BENESSERE E SALUTE
le Cefalee
S. Benedetto T. - terzo appuntamento del 9° corso di Educazione alla Salute

La Cefalea, termine scientifico con il quale viene indicato il comune “mal di testa”, costituisce un problema diffuso e in incremento. Così importante da indurre, una decina di anni fa un noto neurologo e scrittore, Oliver Sacks a realizzare un corposo libro sul tipo di cefalea forse, più misterioso e affascinante: l’emicrania. Scrive Sacks “l’emicrania ci mostra, nella forma di un’esplosione allucinatoria, non solo un’attività elementare della corteccia cerebrale, ma un intero sistema che si auto-organizza. Essa ci mostra non solo i segreti dell’organizzazione neurotica, ma il cuore creativo della natura stessa” Una sorta di microcosmo nel quale avvengono in una manciata di minuti, gli stessi processi dinamici non lineari e gli stessi processi caotici e capaci di auto-organizzazione che hanno portato all’evoluzione dell’universo.
Non solo di emicrania ma di tutto l’universo cefalee si è occupato, giovedì 25 marzo 2004 nella Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto, il dottor Terenzio Carboni, Dirigente medico dell’Unità Ospedaliera di Neurologia dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto. Terzo dei sei appuntamenti del 9° Corso di Educazione alla Salute, organizzato dal Comitato di Quartiere “Marina di Sotto” di San Benedetto del Tronto e patrocinato dalla Provincia e dal Comune di San Benedetto del Tronto, in collaborazione con l’Azienda Sanitaria Locale zona territoriale n. 12, l’incontro è stato coordinato dal dottor Francesco Bruni, Primario dell’Unità Ospedaliera di Nefrologia dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto e presentato dal dr. Andrea Chiappini, Presidente del Comitato di quartiere.
“Il problema di una patologia come le cefalee” afferma Carboni “si è posto allorché la scienza medica, ha cominciato ad occuparsi negli ultimi 20-30 anni anche della salvaguardia della qualità della vita, passando da una ‘medicina della sopravvivenza’ tesa cioè a contrastare le cause di mortalità precoce, ad una medicina che si preoccupa anche della cura e della diagnosi del dolore”. Avere cefalee ricorrenti infatti comporta molto spesso un’infelice vita familiare, la perdita del posto di lavoro, con costi sociali ed economici elevatissimi, e in genere un notevole peggioramento della qualità della vita.
Circa 26 milioni di persone in Italia soffrono di cefalea. Essa predilige nettamente il sesso femminile che ne soffre nella misura del 40%, contro il 20% degli uomini.
L’International Headache Society (La Società internazionale delle cefalee) ha classificato ben 13 tipi di cefalea suddividendole in “cefalee primarie”, per le quali non si riesce a dare una spiegazione certa sulle cause e che costituiscono 95 % dei mal di testa, e “cefalee secondarie” che sono, invece, la manifestazione di altre malattie organiche. Queste ultime rappresentano il 4-5% delle cefalee e soltanto una minima percentuale di esse, l’1-2% può essere pericolosa. Pertanto i tipi fondamentali di cefalea sono quelli appartenenti alle “primarie” e i più diffusi sono: l’emicrania con e senza aura, la cefalea muscolo tensiva e la cefalea a grappolo.
