Eraldo Baldini
“Nebbia e cenere”
Bruno ha quarant’anni, una laurea in lettere con tanto
di lode, aspirazioni bruciate da poeta e pittore, e un lavoro come autista
di scuolabus. E’ un uomo solo. Solo e disperato, dopo essere stato mollato
da Serena, una pittrice ventottenne che non gli ha mai detto “ti amo”
e alla quale lui si è legato in maniera morbosa. Bruno è prigioniero
del passato, intrappolato tra le maglie dei ricordi, da quelli d’infanzia
(una sorella indemoniata, un nonno strambo e degli amici appassionati di armi)
a quelli più recenti (l’idillio passeggero con Mimosa e il felice
e solo parzialmente ricambiato amore per Serena). I suoi unici amici sono
i ragazzini che ogni mattina accompagna a scuola: Chiara, che gli vuole bene
e lo chiama “zio”, Francesco, che ha una sorella “pazza”
ed è sempre triste, Martina, una quattordicenne con velleità
da lolita, Christian, un marcantonio biondo bravissimo con i piedi e che presto
farà un provino col Milan.
“Nebbia e cenere” è un romanzo doloroso e struggente. Terribile
nel descrivere con precisione chirurgica il mostro della solitudine e nel
mostrare come il non voler accettare la perdita porti facilmente ad una malattia
che divora giorno dopo giorno anima e cervello.
Vedere Bruno che continua ad illudersi, che passa le giornate nell’attesa
che il telefono squilli, che si fa del male immaginando un futuro ancora con
Serena, nonostante ora lei viva a Firenze, forse con un altro uomo, commuove
e indigna insieme. Commuove e indigna l’incapacità dell’uomo
di farsi una ragione, di guarire; e quando il dolore diventa un piccolo rifugio
per il cuore, la tragedia è dietro l’angolo, pronta a travolgere
tutto e a portare via con sé illusioni, progetti, regali, telefonate,
baci.
Pierluigi Lucadei
Recensioni – lunedì 19 luglio 2004, ore 12.39