Chiusa l’esperienza editoriale della “Voce delle Marche”, storico settimanale della Diocesi fermana. Quattro colleghi rimasti senza lavoro: solidarietà dell’Ordine.
Ha chiuso la “Voce delle Marche”. L’editore (Una Società della Curia fermana) ha deciso di chiudere questa esperienza editoriale senza minimamente preoccuparsi del futuro dei colleghi che vi hanno lavorato per quasi tre anni. Anche la Curia segue le rigide regole del mercato. Forse, in questo caso, sono state eluse e superate anche quelle.
La Voce delle Marche è un settimanale con una prestigiosa storia alle spalle. E’ stato fondato nel 1892. Dopo un lungo periodo di interruzione la Diocesi aveva deciso di riprendere le pubblicazione il 4 marzo del 2005. In una conferenza stampa era stata presentata l’iniziativa, voluta dal compianto arcivescovo. Mons. Gennaro Franceschetti. La direzione era stata affidata a don Mario Lusek, mentre direttore responsabile era stato nominato il collega Giuliano Traini.
In questi due anni e mezzo la “Voce delle Marche” ha svolto una funzione importante. Ha seguito con attenzione le vicende culturali, sociali ed economiche del territorio. Ha affrontato i problemi locali con inchieste e approfondimenti e ha cercato di interpretare l’attualità con riflessioni e commenti.
Con la fine di novembre la Società editrice ha deciso di chiudere i battenti: cessate le pubblicazioni, chiuso il Sito, licenziati tutti i collaboratori. Tutto fatto alla chetichella: la chiusura di un giornale trattata alla stregua (forse anche peggio) della rottamazione di una vecchia e cadente autovettura. L’Ordine dei giornalisti delle Marche non può far nulla contro le decisioni d’imperio di un editore, ma segnala questo comportamento anomalo che considera ancora più grave perché compiuto da una Società editrice che in occasione della presentazione dell’iniziativa editoriale aveva sottolineato di ispirarsi a ben altri principi e valori.
Ai quattro colleghi rimasti senza lavoro il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti delle Marche esprime la propria solidarietà che serve a ben poco sul piano pratico, ma è almeno un segno di vicinanza e di condivisione.
Giannetto S. Rossetti