“Il tormento dell’emicrania” scrive Sacks “viene descritto da almeno 2000 anni; e senza dubbio tutte le generazioni della specie umana, hanno conosciuto questa costellazione di disturbi”. Nell’era contemporanea l’emicrania, colpisce il 7-18% della popolazione ed è considerata una cefalea ricorrente idiomatica nel senso che, nonostante siano state fatte delle ipotesi, non se ne conosce ancora esattamente la causa. Essa si manifesta con dolore unilaterale e con attacchi della durata di 4-72 ore. Il dolore è pulsante e si aggrava con l’attività fisica. Nausea, vomito, fonofobia, fotofobia, sono a volte altri sintomi concomitanti. In molti casi l’emicrania è preceduta dalla cosiddetta “aura” che si manifesta con disturbi neurologici, della durata di 10-15 minuti, quali disturbi visivi (lampi, puntini luminosi, zone d’ombra), disfasia (difficoltà ad esprimere verbalmente un pensiero), disestesie (disturbo della sensibilità). In genere dopo l’aurea, ma non sempre, compare il mal di testa. La cefalea di tipo tensivo è di più recente individuazione rispetto all’emicrania. Il primo a parlarne fu, nel 1880, il neurologo W.R. Gowers. E’ più frequente dell’emicrania e ciò è sicuramente correlato al frenetico stile di vita dell’uomo moderno. Il dolore opprime la testa come una morsa, “il modo di pensare” osserva Carboni “non è lucido, l’intensità del dolore è media, ma fastidiosa e non è aggravata da attività fisica ordinaria, anzi molte persone trovano beneficio dall’esercizio fisico”. La durata dell’attacco è variabile da mezz’ora ad una settimana. La cefalea a grappolo è abbastanza rara e interessa il 3% circa della popolazione. E’ detta a grappolo, perché di solito gli attacchi, della durata che va da 15 minuti a tre ore e mezzo, compaiono raggruppati e intervallati da lunghi periodi di calma. Si manifesta con dolore unilaterale di intensità violenta con arrossamento facciale e/o dell’occhio, rinorrea, lacrimazione. “Durante l’attacco il paziente non riesce a star fermo” afferma Carboni “a differenza dell’emicrania, in cui il paziente si mette a letto, al buio e non vuole essere disturbato, chi soffre di cefalea a grappolo si muove in maniera scoordinata e spesso dà delle testate al muro”. “La si descrive” continua Carboni “anche come ‘cefalea del suicidio’, non perché ciò accada realmente, ma perché molti pensano, durante l’attacco: ‘meglio morire che avere questo mal di testa’”.
Il mal di testa purtroppo non risparmia i bambini. “E’molto raro” dichiara Carboni “che sia sintomo di un’importante malattia organica, ma può succedere”. Le stime indicano che il 2-5% dei bambini sotto i sette anni soffrono di mal di testa. Di questi l’1,5% è emicranico. In questa fascia di età maschi e femmine sono paritari. Il numero sale al 18% nell’età compresa tra i 10 e i 14 anni quando ad esserne colpite sono in prevalenza le donne. In merito alle cefalee dell’infanzia Carboni sottolinea che esse potrebbero essere correlate al fatto che i bambini, oggi, sono sottoposti a “pesi”che spesso non sono in grado di sopportare quando invece avrebbero tanto bisogno di giocare. “Sport, danza, musica” sostiene Carboni” sono opportunità che vanno date, ma forse, a volte, le aspettative dei genitori sono troppo alte”.
Sui fattori scatenanti il mal di testa le ipotesi sono varie e vanno dallo stress ovvero al rilassamento dopo stress, ai fattori ambientali (variazioni metereologiche, altitudine, esposizione al sole, rumori, odori pungenti, fumo), ai fattori ormonali, ai farmaci, ai fattori alimentari. In merito a questi ultimi, possono essere responsabili di cefalea i cibi che contengono tiramina (cioccolata, noci, burro di arachidi, cipolle, pizza, yogurt, fegato di pollo, pane caldo fresco) e nitrati (mortadella, prosciutto, bacon, salame, salsiccia, pancetta), i formaggi stagionati, le bevande a base di cola, le birre scure (contengono tiramina). Sono sicuramente da evitare le bevande alcoliche.
Tra le teorie che cercano di spiegare l’origine delle cefalee c’è l’ipotesi “disnocicettiva centrale”. “Tutti noi abbiamo un sistema che ci fa rilevare il dolore e un sistema che ci permette di contrastare il dolore” spiega Carboni “nei cefalalgici è presente un’alterazione di questo complesso nocicettivo-antinocicettivo che ha come conseguenza un ridotto rilascio di endorfina”. Essendo l’endorfina una morfina endogena, questa teoria spiega perché chi ha questa predisposizione genetica, non riesce ad evitare il dolore. A proposito di predisposizione genetica si è visto che nel 70% degli emicranici, la malattia è familiare ovvero si eredità, dai parenti più stretti, un difetto biologico determinato geneticamente all’interno del sistema nervoso centrale che rende più ricettici e più vulnerabili a sviluppare una cefalea di tipo emicranico.
