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Aalcol? no grazie!

Decine di segnalazioni dei genitori allo Sportello dei Diritti l’abuso di  alcolici dei figli. Una nuova campagna contro l’eccessivo consumo: stop alle pubblicità nocive, etichette dissuasive ed avvertenze sui rischi per la salute sulle bottiglie

 

Lo “Sportello dei Diritti” della Provincia di Lecce, la cui delega è stata assegnata all’Assessore Carlo Madaro, ha ricevuto decine di segnalazioni da parte di genitori esasperati dall’eccessivo consumo di alcolici da parte dei figli, determinato anche dalla scarsa informazione sui rischi per la salute e dalla influenza negativa di pubblicità che invogliano il consumo. Le lamentele sono conseguenza del comportamento dei giovanissimi consumatori di tali sostanze: mattinate o giornate intere trascorse nel letto, incidenti stradali che a volte si sono trasformati in vere e proprie tragedie, piccole liti in famiglia.

Lo “Sportello dei Diritti quindi lancia una campagna contro l’abuso dell’alcol e propone alcune soluzioni che servano quantomeno a ridurre il consumo di alcolici nelle fasce giovanili della popolazione.

Una prima proposta sarebbe quella di vietare gli spot sugli alcolici.
Di seguito alcuni dati pubblicati di recente sul consumo tra i giovani.

Se si chiedesse a un gruppo di ragazzi di elencare quali sostanze conoscono e quali ritengono potenzialmente dannose, pochi si ricorderebbero di nominare l’alcol. Segno di una diffusa cultura, frutto spesso delle abitudini familiari, che presenta l’alcol in modo ambiguo. Il risultato è che, mentre da una parte si nota una stabilizzazione del consumo medio pro-capite per la popolazione adulta, dall’altra si assiste a un preoccupante incremento dell’uso o dell’abuso di bevande alcoliche fra i giovani. In Italia ne fanno uso 800.000 under 16 e l’alcol rappresenta il primo fattore di rischio per invalidità, mortalità prematura e malattia cronica tra i giovani ed è la causa della morte di un ragazzo su quattro tra i 15 e i 29 anni. L’alcol, infatti, provoca direttamente o indirettamente il 10% di tutte le malattie, il 10% dei tumori, il 63% delle cirrosi epatiche. Ma all’alcol si possono attribuire anche il 41% degli omicidi e il 45% degli incidenti nonché il 9% delle invalidità e delle malattie croniche. Secondo l’OMS i costi annuali, sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati all’alcol sono pari al 2-5% del prodotto interno lordo. In più l’Italia ha il primato negativo dell’Unione Europea, visto che le prime bevute si fanno già a 11 o 12 anni. Quanto basta per rendere l’alcol una delle sostanze più dannose, se abusata. Ma come invertire questa tendenza? Se ne è occupato uno studio, pubblicato sugli Archives of Pediatric and Adolescent Medicine, che si è soffermato sul ruolo svolto dalla pubblicità di bevande alcoliche. E non è un ruolo da sottovalutare.
Una cosa non è in discussione, esordiscono i ricercatori statunitensi: i giovani negli Stati Uniti sono sottoposti a molta pubblicità sugli alcolici. Uno studio del Center on Alcohol Marketing and Youth, condotto sui giornali nel 2003 ha riscontrato che i giovani tra i 12 e i 20 anni sono stati esposti a pubblicità di birra in una misura del 48% superiore rispetto agli adulti in “età legale” per bere, percentuali analoghe per altri superalcolici, con un dato eclatante, 92%, per i cosiddetti alcopops, ossia aperitivi in bottiglia o cocktail. Esaminando le riviste statunitensi emerge poi che le pubblicità di alcolici appaiono più frequentemente nelle riviste a target adolescenziale. E il trend è in crescita. Dal 1997 al 2001 c’è stata 1,6 volte più pubblicità per ogni milione di lettori tra i 12 e i 19 anni. Un trend analogo si osserva, poi, anche nelle tv o alla radio. La domanda che si sono fatti i ricercatori è: quanto le pubblicità condizionano l’approccio all’alcol dei giovani? I produttori di bevande alcoliche, come già nel passato hanno fatto le multinazionali del tabacco, hanno sentenziato che la pubblicità non influenza il consumo di alcol tra i giovani. Ma mancano le conferme. Lo studio cerca di colmare questa lacuna ed è di fatto la prima volta che un campione longitudinale di giovani negli Stati Uniti è stato studiato. Ma come si è svolto? Il team ha intervistato un campione di giovani tra i 15 e i 26 anni, quattro volte dal 1999 al 2001, suddividendo l’analisi in più fasi: 1872 adolescenti intervistati nella prima fase, 1173 nella seconda, 787 nella terza e 588 nella quarta. In parallelo poi sono stati raccolti i dati riguardanti le spese pubblicitarie effettuate su tv, radio e giornali. I risultati parlano chiaro. Più pubblicità corrisponde a un maggior consumo di alcol. Negli ambienti presi d’assalto dai cartelloni pubblicitari, un giovane di 25 anni arriva a consumare fino a 50 drink al mese. I risultati, commenta l’editoriale, mettono in evidenza come, a fronte del parere dei produttori, l’esposizione a un aggiuntivo messaggio pubblicitario sia correlata a un aumento dell’1% del bere e analogamente ogni dollaro di pubblicità in più porti a un aumento del 3% nel consumo minorile di alcol. L’aspetto vincente della pubblicità sembra essere il messaggio di positività e di successo che ne emerge. Due gli obiettivi perciò. Da una parte ridurre la facilità di accesso dei giovani alle bevande alcoliche, per esempio con leggi più restrittive sull’argomento o con l’aumento dei prezzi delle bevande, dall’altra ridurre l’appeal dell’alcol sui giovani. E per farlo servono campagne mirate dei media.
Un’ulteriore elemento che potrebbe apportare consistenti benefici in tema di riduzione dei consumi potrebbe consistere nell’inserire nella etichettatura delle bottiglie di alcolici slogan dissuasivi e che informino in maniera lapidaria e diretta sui rischi per la salute per i consumatori, in particolare per le fasce più a rischio, tra queste i giovani. Per le sigarette, secondo studi recenti, la nuova normativa ha comportato una drastica riduzione dei consumi; è quindi giunta l’ora di provare anche con le bevande alcoliche. Lecce, 29 luglio 2006

L’Assessore al “Mediterraneo” con delega allo “Sportello dei Diritti”, Carlo Madaro


  

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