Ecco un disco destinato ad infilarsi nelle vostre orecchie e trapanarvi il cervello. Ecco un sound contagioso fatto di riff sporchi e ……….. Eppure tra i solchi di “Get born” non c’è nulla di nuovo, anzi. I Jet suonano come se gli ultimi trenta anni di musica non fossero esistiti, attingendo a piene mani dall’arte dei maestri Who, Iggy and the Stooges e, soprattutto, degli Stones da “Let it bleed” a “Exile on main street”. Il loro è rock citazionista per eccellenza, così come lo è stato, in tempi recenti, quello dei Black Crowes, dei Ride o degli Oasis. Ognuna delle tredici canzoni qui contenute sembra essere stata composta seguendo per filo e per segno i dettami della perfetta rock’n’roll song scritti anni fa da Jagger e Richards, e non occorre una grande fantasia per immaginare il neo baronetto Mick cantare il singolo killer “Are you gonna be my girl” o la ballata tutta moine “Look what you’ve done”. Spavalderia e cuore, furore blues e melodie arrendevoli gli assi nella manica dei quattro giovanotti che dalla lontana Australia (i Jet sono di Melbourne) sono arrivati all’attenzione del pubblico con tutta la velocità che il loro nome lascia presagire. Per una volta non cadiamo nella trappola di considerarli dei furbi pronti a sfruttare l’invasione di quel rock’n’roll finto ribelle che tanto piace ai discografici, come degli Strokes qualsiasi. Qui c’è talento e tanta tanta ispirazione. E se non avete idea di cosa ciò voglia dire, chiedetelo a Noel Gallagher che da anni cerca invano di eguagliare pezzi indimenticabili come “Live forever” e “Wonderwall”. Questo è il momento dei Jet. Da prendere subito. Come on and get what you need.
Pierluigi Lucadei
Recensioni – sabato 14 febbraio ’04, ore 10.02