“The Jean Michel Basquiat Show” è il nuovo evento organizzato dalla Triennale di Milano in collaborazione con Chrysler. Dopo Andy Warhol e Keith Haring si aprono le porte ad un’artista la cui vita è paragonabile al passaggio di una cometa, Jean Michel Basquiat. Il primo aspetto che viene in mente pensando a lui è la sua morte per overdose da eroina a soli 28 anni, le origini afroispaniche, l’amicizia con Warhol, il difficile rapporto con il padre che lo ha portato più volte a scappare di casa, lo smoderato utilizzo di droghe che lo portava a contatto con una dimensione onirica ma che allo stesso tempo gli permetteva di sopportare i febbrili ritmi di produzione artistica, la relazione con la pop star Madonna e la frequentazione del Mudd. Insomma, la sua vita rappresenta in tutto e per tutto uno spaccato della New York degli anni ’80. Ma, lasciando la sua vita da parte, cosa si sa della produzione artistica di Basquiat? Quale estro geniale aveva un writer che a 17 anni scriveva frasi enigmatiche sui muri di SoHo - “uso le parole come fossero pennellate”, firmandosi SAMO (nda probabilmente l’acronimo di “same old shit”) - per raggiungere una fama tale da entrare nella Factory di Warhol? Al fine di dare una risposta bisogna precisare che Basquiat è stato un artista a 360 gradi. Oltre alla sua principale passione per la tela, era un amante della musica jazz. A 19 anni fonda una band musicale, Gray, in cui suona il clarinetto ed il sintetizzatore girando per i vari club in cui occasionalmente fa anche il Dj. Non solo. A 20 anni è stato protagonista del film New York Beat (uscito nelle sale nel 2000 sotto il nome di Downtown 1981) e proprio in questo momento si apre la sua carriera di pittore. Con i soldi guadagnati attraverso la produzione e l’uscita del film ha potuto acquistare tutto l’occorrente per dedicarsi alla forma artistica che più lo ha reso celebre. E’ il 1981 l’anno in cui inizia la sua ascesa.
Era un artista autonomo, non inquadrabile in una determinata corrente al punto che lui stesso si definiva un “analphabet artist”. Non c’è dubbio che la concezione artistica di Basquiat sia stata certamente influenzata da Dubuffet e la sua idea di arte informale nella quale i tratti sono caratterizzati da un certo infantilismo al fine di raggiungere una maggiore comunicatività. Ma allo stesso tempo il tratto di Basquiat non è paragonabile a quello di Dubuffet. Alcuni hanno definito Basquiat “l’anti-Warhol”. Se la pop-art di Warhol è il riflesso ironico e satirico di una New York borghese, stereotipata e consumistica, l’arte di Samo rappresenta la faccia opposta della medaglia: l’indifferenza, la discriminazione e l’emarginazione della stessa New York. Ma non basta solo questo per cercare di individuare il tratto caratterizzante della sua produzione artistica. Basquiat cerca di riversare nelle tele il suo vissuto passato e le sue origini afro ispaniche. All’età di 6 anni Jean Michel fu investito da un’automobile e sua madre, durante la degenza in ospedale, gli regalò un libro di anatomia, The Gray’s Anatomy. Tale lettura lo influenzò al punto che elementi di anatomia umana sono riscontrabili in moltissime delle sue opere. E non si può dimenticare la terra africana: sebbene non ci sia mai stato, il suo attaccamento per questa terra è fortissimo; molti suoi disegni richiamano una forma d’arte pittografica. Tirando le fila, la sua arte è una sorta di sintesi tra la primitività e l’istintività rappresentata dalla cultura africana da una parte, e la violenza e l’ipocrisia del mondo in cui vive e che non è mai riuscito a sopportare dall’altra. Emerge così come sia un’impresa ardua descrivere la pittura di Basquiat, legata ad un espressività istintuale che porta l’osservatore ad entrare in contatto con l’inconscio umano. Il suo tratto rabbioso ed aggressivo è un urlo che entra e trafigge come un pugnale l’animo umano tirando fuori tutto ciò che esso cela. Questa è l’arte di Basquiat: non va spiegata, va osservata. Molti dei suoi lavori si potranno ammirare alla triennale di Milano dal 19 settembre al 21 gennaio 2007, la più grande esposizione europea mai realizzata che ospiterà 80 dipinti e quaranta disegni dell’autore e molto altro ancora. Sarà presente anche il Chrysler Box: un’ installazione multimediale che racconta attraverso filmati inediti, musiche ed immagini le radici del genio di Basquiat. Siamo di fronte ad un evento da non perdere che consente allo spettatore di prendere contatto con il mondo dell’autore e, se fosse lo stesso Basquiat ad invitarci, userebbe le parole di una sua canzone: “the story you are going to see is…purely magical”
“Già da quando avevo 17 anni ero convinto che sarei diventato famoso. Pensavo a tutti i miei miti: Charlie Parker, Jimi Hendrix… Avevo una curiosità romantica di sapere come la gente ce l’aveva fatta”
«The Jean-Michel Basquiat Show» Triennale, viale Alemagna 6, tel. 02.72.43.41. Orari: mart. dom. 10.30/20.30. Ingresso: 8-6 euro. Dal 19 settembre (ore 18.30, a inviti) al 21 gennaio 2007