorizza le disomogeneità in un gioco di altri tempi un po’ illuministico, un po’ tardo romantico e terribilmente ideale.Siamo convinti che rappresenti ancora un valore, e non aggiunto, saper leggere una poesia cercando di provare il piacere sottile di perdercisi dentro, ascoltare un brano musicale e lasciarsi andare a mille considerazioni e qualche pensiero, scorrere un giornale e non fermarsi al titolo. Ecco, capire. Affinché si possa leggere, guardare, ascoltare, e subito dopo analizzare allontanando definitivamente le sirene delle vacuità, e considerando che la storia ha già provveduto a ridurre a falò ardente molte delle umane vanità.Amanti follemente perduti della sobrietà e del senso profondo della libertà, vogliamo proporre la nostra idea di “progetto culturale” cercando di porre rimedio, un piccolo argine, alla pochezza delle situazioni e alla omologazione in cui la ricerca di simboli da ostentare ci ha fatto precipitare. E noi un oggetto lo diamo: un tratto, un disegno, un’emozione. Non rientra nelle nostre aspettative né nel modo che abbiamo di porci, scendere in picchiata né abbattere ostacoli insormontabili, qualora ce ne fossero ancora. Vorremmo solo capire, affinché… Massimo Consorti, Direttore di UT (venerdi 30 marzo alle 17.30, presso l'Auditorium della Biblioteca Comunale di San Benedetto del Tronto, presentazione di UT, rivista bimestrale d'arte e fatti culturali.
Alla presentazione interverranno l'Assessore alle Politiche Culturali Margherita Sorge, l'artista Vittorio Amadio, l'art-director della rivista Francesco Del Zompo, il supervisor Pier Giorgio Camaioni e io, cioè il direttore. I brani scelti per introdurre quella che sarà una chiacchierata a più voci, verranno recitati da Piergiorgio Cinì).
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