32ma America's Cup.



Act6: Da “Underdog a star”, + 39 ruba la scena a tutti.

-Act6: Grande successo per i Match Race svedesi

( Malmö 31-8-2005) La prima tranche dei Malmö-Skåne Louis Vuitton Acts si è conclusa e bisogna stilare classifica e pagella, pur sapendo che le regate di flotta spariglieranno i risultati in cartellone. Il tempo ha collaborato, permettendo lo svolgimento di tutti i match in programma. Per alcuni giorni il vento ha soffiato forte, regalando emozionanti regate a team, pubblico e fotografi, incantati dallo spettacolo delle vele che si stagliavano contro il ponte dell’Øresund.
Durante i week end sono state centinaia le barche spettatori che hanno accompagnato il team svedese sul campo e anche l’AC Park è stato preso d’assalto da visitatori, appassionati e famiglie, elettrizzati all’idea di poter toccare con mano la mitica America’s Cup o di seguire le regate dal vivo sui maxischermi. 
Il Defender Alinghi conduce la stagione 2005 con 22 vittorie di fila. Dopo aver concluso imbattuto gli 11 match di Valencia, Peter Holmberg ha passato la staffetta a Jochen Schuemann che ha raddoppiato il risultato. I delta, come sempre, dicono più di mille parole. Se guardiamo i distacchi finali, vedremo che Schuemann ha aumentato le distanze con BMW ORACLE Racing (con cui ha chiuso in 01.29 contro i 27” di Valencia) e con ETNZ (02.03 contro 25”) mentre ha sofferto Luna Rossa (25” contro 01.00 di Valencia). L’equipaggio difensore della 32ma America’s Cup appare sempre più distaccato dal resto della flotta.
Al secondo posto troviamo BMW ORACLE Racing, capace di sbucare fuori dalle nuvole temporalesche e di dare il meglio di sé nel rusch finale. Dopo una sequenza di sostituzioni ai vertici del team, che avrebbe azzoppato qualsiasi altro sindacato, il Challenger of Record infila 10 regate su 11 perdendo soltanto contro Alinghi. “Siamo un grande team e abbiamo la possibilità di ruotare le persone continuando a far volare la barca”, aveva detto Dickson a proposito delle dimissioni del timoniere Gavin Brady, e aveva ragione!
Emirates Team New Zealand scivola al terzo posto, dopo aver condotto dei match non sempre convincenti. Qualche avaria, qualche errore di tattica e, soprattutto, la clamorosa sconfitta subita per mano di + 39 Challenge, dovrebbero far riflettere i kiwi sul perché abbiano lasciato così tante porte aperte.
 
Luna Rossa soffre una trasferta inferiore alle aspettative. L’equipaggio funziona ma la velocità deve migliorare (anche se è stata l’unica barca, su 22 match disputati, a girare davanti al Defender - 9 secondi - alla prima boa di bolina). Occasioni mancate e qualche errore di troppo si pagano a caro prezzo nelle alte sfere e Luna Rossa rimane inchiodata al quarto posto in cerca dello sprint finale per imporsi sui tre Big team.
Desafío Español 2007 vince lo scontro diretto con + 39 Challenge e quindi lo spareggio per il quinto posto. Il team spagnolo, che corre con una delle barche più veloci della generazione 2003, ha incrementato in Svezia le sue già ottime prestazioni.
Da “Underdog a star”, + 39 Challenge ruba la scena a tutti. Arrivati in sordina nel 2004, gli olimpionici di Luca Devoti si sono presto fatti le ossa, imparando come maneggiare uno scafo di 25 tonnellate con facilità. Iain Percy, coadiuvato in questa trasferta svedese da Ian Walker, uno dei suoi “best mates”, fa faville. Il team gardesano vince 6 match, battendo anche i padroni di casa di Victory Challenge e, regata memorabile, Emirates Team New Zealand. In un anno + 39 Challenge è salito di 3 posti in classifica. Cosa sarà capace di fare nel 2007?
Soddisfazione anche nel sindacato partenopeo di Mascalzone Latino Capitalia Team, che dimostra di aver trovato l’affiatamento giusto per far bene. L’accoppiata Vascotto – Favini, supportata dal neozelandese Pepper, funziona. Dopo aver battuto i team “alla pari”, i Mascalzoni si sono scontrati con K-Challenge, vincendo con oltre un minuto di distacco.
 Victory Challenge non infiamma il pubblico di Malmö. Chi si aspettava scintille dagli svedesi che giocavano in casa è rimasto deluso. Dopo aver sostituito la barca (SWE 63) con cui si erano classificati quinti a Valencia, gli svedesi imboccano un tunnel di sconfitte, perdendo anche dei match scontati. Rispetto a giugno scorso, perdono tre posizioni in classifica (scivolando dal quinto all’ottavo posto).
Deludono anche le prestazioni di K-Challenge, scivolata al nono posto (settimo a Valencia). Thierry Peponnet modifica la barca per ottenerne il massimo e ruota alcune posizioni a bordo ma, nei fatti, il nuovo assetto è ancora da perfezionare.
 Non cambia la posizione di United Internet Team Germany. Da questa trasferta svedese, il sindacato di Kiel guidato in acqua da Jesper Bank, ha portato a casa due punti. Niente male per una squadra appena arrivata in America’s Cup.
Shosholoza si aggiudica due vittorie, nonostante i problemi all’albero continuino a far soffrire l’equipaggio di Cape Town, costretto a rinunciare a due match.
Tocca a China Team chiudere la flotta. Il team cino francese guidato da Pierre Mas è satto l’ultimo ad iscriversi e paga questo ritardo. L’equipaggio, però si prende una bellissima soddisfazione battendo K-Challenge per oltre un minuto.
-I progettisti e la nuova America's Cup

