Con l’aumento della vita media è cresciuta
anche l’incidenza delle malattie cardiovascolari. L’infarto
del miocardio, in particolare, colpisce ogni anno in Italia 200 mila
persone. La metà muore prima di arrivare al pronto soccorso.
Di fondamentale importanza è allora la prevenzione. E di prevenzione,
di malattie delle arterie coronarie e dei fattori di rischio dell’infarto
del miocardio si è occupato nella sera di giovedì 18 marzo
2004, presso la Sala Consiliare del Comune di San Benedetto del Tronto,
il dottor Guglielmo De Curtis, Primario dell’Unità Ospedaliera
di Cardiologia dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto. L’incontro
che si inscrive nell’ambito dei sei appuntamenti del 9° corso
di Educazione alla Salute organizzato dal Comitato di Quartiere “Marina
di Sotto” di San Benedetto del Tronto e patrocinato dalla Provincia
e dal Comune di San Benedetto del Tronto, in collaborazione con l’Azienda
Sanitaria Locale zona territoriale n. 12, è stato coordinato
dal dottor Francesco Bruni, Primario dell’Unità Ospedaliera
di Nefrologia dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto e presentato
dal dr. Andrea Chiappini, Presidente del Comitato di quartiere..
Come insorgono le cardiopatie ischemiche? Per capire l’origine
di queste malattie è necessario partire dalle arterie coronarie
che sono così chiamate perché circondano il cuore come
una corona. La malattia che colpisce le arterie coronarie è l’aterosclerosi
(che può colpire anche altre arterie di grosso e medio calibro
a carattere prevalentemente elastico e che costituisce una delle le
varie alterazioni degenerative dei vasi sanguigni che prendono il nome
generico di arteriosclerosi). Essa determina un’alterazione dell’elasticità
e un indurimento della parete dell’arteria con deposizione di
colesterolo ed altre sostanze, all’interno del lume della stessa
formando delle incrostazioni ovvero delle placche.
“La patologia aterosclerotica” afferma
De Curtis “è una patologia dell’”intima”
cioè di quella parte della parete dell’arteria coronaria
che si trova sotto all’endotelio, la sottile e delicata pellicola
che riveste la parete interna dei vasi sanguigni ed è a diretto
contatto con il flusso ematico”. Una manifestazione dell’aterosclerosi
è l’infarto del miocardio dove, ad un certo punto, la placca
che riduce il flusso di sangue nell’arteria, si fessura e le sostanze
che fuoriescono innescano, dentro al vaso sanguigno, un meccanismo di
coagulazione che formando un trombo, blocca completamente il flusso
di sangue. I sintomi che debbono far sospettare un infarto del miocardio
sono: dolore, costrizione al petto, sudorazione fredda (soprattutto
nella parte superiore del corpo), stato di debolezza, difficoltà
di respirazione.
“Se dovessero insorgere questi disturbi, sarà importantissimo
non perdere tempo e chiamare subito il 118 per farsi portare in ospedale”
ammonisce De Curtis che spiega come un intervento tempestivo compiuto
nelle prime due, massimo sei ore, sia essenziale per salvare la vita
al paziente. Meno tempo si perde dunque, più cellule cardiache
si salvano dalla necrosi infartuale. Le cause che sono alla base dei
processi aterotrombosici che portano all’infarto non si conoscono
ma sono noti una serie di fattori, chiamati “fattori di rischio”
e che sono correlati all’insorgenza delle cardiopatie ischemiche.
Essi si distinguono in “modificabili” e “non modificabili”.
A questi ultimi appartengono: l’età, il sesso, la familiarità
e su di loro non si può agire. Invece sui fattori modificabili
che sono quelli che rappresentano il substrato dell’azione preventiva,
si può e si deve intervenire. In primo luogo c’è
il fumo, poi l’ipertensione arteriosa, l’ipercolesterolemia,
il diabete, la sedentarietà e l’eccesso di peso. Il fumo
è il fattore più modificabile tra i fattori di rischio
ed è di estrema importanza. “Basti pensare” afferma
De Curtis “che un soggetto sui 45/55 anni che non ha altri fattori
di rischio e fuma 20 sigarette al giorno, ha un aumento del rischio
di 3,6 volte”. Importante: fumare poco riduce il rischio ma non
lo annulla. In merito alla pressione arteriosa è stato interessante
scoprire come, avere valori alti, costituisca fattore di rischio anche
quando essi si riferiscono alla pressione sistolica (massima). “Con
l’andare avanti negli anni” precisa De Curtis “ la
pressione sistolica è quella più direttamente correlata
all’infarto del miocardio”. Si parla di ipertensione quando
i valori sono superiori a 140 per la pressione sistolica e 90 per la
pressione diastolica. Si parla di pressione normale quando i valori
scendono al di sotto di 135 e 85. “Cosa importante” raccomanda
De Curtis ӏ che questi valori sono validi per tutte le
età. Alcuni pazienti, ad esempio, mi dicono che hanno una pressione
normale perché a 75 anni hanno una pressione sistolica di 165.
Ma 165 è una condizione di ipertensione”. Prima di passare
alle misure da adottare per ridurre il rischio di avere un infarto è
importante avere presente il concetto di “rischio coronarico globale”
che si calcola considerando che i vari fattori di rischio interagiscono
fra loro in maniera moltiplicativa e non sommatoria. Un esempio: se
un paziente fuma e per il fatto di fumare ha un rischio di infarto 5
volte maggiore rispetto ad un non fumatore e se lo stesso soggetto ha
il colesterolo alto e anche ciò costituisce un rischio pari a
5, allora il rischio totale di questo soggetto sarà pari a 25
e non a 10.
Ma cosa bisogna fare per prevenire l’infarto? Innanzitutto smettere
di fumare, poi ridurre l’ipertensione, mangiare meno e cercare
di camminare almeno mezz’ora ogni giorno.
Così facendo si riuscirà, forse, ad avvicinarsi al traguardo
che il dottor Bruni, in chiusura del corso, ha augurato a tutti i presenti,
quello cioè di arrivare alla veneranda età di 130 anni.
Il prossimo appuntamento è per giovedì 25 marzo 2004 alle
ore 21,00 sempre presso la Sala Consiliare del Comune di San Benedetto
del Tronto dove il dottor Terenzio Carboni, Dirigente medico dell’Unità
Ospedaliera di Neurologia dell’Ospedale di San Benedetto del Tronto,
parlerà di “Cefalee”.
Nicoletta Amadio
Benessere e Salute, 2004-03-20