Politiche Abitative. Ancona - riordino del sistema regionale delle politiche abitative.


Modesti: a fronte di una domanda di 6500 alloggi sociali c’è una disponibilità di appena 500 unità abitative.
Cresce il disagio anche dei redditi medio-bassi.
Gli obiettivi della riforma.
La Giunta regionale dopo aver approvato il Piano casa con una dotazione di 96 milioni di euro per realizzare 2000 alloggi e calmierare gli affitti, ha deliberato anche la legge di riordino del sistema regionale delle politiche abitative.
“L’esigenza di mettere mano ad una riorganizzazione dell’intervento pubblico in campo abitativo - ha sottolineato l’assessore Cataldo Modesti illustrando la proposta di legge al governo regionale - scaturisce, in primo luogo, dall’analisi della domanda abitativa nella nostra regione e dalla divaricazione tra questa e le tendenze del mercato immobiliare. Anche nella nostra realtà si assiste ad una crescita del disagio abitativo caratterizzato in primo luogo dalla domanda di alloggi sociali in affitto proveniente dalle fasce più deboli della popolazione, la cui consistenza è valutabile regionalmente in circa 6500 domande di nuclei familiari, a fronte di una disponibilità annuale di alloggi pubblici, sempre in ambito regionale, di circa 500 unità. A questa domanda si affianca, in modo progressivo quella proveniente da ceti sociali a reddito medio-basso che non hanno i requisiti per accedere all’offerta pubblica ed al tempo stesso non riescono a trovare risposte sul libero mercato dell’affitto, oppure vi riescono solo impegnando una parte molto rilevante del loro reddito. E’ questa la condizione che caratterizza molte famiglie monoreddito, nuclei familiari di anziani, giovani coppie o genitori soli con un figlio a carico.”
“A questa realtà, – ha aggiunto Modesti - che riguarda una parte significativa della popolazione residente, si aggiungono inoltre gli effetti di una mobilità sociale che interessa sempre più il nostro territorio, per le caratteristiche di solidità del suo tessuto economico e produttivo che attira lavoratori provenienti da altre regioni e da altri Paesi e per la presenza di alcuni importanti sedi universitarie con un numero crescente di studenti fuori-sede. Questi fenomeni, destinati a crescere quantitativamente nel tempo, mettono radicalmente in discussione l’idea che una diffusione ulteriore della proprietà immobiliare delle famiglie, oltre il livello alto già raggiunto, renda marginale il problema della locazione e possa rendere non più necessario un intervento pubblico. Queste esigenze chiedono invece di essere governate attraverso politiche più efficaci e diversificate che perseguano, accanto all’obiettivo fondamentale di garantire il diritto all’abitare per i ceti più deboli, quello di un ampliamento e calmieramento del mercato dell’affitto e di nuove forme d’accesso alla proprietà di un alloggio.”
La responsabilità di queste politiche chiama in causa in modo diretto le Regioni ed il sistema delle Autonomie locali, a partire dalle competenze sull’ Edilizia residenziale pubblica ad esse trasferite in modo definitivo con la riforma del titolo V° della Costituzione.
Le risposte ai problemi abitativi si devono sempre più integrare con gli obiettivi di riqualificazione urbana, con le nuove politiche di welfare, con le politiche di sostenibilità energetica e ambientale e con le stesse politiche economiche ed occupazionali.
Il disegno di legge configura una diversa articolazione delle competenze istituzionali, attribuendo un ruolo centrale ai Comuni non solo in riferimento alle funzioni amministrative riferite all’ Edilizia residenziale pubblica (E.R.P), ma come soggetti di governo delle politiche abitative a livello territoriale.
“Questa più forte responsabilizzazione dei Comuni – ha affermato Modesti - deve tradursi in un impegno ad utilizzare gli strumenti urbanistici, la disponibilità di aree edificabili, la leva della fiscalità immobiliare (ICI), per favorire processi di investimento pubblico e privato sugli obiettivi di politica abitativa e per costruire le condizioni per un equilibrio gestionale ad una valorizzazione anche economica del patrimonio abitativo pubblico.”
La riforma ridefinisce anche le regole amministrative ed economiche che presiedono all’E.R.P., snellendo e sburocratizzando le procedure amministrative attraverso il ricorso a regolamenti ed aumentando l’autonomia dei Comuni nel rispetto di regole generali stabilite dalla legge. Una particolare attenzione va rivolta a meccanismi che superino la “ereditarietà” degli alloggi pubblici e favoriscano il turn-over: infatti la quota annua di riutilizzo del patrimonio sembra aggirarsi sul 2-2,5% ed appare piuttosto bassa.
Altro aspetto decisivo è il raggiungimento di un equilibrio economico nella gestione amministrativa e manutentiva del patrimonio, equilibrio oggi raggiunto sacrificando parte delle esigenze manutentive. Tale equilibrio è ottenibile attraverso tre elementi.
Il primo è rappresentato da una manovra sui canoni, che garantisca la tutela delle fasce più deboli ma riveda l’incidenza canone reddito per i nuclei familiari a reddito medio e medio-alto che legittimamente risiedono nel patrimonio E.R.P., fino ad un canone disincentivante per chi supera il livello reddituale previsto per la decadenza.
Il secondo elemento è una riduzione del prelievo ICI sul patrimonio, dato che in alcuni casi il prelievo ICI supera la redditività annua dell’alloggio.
Il terzo elemento è rappresentato dagli effetti che possono derivare da una diversificazione dell’offerta pubblica, attraverso l’impegno degli IACP sul versante dell’edilizia in affitto a canoni moderati, rivolti a ceti intermedi che via via produca un riequilibrio del canone medio. Più in generale, va conquistato un equilibrio economico degli Enti, che oggi in alcuni casi sembra precario o raggiunto attraverso operazioni patrimoniali. Ciò non toglie che diversi “fondamentali” appaiono positivi, a partire dalla contenuta incidenza dei costi di struttura e di personale e dalle potenzialità tecniche e progettuali che gli Istituti esprimono.
La pratica di queste nuove opportunità pone un problema di riorganizzazione delle attuali strutture degli Istituti, a cominciare da una maggiore snellezza dei consigli di amministrazione, e proporrà nuove potenzialità di crescita di ogni singolo Istituto.


Sociale, 2004-11-23