( Malmö 31-8-2005) Luca Devoti, skipper di + 39 Challenge apprezza il formato "Che ha permesso anche ad un team giovane come il nostro di crescere in fretta e di imparare le regole di questo gioco". Secondo Devoti avere la possibilità di guardare le barche altrui, non serve tanto per copiare, cosa difficilissima, quanto per "avere conferma delle proprie intuizioni".

La Versione 5 dell’America’s Cup Class è stata l’argomento trainante della conferenza stampa progettisti tenutasi questa mattina a Malmö. Presenti i designer o i rappresentanti dei pool progettuali dei 12 Sindacati iscritti alla 32ma America’s Cup.
 
Clay Oliver (Emirates Team New Zealand), sette America’s Cup alle spalle, sostiene la Versione 5: “Ogni volta che si cambia la formula qualcuno propone qualcosa di rivoluzionario, come i multiscafi ma alla fine, guardando le regate che abbiamo corso fino ad ora, credo che la scelta sia stata fatta bene e con senso di responsabilità”.
 
Jason Ker (Team Shosholoza) alla sua prima esperienza in AC, preannuncia il varo della seconda barca Version 5 (RSA 83 è la prima barca costruita secondo la nuova versione) per ottobre 2006. “Abbiamo pensato che affittare e modificare una barca vecchia sarebbe costato molto di più che farla ex novo”.
 
Una barca nuova ad aprile e l’altra a fine 2006. Questi i programmi di Claudio Maletto (Luna Rossa Challenge), che continuerà ad utilizzare ITA 74 come banco prova.
 
Varo della nuova barca a marzo 2006 per Mascalzone Latino Capitalia Team. Il progettista Herry Dunning parla dell’interscambio tra yacht design e sviluppo industriale: “L’America’s Cup è una fucina di idee, progetti e materiali, che poi vanno in circolazione e diventano alla portata di tutti, alimentando lo sviluppo e la tecnologia in vaste aree”.
 
Anche BMW ORACLE Racing Team ha scelto aprile per varare la prima delle due barche nuove, come comunica Ian Burns: “E’ il Defender che sceglie e che fa le regole ma noi come Challenger of Record abbiamo appoggiato la nuova Versione. Certamente a Valencia le barche hanno avuto delle prestazioni diverse rispetto ad Auckland, perché i cambiamenti sono fatti pensando all’area dove le barche devono correre”.
 
Dimitri Nicolopoulos, designer di K-Challenge, ammette di ammirare Alinghi: “Non solo perché è chiaramente la barca da battere ma perché, pur non avendo niente di particolarmente rivoluzionario, almeno a vista, è sempre la più veloce di tutte”.
 
Mani Frers non si sbilancia sul calendario di Victory Challenge. “Abbiamo iniziato tardi e per questo facciamo i nostri test durante le regate. Stiamo decidendo tra due piani operativi ma credo che alla fine, faremo una barca nuova e valuteremo per un’eventuale seconda”.
 
