Prosciutto di cinta senese
Un salume di grande pregio nel rispetto dell’ambiente



Far crescere un suino all’aria aperta sembra oggi una novità, una scoperta. In realtà questa forma di allevamento era diffusa in tutta il Centro Italia fino agli anni ’50, in quanto consentiva di sfruttare zone non dedite all’attività agricola (e perciò non remunerative) come fonte alimentare per lo sviluppo dei maiali.
Oggi, invece, il nuovo interesse per forme di allevamento all’aperto (dal semibrado, al pascolo, all’en-plein-air) permettono di coniugare la gestione sostenibile dell’agroecosistema con la produzione di nicchia di altissima qualità.
I risultati sono evidenti osservando le caratteristiche del salume principe della salumeria italiana: il prosciutto. Un prosciutto di cinto allevato in tal modo si caratterizza subito per la sua “signorile” rusticità, la stessa che spinge il consumatore a spendere cifre iperboliche (dai 90 ai 400 €/kg) per acquistare un Patanegra o un Serrano. Come loro, infatti, l’alimentazione a base di ghiande, castagne, fieno, tuberi ed eventualmente un po’ di concentrati abbinata al più lungo arco di tempo per arrivare al peso di macellazione conferisce al grasso un colore ambrato e una consistenza meno compatta rispetto ad un’alimentazione intensiva a base di orzo. Inoltre la componente lipidica è maggiore (4-5% circa a fronte di un 1-2% nel caso di allevamento intensivo) rendendo il prodotto più gustoso e immediatamente riconoscibile. Contribuisce a ciò anche un più alto indice di proteolisi, che permette la liberazione di un maggior numero di catepsine. Quest’ultime, degradando le proteine, fanno sprigionare una sontuosa sinfonia di aromi, altrimenti non avvertibili.
La carne rimane di un colore rosso vivo e la sensazione in bocca è di grande consistenza, permettendo di assaporare con calma una sapidità che comunque non è mai fastidiosa.
Migliore è anche l’apporto degli acidi grassi insaturi (in parte gli stessi presenti nell’olio extra vergine di oliva), mentre cala la percentuale dei grassi saturi C14 e C16. Ciò si ripercuote su un miglior punteggio nell’indice trombogenetico e arteriogenetico. Perciò, se da un lato il prosciutto è più grasso, dall’altro è più nutrizionalmente corretto, proprio per la sua migliore composizione lipidica.
In definitiva, un grande salume da valorizzare con sapienza. Per quale motivo infatti, dobbiamo rivolgerci ai nostri cugini spagnoli, quando anche noi siamo in grado di ottenere un prosciutto altrettanto buono?


Armando M. Corsi


Benessere & Salute – Domenica 13/03/05 – ore 18:43