Speciale notte degli Oscar: vince "Crash"
LOS ANGELES - I cowboy americani di Ang Lee hanno fatto Crash: resoconto dalla notte degli oscar 2005.
Sono le 5:20 della notte italiana del 5 marzo quando Ang Lee sale sul palco per ritirare il meritato oscar come miglior regista: sembra ormai cosa fatta la vittoria del suo "Brokeback Mountain" anche per la categoria miglior film. È invece Jack Nicholson con fare serafico a rompere l’incanto quando proclama la vittoria del film "Crash", opera prima e corale di un sorprendente Paul Haggis, che con l’inusuale caratteristica di essere un film a basso budget (si dice solo 6 milioni di dollari), lontano dall’influenza diretta o indiretta delle opprimenti majors americane, ha sorprendentemente battuto il superfavorito della vigilia "Brokeback Mountain" pur non essendo precedentemente stato nominato ai golden globe (capitato in precedenza solo nel 1973 con "La stangata"). Nella serata presentata da un effervescente Jon Stewart, dotato comunque di una comicità politically uncorrect forse non del tutto espressa durante lo show, i verdetti si sono susseguiti in maniera inattesa; in una notte degli oscar che già sulla carta si presentava come la più insolita e coraggiosa degli ultimi anni, non c’è stato un film capace di svettare sugli altri, con quattro pellicole che si sono portate a casa il medesimo numero di statuette: "Brokeback Mountain" (regia, sceneggiatura non originale, colonna sonora), "Crash" (miglior film, sceneggiatura originale, montaggio), "Memorie di una geisha" (fotografia, costumi, scenografia) e il "King Kong" di Peter Jackson (suono, montaggio del suono, effetti speciali). Al di là dei cowboy gay che si auguravano di fare bottino pieno forti delle loro 8 nominations, i veri sconfitti della serata sono stati i film impegnati politicamente; "Good night and good luck" di George Clooney e "Munich" di Steven Spielberg (rispettivamente con 6 e 5 nominations) sono tornati a casa a mani vuote: probabilmente non era l’anno adatto per pellicole di questo genere, poco adeguate ad un contesto che voleva prima di tutto affermare il diritto alla vita, con la speranza che fenomeni quali razzismo, intolleranza e corruzione, possano lentamente diminuire in una società come quella americana che spesso si distingue in questi campi in negativo. Escono battuti dalla serata e senza alcun riconoscimento anche "Transamerica", con la casalinga disperata e trans on the road Felicity Huffmann superata dalla meravigliosa Reese Witherspoon nei panni della moglie di Johnny Cash in "Walk the line", Woody Allen con "Match point", David Cronenberg con "A History of violence" e Tim Burton con "La sposa cadavere" (nella categoria lungometraggio animato vinta da "Wallace & Gromit"). Delle 5 nominations che aveva ottenuto, il biopic "Capote" ha vinto solo per l’eccellente interpretazione del protagonista maschile Philip Seymour Hoffman. Attori non protagonisti sono stati invece premiati Rachel Weisz per "The constant gardener" e un deluso George Clooney (troppo scottato dalle delusioni di "Good night and good luck") per "Syriana", il cui riconoscimento è suonato più come una beffa che come un riconoscimento. Delusione infine per i colori italiani, battuti sia nella categoria miglior film straniero ("Il suo nome è Tsotsi Tsotsi" invece che "La bestia nel cuore" della Comencini), ma anche in quella dei costumi (per "La fabbrica di cioccolata") ed in quella della colonna sonora (per "Orgoglio e pregiudizio").
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