Rolf Vrolijk, progettista capo di Alinghi aspetterà che tutti abbiano messo in acqua le loro barche prima di svelare la propria...
 
Luca Devoti, skipper di + 39 Challenge apprezza il formato “Che ha permesso anche ad un team giovane come il nostro di crescere in fretta e di imparare le regole di questo gioco”. Secondo Devoti avere la possibilità di guardare le barche altrui, non serve tanto per copiare, cosa difficilissima, quanto per “avere conferma delle proprie intuizioni”.
 
Eberhardt Magg (United Internet Team Germany) e John Cutler (Desafío Español 2007) sono d’accordo d’accordo sul fatto che queste regate siano molto più utili che i test “in house” e che il rig giocherà la parte da leone nella nuova edizione di America’a Cup.
 
“Non si possono designare con esattezza le percentuali di incidenza, ma certamente l’albero Versione 5 avrà un ruolo molto importante”, dice Vrolijk. “Questa Versione”, aggiunge, “è democratica nel senso che azzera le distanze tra i team più facoltosi e anziani e quelli appena arrivati, pareggiando le prestazioni delle barche”.
 
“Quanti di voi nell’epoca del computer, usano ancora carta e matita per disegnare una barca?” Per risponderell’ultima domanda si alzano solo quattro mani...

-Alessandra Sensini, una mascalzona a bordo di Mascalzone Latino

( Malmö 30-8-2005) Una barca grande grande... Ecco i primi commneti di Alessandra Sensini
( nella foto con Onorato) appena sbarcata da Ita 77:

"Sul windsurf sei quasi su un pattino, mentre in Coppa America sei in una barca immensa dove è tutto enorme. L’emozione più grande è la grandezza di questo mezzo: anche se va alla metà della velocità di alcuni windsurf, non è paragonabile...

" T’impressionano tanti i rumori... all’inizio t'impressiona subito l’attenzione di tutti, gli scricchiolii, i colpi, il rumore e la vibrazione dello scafo quando prendono le onde con un certo angolo...

"Una domanda che ho fatto subito è quante volte vengono controllate le scotte. Mi hanno assicurato che vengono controllate tanto, perché la tensione delle scotte è davvero molto forte, quasi spaventosa..."

( Malmö 31-8-2005) Alessandra Sensini, pluricampionessa mondiale di windsurf, oltre che medaglia d'oro a Sydney 2000 e di bronzo ad Atlanta 1996 e Atene 2004, racconta la sua giornata a bordo di Mascalzone Latino Ita 77.

ML: Sei arrivata alla base alle 9.15 e poi…

AS: “Come ogni velista, ho dovuto caricare tutte le vele, vestirmi e preparare da mangiare… No, no, non è vero, scherzo. In verità mi sono stati tutti carinissimi… Appena sono salita a bordo, siamo usciti dal porto e ho iniziato subito a fare mille domande, a chiedere come funzionavano le manovre e notizie sulle vele… E loro mi hanno sempre risposto, gentilissimi…”.


ML: Il tuo windsurf però può andare più veloce….

AS: “La grossa differenza è che sul windsurf sei su un attrezzo che sembra quasi su un pattino, mentre in Coppa America sei in una barca immensa dove tutto è enorme. E anche se è più lenta rispetto a un windsurf, l’emozione è stata proprio la grandezza di questo mezzo, la soddisfazione di guidare un mezzo enorme. Anche se va alla metà della velocità di alcuni windsurf, non è paragonabile, perché quella velocità è proporzionata alla grandezza del mezzo. Io guardavo qualche volta la randa... è davvero immensa, sembra un campo da basket! E poi anche i rumori: T’impressionano tanto. All’inizio ti impressiona subito l’attenzione di tutti, gli scricchiolii, i colpi, il rumore e la vibrazioni dello scafo quando prendono le onde di un certo tipo con un certo angolo. Sembra essere su di una grossa scatola che sta vibrando e cominci subito a guardare se tengono le scotte! Infatti una domanda che ho fatto subito è quante volte vengono controllate le scotte. Una domanda corretta: vengono controllate spessissimo, perché la tensione delle scotte è davvero molto forte, quasi spaventosa. Se si dovessero rompere, potrebbero far male a qualcuno, anche gravemente”.


ML: Cosa pensi di queste barche? Ci ritorneresti?

