Lo pensavo da sempre, dal tempo delle elementari, quando il maestro Borri ce la indicava con la canna sulla carta geografica “fisica”.
Me la figuravo molto marrone, del resto di marrone intorno ce n’era tanto.
Nessuno di noi la conosceva (neanche le altre città conoscevamo).
Ma ci era simpatica. Anche perché, a burbera domanda, sapevamo trovarla sempre. Bastava puntare il centro dell’Italia e infilzarla dalle parti dello scurissimo Gran Sasso.
Peccato che non aveva il mare, non riuscivamo a immaginare perché. Ci dispiaceva.
Ma poi L’Aquila per noi ragazzi era un nome imbattibile, insuperabile, avventuroso, dal fascino inimitabile.
L’Aquila era più del leone, galoppava la fantasia.
Te la ricordavi sempre, come Roma.
Altro che Vicenza, Macerata, Cosenza, Grosseto… che pure ci toccava imparare a memoria [ in ordine alfabetico]. Le province erano il nostro rosario obbligato, come le tabelline.
L’Aquila, nome potente e bello. Libero e coraggioso. Unico e sicuro. Già, sicuro. Guarda oggi…
8.04.’09 PGC