Sfogliando le pagine del portale Studenti.it, ho notato un argomento più che interessante e ormai di perenne attualità, soprattutto negli ultimi anni: la difficoltà e le condizioni economiche a cui gli studenti italiani sono sottoposti nella ricerca di stanze ed alloggi in concordanza con l’inizio dei corsi di laurea.
Il sito ha focalizzato la situazione in una ricerca che bene fotografa il business degli alloggi, dove i giovani universitari altro non sono se non l’anello debole di una catena scarsa di eventuali alternative alla scelta acconsentente le condizioni proposte dai proprietari.
Tale sondaggio è risultato testimoniare con la certezza della matematica quella che ormai è una consueta situazione con cui i ragazzi in cerca di sistemazione (in particolar modo se fuorisede) sono costretti a convivere: l’aumento in appena dieci anni degli affitti del 250%, per una media mensile odierna di un posto letto di ben 360 euro, per di più senza alcun regolare contratto di affitto, e dunque senza alcuna dichiarazione nei riguardi del Fisco italiano (41% dei casi).
Puntare l’indice contro i “succhiasangue”, ovvero contro chi è responsabile del caro affitti non è cosa facile, a giudizio di quel 43% degli studenti che fra l’altro si sente in qualche modo costretto ad accettare data la mancanza di alternative (basta pensare agli alloggi universitari certamente insufficienti, con l’offerta di soli 50.000 posti da gestire per un totale di 400.000 ragazzi fuori sede, ovvero un posto letto ogni otto). Come replicare se alla domanda “perché hai deciso di accettare un contratto in nero?”, il 48,6% ha risposto che quello “è l’unico modo per avere un posto letto”.
Per la serie “o questa minestra, o…”