Jim Thompson
“Colpo di spugna” Titolo originale: “Pop. 1280”; 1964
(Fanucci 2004)
Nick Corey è il Primo Sceriffo di Potts County cittadina
americana di 1280 abitanti (anime?) ai primi del novecento e fin dall’inizio
dice di saper bene cosa è necessario fare per essere rieletto: assolutamente
niente. Dopo poche pagine ti chiedi a chi può interessare la vita di
provincia di uno sceriffo ottuso e inetto che abita nel Palazzo di Giustizia
con la moglie Myra, un’arpia più vecchia di lui e Lennie, il
cognato ritardato. Per prendere una decisione su due ruffiani che gli hanno
mancato di rispetto deve recarsi dal collega Ken Lacey e dal suo vice Buck
(quelli svegli) della contea vicina, preso in giro perfino da uno sconosciuto
in treno. Rimandato indietro letteralmente a calci nel sedere per spiegare
in concreto come farsi rispettare il destino meschino di Nick sembra segnato.
E invece no. Il protagonista ha subito maltrattamenti da piccolo, bisogna
che i torti vengano aggiustati. L’improvvisa azione ti raggiunge come
un pugno nello stomaco, lo sceriffo uccide i due ruffiani e spedisce nel bordello
Lacey ubriaco fradicio per incolparlo degli omicidi, uccide il marito violento
della sua amante Rose e uccide anche il negro, Zio John che ne aveva casualmente
scoperto il corpo. Nel frattempo diventa amante anche della sua vecchia fiamma
Amy e mettendo abilmente in giro calunnie distrugge la credibilità
di Sam Gaddis, suo avversario nelle elezioni politiche. Nel finale, assolutamente
noir, Nick viene avvicinato da George Barnes investigatore privato che indaga
sull’omicidio di uno dei due ruffiani, nel confronto emerge tutto il
suo pensiero amaro, spietato sull’essere umano e rivela la sua vera
identità, che giustifica la sua folle funzione di inviato divino a
Potts County.
Thompson in questo romanzo che sfugge ad ogni schema (anche al pulp ante-litteram),
da geologo dell’anima scava a fondo nel suo terreno preferito: l’ipocrisia
della società americana. Quello che scopre lo fa raccontare da Nick
Corey attraverso i suoi delitti, coperti da personaggi che spesso hanno colpe
e desideri inconfessabili. Nick scende nell’abisso ben consapevole delle
violenze domestiche che si consumano nella sua cittadina ogni giorno, del
razzismo e del livore più gretto. In fondo lui è lì per
controllare ma solo per quanto possibile, è la vita in sé che
è dura, grigia. Questo racconto trasuda una forte malinconia, forse
è il linguaggio dei personaggi il vero protagonista: vivo, senza censure
a tratti assolutamente scoppiettante.
Gabriele De Gregorio