AS: “Certo che ci ritornerei! Sono barche molto strette, costruite apposta per la Coppa America, che devono rispettare delle misure di stazza. Sono barche particolari, e per via dei loro aspetti caratterizzanti non sono certo le più veloci in assoluto”.


ML: Ti piace questo tipo di gare o non puoi preferisci dall’emozione della velocità pura?

AS: “Mi piace la velocità ma mi piace anche questo tipo di gara. È una cosa diversa. qui quello che conta è la tattica, la tecnica, la strategia. Una regata di match race è comunque molto interessante. Basta pensare alla partenza: vederla dallo schermo della televisione, l’area di partenza sembra molto più grande, più larga e più lunga, ma invece il campo è molto stretto e la vicinanza delle barche è davvero minima. Basta un niente e non riesci a tagliare. E poi queste prue che si cercano, il fatto di avvicinarsi molto alle barche con questi mezzi che, ripeto, sono veramente grandi. Quelle sono le sensazioni che ti rimangono. Quelli sono i momenti adrenalinici, perché in effetti se ci sono dei problemi a bordo non dev’essere facile gestirli –ma per fortuna oggi mi è andato tutto liscio! E poi è impressionante il gran lavoro del pozzetto, dove veramente tutti si scambiano i ruoli”.


ML: Parlaci dell’effetto che ti ha fatto questo lavoro di squadra di un equipaggio di 17 persone a te che gareggi sempre sola…

AS: “Io ho sempre fatto uno sport singolo, anche se dietro un’atleta c’è sempre un lavoro di squadra, fatta dalle persone che ti aiutano nella gestione dell’allenamento. Qua è diverso: c’è un gioco di squadra a terra e in acqua. Sto vivendo questi aspetti solo da quest’anno, da quando ho iniziato a fare regate in barca a vela, ed è molto diverso: tutto dev’essere coordinato e ci vuole affiatamento. Tu puoi essere il velista più bravo della terra, ma se non hai altre persone che sono altrettanto brave -e senza affiatamento- è difficile fare bene. Quello che ho visto oggi è che tutti lavorano da morire e che c’era uno scambio di ruoli veloce, quasi da non accorgersene. Mi sono accorta che il team è affiatato dal fatto che non ci sono i momenti di panico nel quale tutti parlano. C’è una persona che ordina e tutti gli altri ascoltano ed eseguono e, se c’è qualche problema, viene risolto solo fra le persone interessate. Per esempio anche Nacho, il navigatore, ha fatto anche il grinder aiutando qualche volta Vincenzo Onorato. Lo stesso Vasco più di una volta ha aiutato in giro quando c’era bisogno. Questo vuol dire che tutti devono essere allenati, perché se c’è bisogno… devi metterti lì e girare le manovelle!”.


ML: Se un giorno potessi far parte di un team di Coppa America, in che ruolo ti piacerebbe correre? Dove ti vedi meglio a bordo?

AS: “Vista la fatica che fanno, il ruolo che potrei fare sicuramente non è il grinder, a meno che non sia un team di Coppa America per sole donne e a patto che sia veramente un match race fra solo donne! Io penso che una donna, nella Coppa America di oggi, possa avere opportunità solo come timoniere o come stratega o tattico, perché poi tutti gli altri ruoli sono faticosi se devi competere con un team di uomini. Noi oggi già alla prima bolina abbiamo fatto tantissime virate… poi ci sono casi eccezionali… a volte capitano veliste incredibili... però ci vuole peso, potenza e leva. Trovi anche grinder leggeri, ma quelli grandi e grossi hanno tutta un’altra resa…”.


ML: Tu sei nata a Grosseto, hai mai regatato prima d’ora con altri Mascalzoni?

AS: “Prima di tutti con Vasco, che lo conosco dal 1984. Abbiamo fatto i campionati mondiali giovanili insieme nel 1986. Con Flavio Grassi abbiamo fatto le Olimpiadi nel 1992. Flavio Favini era in corsa alle stesse Olimpiadi. E poi con sua moglie –Paola Porta- ho fatto il mondiale nel 1985 a La Rochelle, che è stata la prima regata internazionale della mia vita. E poi ho incontrato anche Paoletti, che ha fatto le Olimpiadi a Sydney, Antar Vigna – che ha fatto Atene 2004- e poi ho incrociato anche tante volte Santino Brizzi e altri che hanno fatto le classi olimpiche. Ho davvero ricordi splendidi con i Mascalzoni!”.


