di Chiara Poletti
linguaggi globali e pubblicità delle multinazionali Spot, pubblicità. Quanto se ne parla, e quanta se ne vede? Secondo le ultime statistiche, un cittadino è sottoposto a 3.000 sollecitazioni al giorno ma raramente viene mostrato il backstage, lo staff che fa mettere in moto milioni di euro. E così incontrando un celebre Art Director italiano, si scopre che dietro il mondo della pubblicità ci sono registi, letterati, e i più grandi talenti d’oggi, come ad esempio Ridley Scott per la Apple.
C’è qualcosa di artificiale, virtuale, surreale dietro il mondo della pubblicità? Al contrario. C’è molta più letteratura, cinema, arte e psicologia di quanto si creda. Perchè quello che le aziende chiedono agli autori della pubblicità, è vincente se sfiora la poesia. E ciò che le grandi aziende vogliono comunicare in 30 secondi, richiede capacità di sintesi, capacità artistica che si declina in svariate forme e modalità che sono estremamente complesse, e non soltanto codificate per immagini e ritmi frenetici dettate dal tempo. Si tratta, cioè, di una tecnica molto “alta” di fare piccole regie.
Ed è questo in sostanza quello che hanno rilevato due importanti operatori della comunicazione mondiale. Sono art director che hanno lavorato per Barilla, la Ericsson e per i marchi più potenti delle multinazionali. Alberto Contri, Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso ed ex Consigliere d'Amministrazione Rai, e Franco Moretti, Presidente dell'Art Director's Club Europa, intervenuti in un convegno culturale dedicato a Dante Alighieri, nella città di Ravenna che accoglie la Tomba di Dante, e che celebra il 13 settembre l’anniversario della morte del sommo poeta. la città turistica sulla costa adriatica, famosa per i suoi mosaici bizantini, proprio in questa giornata, ha reso omaggio al vate della lingua italiana con una riflessione di ampio respiro sia dal punto di vista storico sia linguistico. E il titolo, alquanto stuzzicante per una rassegna letteraria, era niente meno che Ulisse o la pubblicità: nuove frontiere o consiglieri fraudolenti? Un viaggio nel fascino e nei "peccati" di una professione che ha dato il volto alla nostra modernità. Curiosa allora, l’iniziativa ideata da un certo Laboratorio delle Idee di Bologna, una nuova realtà fresca e frizzante diretta da Davide Ronconi, poeta, docente ed editorialista che dirige la sezione universitaria di poesia a Bologna.
Sempre più spesso, infatti, gli spot che passano in tv, sono cortometraggi e baby-storie che viaggiano nell’immaginario dello spettatore dopo aver spento il video, delle sorti di “gironi dei golosi”. Anziché noiosi elenchi di qualità specifiche di un detersivo, sono diventate “piece drammaturgiche” in cui si parla di emozioni, suggestioni, batticuori, gioie e dolori. Sono l’espressione in pillole delle nostre emozioni, tradotto da fotografi, musicisti, grafici, illustratori, fumettisti in grado di parlare di amicizia, valori, amore, fedeltà, come nessun altro. “E non è un caso –spiega Contri- che grandi registi americani, partono proprio dal mondo della pubblicità, come il regista Ridley Scott divenuto celebre con il lancio dello spot per la Apple Macintosh -insieme al fratello Tony, e ai registi Alan Parker (Evita, Le Ceneri di Angela)e Hugh Hudson (Momenti di Gloria). Tuttavia, non è vero il contrario. Ad esempio, Fellini e altri grandi registi, non hanno avuto fortuna fuori dal loro formato di un’ora e mezza”.
E l’altro aspetto che colpisce, è il metodo di lavoro. Seppur nella pubblicità, lo spettatore non è predisposto a impegnare la mente, la pubblicità, riceve un “Oscar” perchè rappresenta contemporaneamente stupore e persuasione. Deve cioè divertire e catturare lo spettatore. E rispetto al film, ha in delle responsabilità più verso l’impresa non essendo un prodotto creativo fine a se stesso. Ha insomma una severa deontologia. “E’ un lavoro che a differenza di quanto si possa pensare, - dice Moretti- è estremamente articolato da realizzare sia dal punto di vista dei contenuti sia della forma. Il mondo è pieno anche di tanta comunicazione spazzatura, ma quella viene di solito ignorata, anche perchè, oggi, ognuno di noi è sottoposto a circa 3 mila sollecitazioni al giorno. Allora ci costruiamo una difesa naturale nei confronti della comunicazione, degli anticorpi tali per cui quello che non è fatto bene non arriva. Si possono spendere valanghe di denaro nella comunicazione, in sostanza, senza nessun risultato.
Chi lavora in questo campo ha studiato marketing, sono analisti di mercato, ma anche grandi talenti letterari, registi, illustratori, attori, musicisti, direttori della fotografie che operano in equipe e in sequenza; è un luogo in cui veramente si concertano una grande quantità di talenti che lavora in perfetta armonia tra loro, perchè. Comunicare non è informare, ma riuscire ad “innestare interesse” nell’interlocutore in questa marea di stimoli quotidiani. E per farlo bene bisogna essere sinceri, diretti, trasparenti, onesti. Essere fraudolenti, non è economicamente conveniente, perchè se il messaggio è falso, il cittadino lo vede subito. E casualmente le aziende che investono di più, sono proprio quelle non fraudolente. La pubblicità è la verità ben vestita. Comunicare è un bel vestito. Comunicare è vivere.
L’emozione che guida la pubblicità globale
La tecnica pubblicitaria sfiora momenti di alto artigianato ma anche di arte, cinema e cultura. E rimanda delle immagini nel giusto momento dell’attualità. La pubblicità dall’inglese significa comunicare il sentimento e anche in Italia le più grandi aziende sul mercato internazionale lavorano sulle emozioni e su queste lunghezze d’onda. La pubblicità è addirittura classificata, in 10 capitoli a seconda delle emozione che suscita: la pubblicità emozionante di solito molto poetica e musicale (come Telecom che utilizza la voce di Gandhi o Nike “con il concetto dell’assenza di gravità”), la pubblicità affacciante (Enel e Knorr) quella divertente (Axe, Adidas e le candid camera del marchio Coop), la pubblicità che stupisce (Red Passion di Campari, ingegner jeans della Levi’s,) quella coinvolgente (Barilla), quella che suggerisce (Eni), che aggrega, (Nike), quella globalizzante (Peugeot, in cui una vecchi auto, va contro un muro ammaccando la carrozzeria per modellarsi fino a sembrare quella marca tanto sognata) quella giocosa (Nike), quella che racconta storie (Fiat 500, il cui testo è stato scritto proprio da Sergio Marchionne) che riesuma emozioni infantili (la Chiesa Cattolica, Star) e quella che fa crescere e pensare (Dove, Pubblicità progresso).