RICORDANDO LA PIRA.
Loreto - D’Ambrosio: La Pira può darci un esempio.

Ricordando La Pira. Ringrazio innanzitutto l’Azione Cattolica per averci dato l’occasione di dimostrare la capacità di questa terra di essere accogliente. Le Marche si sono lasciate coinvolgere volentieri in un avvenimento di grande importanza e levatura. Grazie anche per l’opportunità di lavorare insieme al mondo del volontariato, ai nostri ragazzi, segno di forte testimonianza. La scelta di Azione Cattolica di lasciarsi coinvolgere e voler coinvolgere è giusta e condivisibile. In questo momento di follia terrorista, che richiede una risposta di civiltà, libertà e democrazia, la festa-pellegrinaggio di Loreto è un’occasione da saper cogliere: è molto facile dire cose belle, ma molto più difficile è testimoniarle in un modo che non può essere elitario ma di grande apertura. Tutto questo si lega perfettamente al messaggio di la Pira che con tenacia e coerenza ha cercato di testimoniare la sua fede. Il 9 gennaio di quest’anno si è compiuto il centenario della nascita di La Pira, e sono cominciate le celebrazioni, la cui importanza è andata crescendo nel tempo, quasi a pareggiare il carico di amarezza che accompagnò gli ultimi tempi della sua vita. Giorgio La Pira ebbe, oltre a molti altri doni, anche quello di voler testimoniare con coerenza la sua appartenenza e la sua adesione ad una fede, incentrata sull’amore di Dio e sull’amore del prossimo in ugual misura; solo che, ai suoi tempi, questa testimonianza non venne apprezzata, perché troppo distante da un clima di accesa contrapposizione politica (erano inoltre cominciati gli anni di piombo), che aveva fatto ben presto seguito al periodo aureo della stesura della Carta costituzionale, cui infatti non a caso aveva dato un contributo particolarmente significativo. Ma, a differenza del suo grande amico del tempo di Cronache Sociali e della comunità del porcellino, Giuseppe Dossetti, La Pira continuò ad agire e a recitare ruoli significativi nella vita politica italiana “come se” il tempo della Costituente non fosse terminato, come se i grandi principi dei primi dodici articoli della Costituzione, nella cui scrittura aveva impegnato tutto se stesso, fossero vigenti e cogenti verso tutti, mentre l’opinione più diffusa era in senso opposto. Questo, allora, mi sembra il primo messaggio che oggi, ricordando La Pira, dobbiamo raccogliere come suo lascito testamentario: la costanza e la tenacia nell’essere coerenti, non cedendo agli ondivaghi e veloci cambiamenti di clima del contesto politico, ma aspettando che vengano tempi migliori. Il secondo segnale che la sua lezione ci lascia è particolarmente importante in questo periodo del nostro percorso politico; il rispetto e il riconoscimento dell’avversario, infatti, stanno sempre più scomparendo dall’orizzonte dalla nostra esperienza ( e non solo della nostra, a giudicare il clima della grande assemblea di investitura del presidente Bush da parte del partito repubblicano americano a New York ) e questo è un errore gravissimo. Nessuna democrazia può reggersi se la possibilità di un ricambio di maggioranze al governo non viene innanzitutto accettata pienamente dagli esponenti della classe dirigente di tutte le parti politiche. In politica, dimostrò con coerenza La Pira, possono esistere avversari anche durissimi e con visioni politiche opposte alle nostre, ma nessuno di loro può essere considerato un nemico, pena un avvelenamento generale del clima di convivenza e di confronto, poi difficilmente recuperabile quando si affrontano passaggi nei quali una posizione comune è indispensabile , e di questi passaggi il virulento diffondersi della lucida follia terrorista ne fa prevedere parecchi, oltre a quelli già affrontati con difficoltà. Se questo è vero sempre e per chiunque, lo è in maniera particolare per chi pretende di impegnarsi in politica portandosi sulle spalle il bagaglio di una fede, come quella che Cristo ci ha lasciato, con la Sua parola, la Sua morte e la Sua resurrezione. Ma anche un altro messaggio di La Pira ci interroga e ci provoca, e cioè il modo di coniugare etica e politica, di tenere insieme, per chi crede, fede religiosa e concreta esperienza politica. La rottura dell’unità politica dei cattolici in Italia, secondo me ormai definitiva, semplifica e nello stesso tempo complica questo percorso concreto, perché è diventato più ampio il ventaglio delle traduzioni concrete del detto evangelico sul dare a Cesare ciò che è di Cesare, per poter più facilmente dare a Dio quel che è Suo. E su questo ognuno di noi viene chiamato a misurarsi ogni giorno. Forse qualche spazio di risposta possiamo cominciare a trovarlo se, senza mescolare il piano del trascendente con quello del contingente, ci ricordiamo che è stato detto “dalle vostre opere vi riconosceranno”. La fedeltà ai valori cristiani nel concreto operare, lo sforzo di non assolutizzare ciò che deve rimanere sul piano del relativo, l’impegno a non dividere i piani dell’esperienza di vita tra pubblico e privato, impostando le stesse traiettorie in entrambi gli ambiti, la scelta di compiere il primo passo per costruire percorsi comuni, sono tutti atteggiamenti di testimonianza difficili ma necessari, e tanto più necessari quanto più difficili. Una fede che non ha bisogno di essere sbandierata ed esibita, ma che viene vissuta coerentemente, una fede che non respinge mai nessuno, ma che si pone in atteggiamento accettante e dialogante, una fede che vuole ricordarsi di distinguere tra l’errore e l’errante, una fede che, nel e per tradursi in opere, ricerca la collaborazione di tutti, tutti gli uomini di buona volontà, si diceva ai tempi di La Pira, ma oggi, si preferisce dire “tutti gli uomini che Dio ama”, con espressione più bella e più giusta. L’etica, allora, non può tradursi soltanto nella scelta di onestà personale, che, direi, è un prerequisito della politica; l’etica deve stendere le sue grandi ali sulla politica, rendendola arte del buon governo (in greco politica era aggettivo del sostantivo arte), della ricerca del bene comune - questa entità astratta, sulla quale la teologia “politica” si affanna dai tempi di S.Tommaso e la scienza politica moderna si interroga e si impegna, dello spirito di servizio, parola affascinante se riusciamo a liberarla dall’incrostazione dell’abitudine e dell’abuso. Non è uno stato etico che vogliamo costruire, ed anzi lo stesso concetto ci fa orrore, per le aberrazioni cui ha dato luogo nello scorso secolo, ma dobbiamo riuscire a tenere insieme il valore della persona e quelli della libertà e dell’uguaglianza, soltanto nelle quali la persona, la singola persona, può tentare di trovare la sua strada, quella che le consentirà di realizzarsi. Un compito mai facile, spesso difficile, qualche volta estremamente difficile. Ma la figura di profeti moderni come Giorgio La Pira può darci un esempio. E poi, per noi che abbiamo il dono della fede, rimane la risorsa di affidarsi al Signore e di rifugiarsi nel Suo amore e nella Sua misericordia infinita.

Vito D’Ambrosio, Loreto-3 settembre 2004.

Sociale, 2004-09-17