ML: Ti senti attratta dalla barche di Coppa America… le vedresti nel tuo futuro?

AS: “Questo mondo è molto bello. Io ho avuto l’opportunità di vederlo, di vivere due atti dall’inizio alla fine, e di viverlo anche in acqua. È un mondo che sinceramente mi piace e mi piacerebbe anche qui riuscire a trovare magari un mio ruolo”.


ML: Che differenze hai trovato nelle regate con il windsurf?

AS: “Nel surf, le azioni sono molto più istantanee. Le decisioni le prendi in un lasso di tempo molto molto breve, a volte immediato. In queste barche non sarebbe possibile: bisogna necessariamente programmare molto prima. Bisogna fare una tattica di prevenzione: devi capire dove ti vuoi mettere e in base a quello fare determinate azioni. È vero che certe volte hai più tempo per pensare, ma è anche vero che devi anticipare molto quello che vuoi fare dopo. E ci sono molti più rischi!”.


ML: Una donna su Mascalzone ci starebbe anche bene…

AS: “Non lo so veramente… Mascalzone Latino-Capitalia Team deve competere in Coppa America e quindi deve essere al top. Deve scegliere velisti al top. Ci possono essere anche donne, però la prima cosa –quello che conta veramente- è scegliere velisti al top per ogni ruolo”.


ML: Il tuo Mascalzone preferito?

AS: “Flavio Grassi, perché lo conosco da tanto tempo”.


ML: E gli altri, Vasco, Flavio?

AS: “Conosco molto più Vasco che Flavio. Vasco mi è sembrato come sempre molto concentrato e sicuramente non scherza come scherza fuori! Ma il tono di voce rimane uguale, identico. Solo che si limita a dare degli ordini, incita i ragazzi, è molto deciso e ha un tono molto forte. Un tono che arriva veramente alle persone. E questo è molto importante. Flavio rimane molto calmo però vedi che cambia, perché se a volte sembra un tipo certe volte troppo calmo, allo stesso tempo lo vedi anche molto grintoso e determinato. Non è di quelli che si lasciano passare sopra dagli altri”.


ML: E infine, raccontaci com’è andata la gara.

AS: “Noi siamo usciti in acqua un paio d’ore prima della partenza. Poi avvicinandoci al conto alla rovescia, da quello che potevo capire, da quello che si vedeva sul percorso, volevano tenersi la parte destra. C’erano proprio due correnti diverse: osservando attentamente si apprezzavano differenze di velocità nella corrente. Entrambe nella stessa direzione, non con la stessa intensità in ogni parte del campo di regata. In base a tutti questi dati, il pozzetto aveva deciso di andare sulla destra. Siamo partiti proprio allo zero. Victory ha ritardato leggermente: subito Flavio è andato a cercarlo. Il dial-up che c’è stato era molto vicino alla boa di partenza. Dopodichè Victory è partito con mura a sinistra, noi abbiamo poggiato, siamo andati a strambare e gli abbiamo preso la poppa, tenendogliela per un po’ di tempo. Victory ha virato, poi noi ci siamo portati un po’ più a destra, poi abbiamo virato ancora, poi siamo riscesi per andarlo a incrociare con le mura a dritta. I Vichinghi alla fine sono andati a partire più sotto, vicini alla boa, mentre noi siamo rimasti più alti, in zona barca giuria. Subito dopo la partenza abbiamo fatto un bel pezzo di bolina e vedevi proprio che piano piano ci stavamo alzando molto di più rispetto a Victory. Già lì abbiamo conquistato un po’ di vantaggio, dopodichè abbiamo iniziato le virate. Dove però ovviamente, abbiamo sempre cercato di rimbalzare Victory sulla sinistra del percorso proprio per rimanere a destra, nella parte migliore. Poi in fondo ci siamo allungati e nonostante un po’ di raffiche che entravano, abbiamo preso un buon ritmo con le virate, giocando bene con il vento. Scendendo nella prima poppa tutto tranquillo, tranne che al cancello, quando lo spi è caduto un attimo in acqua, e così hanno dovuto recuperarlo tirando su un attimo la drizza. Al terzo bordo, anche se Mascalzone aveva girato il cancello di destra, il vento si è portato a sinistra e presto anche noi ci siamo portati da quella parte. Poi un allungo fino in fondo”.

da: americascup.com, mascalzonelatino.com, lunarossachallenge.com, piu39challenge.it

Sport, 2005-09-01