Tre novità d’autore:
Giancarlo Onorato, Luca Gemma, Banda dei Falsari

Giancarlo Onorato
“Falene”

Etichetta: Lilium. Brani: Le bisce d’acqua / Il bene e il nulla / La sete / Boncourage / The bossanova sweet menage / Ballata dell’estate sfinita / Pace di guerra / Mia neve / Androide Mirna / Canzone dell’oscurità / Cronache di primavera / Un morbido silenzio

“Falene” è un lavoro che richiede all’ascoltatore lo stesso coraggio usato dall’autore per pensarlo e realizzarlo: un disco “difficile” che nelle giornate più malinconiche può far male davvero, una raccolta di canzoni buie che altro non fa se non dipingere con tinte adeguate la ferocia del nostro tempo. Che poi Onorato talvolta esageri con l’enfasi (“ho sete di cielo/ho sete berrei il cielo”) e il suo cantato qua e là si carichi di pathos più del necessario sono dettagli del tutto giustificabili. “Falene” è fatto di poesia e come opera poetica va considerato: prendere o lasciare. Il poeta non ha mezze misure e se decide di cantare il dolore lo fa come meglio crede, senza dover essere forzatamente e banalmente consolatorio.
A voler analizzare i singoli passaggi del disco, se l’iniziale “Le bisce d’acqua” applica fin troppo diligentemente il metodo-canzone firmato Nick Cave & the Bad Seeds, la successiva “Il bene e il nulla” è una ballata pianistica carica d’emozione sincera e di versi tritastomaco (“come ci si sporca bene/alla luce disperata di un bagliore/e come ci si scorda tutto/quando il bene e il nulla vengono a toccarci”). Altrove è Fabrizio De Andrè il riferimento più prossimo (“Ballata dell’estate sfinita”, “Canzone dell’oscurità”), mentre in “Pace e guerra” Onorato racconta con originalità una storia di prostituzione (“costa meno di un ballo questo schifo d’amore/che ti svuota la vita ed è senza sapore”). “Un morbido silenzio” è la sua “Enjoy the silence”, “Androide Mirna” si contraddistingue per l’affascinante e policromo arrangiamento.
Un gran bel disco, in definitiva, con almeno due titoli, “”Il bene e il nulla” e “Canzone dell’oscurità”, che entrano di diritto tra le migliori canzoni italiane degli ultimi anni. Altro grande pezzo è, a ben vedere, “Boncourage”, con le belle liriche della poetessa Anna Lamberti Bocconi (“se passi dove il mare si allontana/l’alfa e l’omega ti vorrei lasciare/vorrei che ti potessero bastare/inizio e fine di persona strana”) e il ritornello “cantato” dalla chitarra slide di Mario Congiu. A “Il bene e il male” e “Mia neve” hanno collaborato, invece, Paolo Benvegnù e Massimo Fantoni.

Luca Gemma
“Saluti da Venus”


Etichetta: Ponderosa. Brani: Verresti a sopravvivere con me? / Meglio l’estate / Fiorista triste / Tu si na cosa grande / La canzone dei desideri / Luca / Aeroplano / Pesci / Confesso / Il rumore dell’amore / Pensiero limpido

E’ davvero una piacevolissima sorpresa l’esordio solista di Luca Gemma, voce e autore, negli anni Novanta, dei Rossomaltese. “Saluti da Venus” è composto da undici pezzi che si lasciano amare per la freschezza degli arrangiamenti, per le trovate di testi mai banali e per la semplicità di fondo che caratterizza in modo positivo un personalissimo percorso all’interno della canzone d’autore. “Verresti a sopravvivere con me?”, posta in apertura, mette subito le carte in tavola, puntando sull’ironia e su una malinconia surreale che fa dire la verità-nient-altro-che-la-verità (“io prometto/acqua fresca nel bicchiere/le mie mani sul tuo sedere/100mila baci almeno quando è la tua festa/non è niente di speciale/ma ti chiedo appuntamento/vieni al ponte degli amanti/che ti dico cosa ho in mente”). In “Fiorista triste” Gemma immagina fiori strani, rose blu, margherite nere, viole verdi, come frutti mostruosi nella sera dell’amore, mentre ne “La canzone dei desideri” si diverte a desiderare follie che, sa già da subito, non si avvereranno mai. Ma è nella parte finale del disco che si affollano gli episodi migliori: gli ultimi tre brani sono gioielli intimisti da incorniciare, quel genere di canzoni che non puoi ascoltare senza sentirti, ogni volta, rigenerato. “Confesso”, autoritratto agrodolce, e “Il rumore dell’amore”, poesia minima arricchita dagli scratch di Massimiliano Chiappa e dall’armonica dello stesso Gemma, guidano le emozioni verso il gran finale: “Pensiero limpido”, piano e voce, è un’emozione vera (“è un lunedì di fine gennaio/fuori fa freddo e io penso a te/desiderare cose belle/è giusto ed è scritto da sempre sulla nostra pelle/sembrano frasi per fare la rima/ma è solo per dirti che l’amore continua/e in mezzo alla mia confusione/guardarti mi rende felice e un po’ meno coglione”). Non poteva esserci chiusura migliore per un debutto riuscito da tutti i punti di vista. Un po’ Niccolò Fabi, un po’ Luigi Tenco, un po’ Pacifico (compagno nei Rossomaltese), Luca Gemma ha fatto un disco che, come si dice, lascia il segno. A meno che non si commetta lo sbaglio di lasciarselo sfuggire.


La Banda dei Falsari
“Il caso”

Etichetta: Ethnoworld. Brani: Lettera dal centro del cuore / Alla renella / A tocchi a tocchi / Quanto basta / Un esploratore alla corte della regina di Spagna / Il dedalo / Il sogno di Icaro / Angeli ribelli / Dall’alto / Stasera Roma / La tela del ragno / Fuga in Ebm

“Il caso” è l’album d’esordio della Banda dei Falsari, gruppo di scuola romana attivo da anni nei circuiti underground della capitale. Con l’aiuto di ospiti illustri come Ambrogio Sparagna, Francesco Di Giacomo (storica voce del Banco del Mutuo Soccorso) e Andrea Satta (cantante dei Tetes de Bois), il disco propone una musica piena di calore ed entusiasmo che, pur movendosi spesso tra le ritmiche “in levare” del reggae, sa avventurarsi in territori rock, jazz, ska o strettamente cantautoriali. In “Un esploratore alla corte della regina di Spagna” il rappato con l’accento romanesco di Marco Frugoni somiglia addirittura a quello di Militant A dei concittadini Assalti Frontali. “Lettera dal centro del cuore” è, invece, canzone d’autore ispirata ai più grandi maestri (Guccini?) suonata come se la Banda fosse nata da un incontro tra Africa Unite e Modena City Ramblers.
“Il caso” è un disco suonato col cuore ma manca di un vero singolo e di quel colpo di genio a cui ci hanno abituato, per rimanere nello stesso ambito musicale, Tetes de Bois e Bandabardò. Anche dopo ripetuti ascolti resta un po’ di delusione ma restano anche bei pezzi come “Il sogno di Icaro” e la livida “Stasera Roma”. E restano le dediche più o meno esplicite sparse per tutto il disco: alla guerra nell’ex-Jugoslavia (“Dall’alto”), all’attrice Gabriella Ferri (“A tocchi a tocchi”)…

Pierluigi Lucadei

Recensioni – mercoledì 26 gennaio 2005, ore 18.18