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“Il latitante” (Sony BMG, 2007) |
Daniele Silvestri “Il latitante”
Etichetta: Sony BMG Brani: Mi persi / Faccia di velluto / La paranza / Il suo nome / Sulle rive dell’Arrone / Io fortunatamente / Gino e l’Alfetta / A me ricordi il mare / Ninetta nanna / Che bella faccia / Prima era prima / Love is in the air / Ancora importante Produttori: Enzo Miceli & Daniele Silvestri
Benediciamo gli anni di pausa che Daniele si è preso dopo “Unò-dué” e diciamo loro grazie perché nessuno degli ammiratori della prima ora poteva chiedere nulla di più di un lavoro come “Il latitante”. Dentro c’è La paranza, che ha segnato il ritorno del Nostro a Sanremo e gli è valsa consensi unanimi. D’altra parte, sul palco dell’Ariston Daniele non ha mai deluso. Per lui quattro partecipazioni e quattro strike. Quale cantante degli ultimi tre decenni può vantarsi di aver portato in una rassegna troppo spesso becera ed inutile quattro canzonette-capolavoro come L’uomo col megafono, Aria, Salirò e La paranza?
Non si fa in tempo a mettere il cd nel lettore e l’iniziale Mi persi chiarisce subito che quello che ci aspetta non è un album qualsiasi. E’ la ciambella uscita dal forno col buco perfetto, è il miglior Silvestri dai tempi de “Il dado” e, in alcuni casi, il miglior Silvestri di sempre. Proprio Mi persi è uno dei casi in cui profondità e originalità del testo vanno di pari passo con la bellezza e l’eleganza dell’arrangiamento e ascoltarla con un’emozione e un rapimento che fanno gridare al miracolo diventa la cosa più facile del mondo. Quale lucidità arroventa i versi «ma sì ma sì lo so/che avrei dovuto prenderti e sfidare il mondo/è solo che mi persi» se non quella di un rimpianto chiuso a chiave dentro un cuore con una predisposizione al tragico che te lo fa sentire vicino tanto così? E’ che arriva per tutti il momento di prendere la chiave ed aprire. Di farli certi discorsi, di avvertirle certe persone, di chieder loro scusa, di farle sentire importanti da capo, di andarsene lasciando un bigliettino, di tornare con le tasche del cappotto piene di coraggio, di nascondersi senza lasciar tracce. Forse parla di tutto questo Mi persi. L’altro momento di conclamato stato di grazia dell’autore è la traccia numero cinque: Sulle rive dell’Arrone è brano centrale del progetto per durata, complessità e – valore aggiunto – climax di irresistibile malinconia. Una riflessione che sfiora la morbosità del più disperato Morgan solista (Aria, Canzone d’amore e di vanità), con l’immane presenza della donna-ossessione per la quale si scomoda il metafisico, colpevole di aver per lei inventato l’inferno, per lei «il senso più malato della parola eterno». L’ossessione, placata, si accantona nel brano successivo, per lasciar spazio ad una splendida leggiadria. Io fortunatamente, all’apparenza canzone meno impegnata (forse perché è quella più rock?), è invece, nella sua semplicità, un canto di autoaffermazione dannatamente efficace: il protagonista sembra essere lo stesso de La paranza, che smessi i panni del ballerino, si prende la rivincita sulla maleducazione sentimentale di chi lo circonda, maledicendosi e maleducandosi a sua volta. «Io fortunatamente sono dotato di una scarsa sensibilità/sennò diversamente io non stavo qua/…/di amore non dispongo ma fermati un momento/così ne prendo la giusta quantità», canta Daniele e ti fa saltare dalla sedia per farsi accompagnare nel canto.
La consueta ricercatezza musicale e una maturità di scrittura forse mai così chiara creano in ognuno dei brani sorpresa e piacere. Qualche altro titolo? Ninetta nanna, colpo di bacchetta magica per una ballata che potrebbe essere stata scritta, scegliete voi, da Nino Manfredi, Alberto Sordi o Antonello Venditti. A me ricordi il mare, pezzo di umori estivi in collaborazione con gli Otto Ohm. Poi Gino e l’Alfetta che, a ritmo di dance, racconta lo sfogo-confessione di un uomo sposato che ha trovato nel Gino del titolo la metà perfetta. Nessun altro aveva mai cantato l’omosessualità con tale ironia e con la schiettezza di versi così importanti: «una sorta di errore una cosa immorale o nel caso migliore un giullare, un fenomeno da baraccone e lo tollererai solo in quanto eccezione e lo tollererai solo in televisione lo chiamano gay e tu pensi ricchione». Chiude Ancora importante con gli Inti Illimani, perché il rivoluzionario che c’è dentro Daniele non riesce a tacere neanche stavolta. «Mille discorsi teorici valgono meno/di pochi secondi»: Daniele Silvestri è tornato. Smagliante.
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Pierluigi Lucadei
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Recensioni |
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il 04 Apr 2007 alle 16:00 |
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