“Tickets”
di Olmi, Kiarostami, Loach

Ermanno Olmi, Abbas Kiarostami e Ken Loach non si erano mai conosciuti personalmente ma, quando si sono incontrati per la prima volta, hanno scoperto che ognuno conosceva a memoria i film degli altri due. E far convivere le loro personalità dentro un unico film non deve essere stato difficile come si sarebbe potuto immaginare. Al di là delle affinità elettive, i tre registi hanno, difatti, poco in comune, ciascuno di loro crea cinema seguendo un sentiero personalissimo e purissimo, ma “Tickets”, il lungometraggio che hanno realizzato insieme, non denuncia crepe e procede dai titoli di testa a quelli di coda con un’innegabile unità di fondo. Si parla di lungometraggio non a caso, i tre episodi sono collegati tra loro da alcuni personaggi che ritornano da una storia all’altra, da temi che ricorrono con insistenza e dal comune carattere ‘italiano’. Sono intersecati tra loro, gli episodi, più che messi l’uno di seguito all’altro. Parte Olmi, che scrive una poesia buia e malinconica, giocando sulla crudeltà beffarda che rende teneri i giovani innamorati, patetici e ridicoli quelli che si innamorano pur essendo in là con gli anni. Il suo è un episodio fragile, che risulta stucchevole e, anche nella bellezza formale, manieristico all’inverosimile, come una sinfonia sull’orlo del collasso. Kiarostami è il più divertente, chi l’avrebbe detto. I suoi interpreti sono perfetti, Silvana De Santis e Filippo Trojano su tutti, ma la comicità della storia cela, seppur con un velo, temi profondi come la giovinezza e la solidarietà. Temi che tornano nell’episodio di Loach, il migliore: qui la solidarietà sembra implodere su se stessa salvo tornare con rabbia nel finale, quando l’ultrà irlandese regala il suo biglietto del treno alla povera famiglia albanese. Col solito sguardo ‘proletario’, Loach rende alla perfezione il melting pot della nuova Europa, carico di contraddizioni e contrasti, superabili solo da gesti di carità individuale.
Dopo anni di pausa, sembra tornata la moda del film ad episodi. Qualche mese fa il griffatissimo “Eros” (tre sguardi sull’erotismo firmati Antonioni, Kar-Wai, Soderbergh), ora questo “Tickets”, presentato con un certo successo al Festival di Berlino. Esperimenti legittimi o onanismi inutili?

Pierluigi Lucadei


La parola ad Abbas Kiarostami:

“All’inizio ognuno di noi ha lavorato per conto proprio, ognuno ha girato il proprio episodio, solo in un secondo tempo i tre film sono stati assemblati”, racconta il regista iraniano Abbas Kiarostami all’anteprima di ‘Tickets’.
“Sono stato io a proporre Ermanno Olmi, adoro la poesia che c’è nel suo modo di lavorare, mi sono sempre rimaste molte cose dentro dopo aver visto i suoi film, soprattutto quelli meno recenti. Il cinema di Olmi è molto profondo. L’idea di coinvolgere Loach è stata invece della Fandango, che ha prodotto il film. Anche lui è un regista che mi piace, credo che abbiamo in comune la capacità di rapportarci con attori non attori.”
Proprio a questo proposito occorre sottolineare la bravura di Kiarostami nel dirigere i bambini: “Questo è un complimento che mi fa molto piacere”, dice il regista, “il segreto nel lavorare con i bambini sta nel non volerli cambiare, non pretendo mai che loro si adeguino a quello che voglio io, lascio che tutto avvenga in maniera naturale.”
E del cinema iraniano cosa ne pensa? “In Iran stanno venendo fuori dei talenti incredibili, hanno pochissimi strumenti ma fanno un lavoro straordinario. Non so neanch’io il perché ma sono molto contento che ci siano giovani cineasti talentuosi che portano il loro lavoro fuori dal nostro Paese e sono apprezzati in tutti i Festival.”

Abbas Kiarostami nasce a Teheran il 22 giugno 1940. Si laurea in Belle Arti all’Università di Teheran e debutta alla regia e alla sceneggiatura nel 1970 con il corto ‘The Bread and Alley’. Al 1994 risale il bellissimo ‘Sotto gli ulivi’, al 1997 l’altrettanto bello ‘Il sapore della ciliegia’ che si aggiudica la Palma d’Oro al Festival di Cannes. Nel 1999 ottiene il Gran Premio della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia con ‘Il vento ci porterà via’.


P.L.

Recensioni – mercoledì 16 marzo 2005, ore 17.31