Un aspetto che ha sempre destato curiosità è l’affascinante discorso sulla “psicodinamica delle cefalee essenziali” o primarie. Ci si chiede, cioè, se esiste un profilo del cefalalgico. A larghi tratti sembrerebbe proprio di sì. Alcuni studiosi hanno rilevato che, ad esempio, il 60-70% degli emicranici presenta una personalità piuttosto rigida con difficoltà ad adattarsi anche a situazioni importanti come matrimonio e nascita dei figli. L’emicranico è un perfezionista, apparentemente controllato, ordinato, meticoloso, coscienzioso e timoroso di sbagliare. I pazienti con cefalea muscolo tensiva rientrerebbero invece in una personalità a volte aggressiva affetta da ansia cronica e da alexitimia ossia incapacità di esprimere esperienze, emozioni, sentimenti, il tutto associato ad un impoverimento della fantasia In realtà non si tratta di soggetti aridi ma di persone che controllano troppo le loro emozioni che poi esplodono nel mal di testa.
Per un cefalalgico la sua malattia rappresenta il leit-motif della sua vita e l’iter che compie nell’intento di cercare una soluzione per alleviare la sua sofferenza è piuttosto complesso. Dalle fasi diagnostiche, con esami utili ma anche inutili e costosi, al migrare da uno specialista all’altro fino a provare questo o quel medicamento in un controproducente “fai da te”. Qual è allora l’atteggiamento più giusto da seguire? Certamente quello di recarsi da uno specialista “il quale” sottolinea Carboni “deve saper ascoltare il paziente cefalalgico che ha molto bisogno di questo soprattutto in considerazione del fatto che egli è angosciato dal non essere compreso. Infatti è frequente che venga considerato un rompiscatole, uno che ogni tanto ha le sue ‘paturnie’. Si vede che la persona è sofferente ma non è considerata credibile”. Questo perché la cefalea è una malattia che non sempre si riesce a dimostrare ed accade di frequente che la cefalea “primaria” non emerga da nessuna indagine diagnostica. Quindi un’accurata anamnesi dovrà essere seguita dall’esame obiettivo generale e neurologico e solo quando lo specialista ha dubbi sulla natura della cefalea, prescriverà eventuali indagini diagnostiche. Perché nessuna di esse è corretta per stabilire che tipo di cefalea primaria si ha “le indagini diagnostiche” precisa Carboni “servono soltanto per escludere la cefalea secondaria (…). Un esempio per tutti: le statistiche dicono che la Tac riesce ad individuare una patologia trattabile nella misura di un caso su 500”. Evitare dunque gli accertamenti inutili e costosi e aderire scrupolosamente alla terapia medica la quale può essere sia farmacologia che non farmacologica. La terapia farmacologia si distingue in sintomatica (analgesici, antiemicranici specifici e recettoriali, antiemetici ecc.) e preventiva (calcioantagonisti, betabloccanti, ecc.). Molti specialisti sono sempre più convinti dell’utilità di terapie fisiche e complementari come: il massaggio, le tecniche di rilassamento, il biofeedback training e l’agopuntura. Anche lo stile di vita contribuisce notevolmente al miglioramento o al peggioramento delle cefalee e il consiglio dei medici è di rinunciare ai cibi indicati sopra come potenziali fattori scatenanti, mangiare regolarmente e senza fretta, svolgere attività fisica regolarmente e con moderazione, dormire a lungo e riposarsi appena possibile. Per ultimo: “giocare” consiglia Carboni “non solo i bambini ne hanno bisogno, ma anche gli adulti. Voglio citare le parole di un famoso cardiologo che disse a noi medici ‘quando vi sentite in quella situazione in cui lo stress negativo vi angoscia, interrompete e scendete al bar di sotto a giocare. In questo modo risparmierete tanti infarti’”.
Il prossimo appuntamento è per giovedì 8 aprile 2004 di nuovo alla Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto con il tema: “Il bambino intero”. L’incontro sarà tenuto dalla dottoressa Franca Di Girolamo, medico specialista in pediatria.

Nicoletta Amadio

Benessere e Salute, 2004-03-30