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Ritorna Michele Soavi con “Arrivederci amore, ciao”

L’ultimo film di Michele Soavi che uscirà nelle sale il prossimo 24 febbraio promette di stupire il pubblico con una storia tratta dall’omonimo romanzo di Massimo Carlotto. Le dichiarazioni del regista e del protagonista Alessio Boni.
Mancava da dodici anni nelle sale cinematografiche, da quando uscì il suo ultimo film, Dellamorte Dellamore. Da allora Michele Soavi ha lavorato tanto per la televisione (La uno bianca, Il testimone) legandosi comunque a personaggi cult del mondo del cinema come Dario Argento o Joe D’Amato. Ritorna ora riprendendo il romanzo di uno degli scrittori noir più seguiti in Italia, Massimo Carlotto, Arrivederci amore, ciao che poi altro non è che un passaggio di Insieme a te non ci sto più, stupenda canzone di Paolo Conte e Vito Pallavicini del 1968. “Ho aspettato così tanto perché il mio ultimo lavoro per il cinema rappresentava certo un punto di rottura e non è stato così semplice trovare una storia che potesse rappresentare una continuazione nel mio lavoro precedente e al tempo stesso colmare il vuoto del cinema italiano”. Una ricerca che si conclude quindi nella riproposizione delle vicende che interessano un ex-terrorista, Giorgio Pellegrini, che per sfuggire dall’ergastolo in Italia si rifugia in un avamposto di guerriglieri nel Centro-America. Cerca di ricostruirsi una nuova vita, di cancellare il passato e di reintegrarsi nella società, magari entrando a far parte della gente che conta. E magari anche senza scrupoli o remori, costi quel che costi. Per questo decide di ritornare in Italia ma il suo cammino verso la redenzione si rivelerà più tortuoso del previsto, di scheletri nell’armadio ne ha e pure parecchi e ogni tanto riaffiorano. Il regista sostiene che  “si tratta di un romanzo rischioso, senza speranza, senza lieto fine. Altresì è un film sperimentale che spero possa aprire un affluente al genere del noir e che vaì dritto per dritto senza ipocrisie”. Sulla stessa linea di pensiero, Alessio Boni che nel film interpreta il Pellegrini: “ E’ un libro che mi attira e ripugna allo stesso tempo. Quando l’ho finito di leggere sono rimasto praticamente senza parole perché va dritto come volo di freccia fino alla perdizione”. Una storia dei giorni nostri, di quella corruzione e di quella sensazione di marcio che fuoriesce impetuosa  come torrente in piena, si insinua come coltello nel burro, e come tale difficile da prevedere e prevenire soprattutto se è propria di chi è predisposto a tenere a bada e controllare la furia e la forza delle acque. Non è certo un film facile così come non è banale ma quantomai reale la figura di Giorgio Pellegrini. “Non vuole essere un mafioso o un corrotto ma una persona come tante altre, normale tra normali, pulita tra puliti. Ma il destino vuole che inciampi in un subdolo commissario della Digos, in un amore che non lo sostiene. Alla fine pensa di aver trovato un barlume di luce in Roberta, romantica e radiosa, ma proprio allora i fantasmi del passato riaffiorano pesanti come macigni”. Il bello de La Meglio Gioventù infatti non avrà certo avuto vita facile nel calarsi nei panni di cotanto personaggio che, come sostiene Soavi “è certo un criminale ma è anche un uomo che aspira al bene, perché la sua storia, l’intera storia è quella della riabilitazione, della redenzione come processo purificante. Aspira al bene ma non ci riesce, è come una sorta di scalata su di una parete dritta”. Il regista non risparmia due parole nemmeno per Michele Placido che nel film interpreta il commissario Anedda: “ Michele si è apprestato a questo ruolo in maniera efficace ed efficiente anche se non è stato semplice. Bisognava trovare infatti in lui una motivazione di subalternanza nei confronti di Pellegrini. E non è stato nemmeno semplice fargli assumere quell’accento sardo tipico del personaggio”.
Una storia piena di phatos e drammaticamente aderente al vero storico. E di ciò ne va fatto plauso a Massimo Carlotto come sostengono sia l’ex aiuto regista di Dario Argento che lo stesso Boni. “Nel panorama letterario è una sorta di mosca bianca. Scrive cio che sà e che ha vissuto sulla propria pelle. E’ per questo che diviene una sorta di cantore dei problemi e dei pensieri quotidiani.” Inoltre se “a ciò si aggiunge che ha grande talento artistico, afferma l’attore, allora si capisce il perché riesca ad essere così veritiero come pochi altri, come Camilleri ad esempio”.
La speranza è che questa non sia l’ennesima occasione mancata del cinema italiano bensì una scossa rivitalizzante. D'altronde anche Soavi è convinto che il cinema italiano stia ormai uscendo dalla crisi industriale e di idee. “ Credo che prima di arrivare ad affermazioni definitve bisogna aspettare. Aspettiamo! Penso che il fatto di avere ai Golden Globes un film come Romanzo Criminale vuol dire che forse c’è  o almeno ci sarà qualcosa. Io auguro a tutti di avere la possibilità di raccontare storie che non abbiano per forza un lieto fine, una convenzione che ormai ci sta alquanto stretta”.
Simone Grasso      
Cutura e spettcoli - sabato 18 febbraio 2006, ore 16.30                  

 Claudio Palestini

Cultura e Spettacoli

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