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"Onorevoli wanted" (Editori Riuniti, 2006)

Peter Gomez, Marco Travaglio “Onorevoli wanted”

Nei quartieri di Scampia e Secondigliano a Napoli la percentuale di delinquenti è più bassa. E se dovessimo immaginare un posto da far presidiare alle forze dell’ordine dovremmo inevitabilmente convincerci che il Parlamento italiano è per il 10% popolato da ventiquattro pregiudicati (condannati con sentenza passata in giudicato) e da una sessantina di coinvolti a vario titolo in problemi giudiziari (prescritti, amnistiati, inquisiti etc…). In tutto ottantadue su circa 900, una percentuale a dir poco scandalosa, che trasforma di fatto il nostro Parlamento in una specie di “casa circondariale” per gli eletti del popolo. Un’altra anomalia italiana, una condizione ai limiti del surreale, se si pensa che un pregiudicato ad esempio non può fare il vigile urbano, mentre può tranquillamente entrare alla Camera, senza che nessuno muova un dito.
Marco Travaglio e Peter Gomez bissano il censimento del 2001 (“La repubblica delle banane” – Editori Riuniti) offrendoci un manuale aggiornato al 2006, utile a destreggiarci fra quelle che gli autori stessi chiamano le quote marron, usando elegantemente, attraverso il colore, una metafora che deriva dalle tanto discusse quote rosa nella politica; anche se il libro non parla solo di politica, ma anche di tutto ciò che gli gira attorno. Perciò il libro è organizzato per “bande”.
Apre la banda Parmalat, ovvero il capitolo dedicato a quella quarantina di politici tirati in causa da Tanzi, che confessò di averli pagati a vario titolo per garantirsi protezione e mancato controllo nella sua corsa alla bancarotta da tredici miliardi di euro, che, con la complicità delle banche, ha messo sul lastrico centinaia e centinaia di risparmiatori. I politici però se la sono cavata perché la Procura di Parma ha adottato la linea del “pensavano che i soldi ricevuti fossero del patrimonio personale di Tanzi e non che lui li avesse sottratti all’azienda…”; se non fosse per questa assunzione, le quote marron arriverebbero a più di centoventi (nemmeno in Thailandia…).
Poi c’è la banda furbetti, da Fazio a Fiorani, da Gnutti a Consorte, da Ricucci a Grillo (parlamentare di Forza Italia); l’intreccio fra Banca d’Italia, banchieri rampanti, finanzieri, speculatori e politici che, grazie alle intercettazioni del 2005, sono finiti sotto inchiesta per aggiotaggio (rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio), insider trading (abuso di informazioni privilegiate) e quant’altro. Un capitolo questo che culmina nel racconto della visita estiva di Giampiero Fiorani (ex amministratore delegato della Banca Popolare di Lodi) presso villa La Certosa, tenuta estiva privilegiata di Silvio Berlusconi in Sardegna. Un racconto fatto dallo stesso protagonista perché estratto dal verbale dell’interrogatorio tenuto davanti al Pubblico Ministero di Milano Francesco Greco: un verbale che sembra uno sketch di Aldo Giovanni e Giacomo, tra il racconto dell’arrivo a piedi con cactus al seguito e la descrizione del tour all’interno della tenuta, con annessa guida turistica ad opera dell’ex Presidente del Consiglio.
Poi naturalmente la banda Berlusconi, con i suoi amici pregiudicati Previti e Dell’Utri, le cui vicende di corruzione giudiziaria e frode fiscale sono note ormai a tutti (si spera). Ma anche Lorenzo Cesa (segretario Udc) che faceva il porta-tangenti al ministro Prandini (detto “Prendini”), Cirino Pomicino (sta tornando all’Udeur) che faceva fare la carità con le mazzette degli appalti e Sergio D’Elia (Rosa nel Pugno, segretario della Camera), condannato per banda armata e concorso in omicidio.
Ce n’è per tutti i gusti, le pagine sono settecento, e amare, per chi ancora riesce a dire “basta!”.


 Francesco Serafini

Recensioni

Oblò: Appunti e Spunti

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