“La sposa turca”di Fatih Akin (Germania, 2004)
S. Benedetto T. - Cineforum Buster Keaton – IV Ciclo

E’ stato “La sposa turca” di Fatih Akin, Orso d’Oro al Festival di Berlino 2004 il film sorpresa proposto martedì scorso dal Cineforum di San Benedetto del Tronto. Il titolo originale “Gegen Die Wand” che tradotto significa “Contro il muro” è molto più incisivo di quello italiano. Infatti è dopo quel muro, contro il quale non è riuscito ad ammazzarsi, che uno dei protagonisti, il quarantenne Cahit (Birol Unel), vedrà cambiare la propria vita. Non per sua volontà, egli avrebbe potuto continuare il suo percorso di autodistruzione fino allo sfinimento, ma per desiderio di Sibel (Sibel Kekilli) una giovane donna come Cahit turco-tedesca, che affamata di vita è disposta a tutto pur di fuggire dalla mussulmana famiglia, tradizionalista e moralista. Inscenare un finto suicidio o sposare un qualsiasi uomo purché turco, (guai i matrimoni misti, la sua famiglia non avrebbe mai acconsentito) per Sibel è la stessa cosa, l’importante è riuscire a slegarsi dai vincoli famigliari ed essere libera di stordirsi dei piaceri della vita. Si incontrano nell’ospedale psichiatrico dove entrambi finiscono dopo i rispettivi tentati suicidi. E’ Sibel a notarlo e da quel momento farà di tutto per realizzare il suo piano e Cahit dopo la riluttanza iniziale si lascerà convincere. Si sposano, vanno a vivere a casa di lui e la ragazza, finalmente, può assaporare la libertà tanto desiderata mentre lui ha semplicemente fatto un’opera di bene o forse una cosa che abbia senso nella sua vita che per il resto è ancora immersa nella schiavitù dell’alcol e delle droghe. Lentamente però la solare intrusa, piena di vita e sempre sorridente (come la prima moglie di Cahit la cui scomparsa non è riuscito ancora a superare) che cucina divinamente e che ha trasformato il suo tugurio in un’accogliente e decorosa dimora, lo fa innamorare. L’angoscia di Cahit comincia a svanire e gioia e coraggio rinascono in lui. Anche Sibel sente che l’affetto che prova verso il suo amico si sta trasformando in qualcosa di più intenso e non ha più tanta voglia di frequentare i suoi amanti. L’amore, quello vero entra nella loro vita ma non riuscirà a renderli felici perché la tragedia è in agguato. Cahit in un’esplosione di gelosia colpisce un uomo provocando la sua morte. Finisce in galera e lei fugge in Turchia. Così anche Sibel sceglie la sua prigionia, il suo lager. Si taglia i capelli e si trasforma in un’anomina brava ragazza turca con tanto di marito e figlia e quando Cahit esce di galera e va a cercarla crede di aver ritrovato il suo amore. In realtà Sibel è ormai spenta e pur amandolo ancora le mancano il coraggio e la forza di ricominciare con lui. La sua energia vitale è come prosciugata. In parte è fluita verso Cahit ma non è con lui che vuole ritrovarla bensì altrove, forse nelle ataviche tradizioni delle proprie origini. Film di indiscussa qualità che connotato nella prima parte come commedia dal sapore dolce e brillante che fa anche sorridere lascia poi il posto ad un retrogusto aspro e infine amaro perché la storia in realtà è brutale, sanguinaria, passionale. E densa di emozioni che erompono dalle case squallide stile Trainspotting, dai locali di Amburgo, dalle strade di Istambul, dalle redenzioni miracolose, dagli appuntamenti mancati e dai Depeche Mode in una notte che forse voleva essere l’ultima.

Nicoletta Amadio

Recensioni, 2004-12-17