IL NOSTRO DOPPIO MOVIMENTO: oltre questo tempo, per possederlo.
23/09/2008 - Parafrasando un noto cantante, la seconda edizione è sempre più difficile. La prima, l’anno scorso, aveva i tratti dell’avventura. E dell’incoscienza, è giusto ammetterlo.
Forse è anche per questo suo entusiasmo agitato che un concorso come Il nostro tempo è ora ha conosciuto un debutto felice.
Non l’abbiamo perso, quello stato d’animo. Anzi, nella tempra di quell’esperienza il nostro gruppo è cresciuto insieme per tutto un altro anno, fortificando rapporti e intensificando competenze. Per uno strano paradosso, o forse perché ci abbiamo preso gusto, sembra ancora più fresca in noi la voglia di dar vita a una nuova edizione de Il nostro tempo è ora che possa mostrare buone visioni, accendere intense discussioni, dar voce agli autori e al loro pubblico, animare conoscenze e saperi e – perché no? – scaldare amicizie, tra noi del gruppo organizzatore, le ragazze e i ragazzi di tutta Italia della giuria popolare e gli autori. Le stelle polari sono sempre due: il documentario come cono di luce sugli oggetti e i soggetti reali e la gioventù come occhio sulle cose vive. Quindi, eccoci qua.
Dicevo tuttavia che la seconda volta chiama a passare un varco più azzardato.
C’è più senso di quello che si fa, e lo si vorrebbe fare bene, al meglio addirittura. Cosa impegnativa per un gruppo di ragazzi, in piena autonomia gestionale (sebbene con l’indispensabile sostegno della Fondazione Bizzarri e della Direzione artistica del premio).
Ma c’è soprattutto un’edizione che cresce. Senza dubbio in quantità. Tre giorni di concorso al posto di due. E, soprattutto, due sezioni in gara laddove ce n’era una. E proprio qui sta la nostra scommessa di quest’anno.
Mi spiego. Per la prima volta quest’anno abbiamo corso un rischio proponendo un bando di concorso per i documentari in gara a Il nostro tempo è ora. È andata bene: ne abbiamo scelti sei tra quelli pervenuti. Ma siamo andati oltre: per offrire un panorama ancora più ampio rispetto allo spettro già eterogeneo del concorso ufficiale, il nostro gruppo ha deciso di costituire Oltretempo, una sezione a latere che avrà anch’essa una sua gara tra cinque opere da noi invitate e decisa da quella medesima giuria popolare che è il vero tratto di originalità di cui siamo più orgogliosi.
Se pronunciando Il nostro tempo è ora si richiama un’esigenza di protagonismo non retorico delle giovani generazioni nella realtà materiale, nel presente crudo della nostra epoca, così lontano dai modelli televisivi e dall’ideologia della finzione, con il nome Oltretempo abbiamo voluto insistere sullo stesso tema e insieme cambiare prospettiva. Le due cose si tengono, sono complementari e interdipendenti.
È nostra intenzione infatti dichiarare come non c’è capacità di agire e trasformare il presente senza andare oltre il proprio tempo: possedere scaglie di passato e aprire squarci sul futuro, sfuggendo alla mummificazione delle nostre idee di vita e dei nostri progetti di mondo. Combattere il grigio precariato sociale che condanna i giovani odierni a essere meri produttori a progetto e consumatori a molla sta proprio in questa riconquista di uno spazio più vasto, oltre il tempo stretto. Scartare al di là di una condizione già scritta, contingente ma tremendamente fatale, che fa assomigliare i giorni gli uni agli altri svuotando via l’energia della nostra età.
In altri termini, ciò che ci dice il documentario, il cinema della realtà, è che per cambiare una storia, più storie, bisogna rifiutare le caselle preordinate e montarci da soli i nostri pezzi di realtà. Interrogare quello che abbiamo intorno, con il nostro sguardo più vispo, dietro una telecamera o davanti a uno schermo: questo è certamente un modo, un buon modo di farlo. Questo ci piace tentare ancora con la seconda edizione de Il nostro tempo è ora.