"Al di là della vita"


E' stato proiettato a S. Benedetto, purtroppo per pochi giorni, l'ultimo capolavoro di Martin Scorsese. "Al di là della vita" è il titolo del 17° lungometraggio del regista italoamericano, che torna, a 25 anni di distanza da "Taxi driver", sulle strade buie e sofferenti di New York. A percorrerle, stavolta, non è il tassista paranoico Travis Bickle (De Niro), ma l'autista di ambulanze Frank Pierce, che, interpretato da uno sconnesso Nicolas Cage, entra di diritto tra i più bei personaggi scorsesiani di sempre. Pierce non dorme, corre attraverso la notte senza un attimo di tregua, in cerca di corpi da salvare. La sua è una parabola da incubo, si ritrova tra le mani moribondi, malati, drogati e cerca di soccorrerli con la mente offuscata dal pensiero della sconfitta. I sensi di colpa e l'atrocità della notte sembrano tappare al protagonista ogni via di redenzione. Di pari passo con le ossessive sirene delle ambulanze, cavalcano le sconcertanti e ribollenti emozioni di un film che chiude un decennio incredibile per Martin Scorsese. Avevamo ancora negli occhi la violenza di "Quei bravi ragazzi" e "Cape Fear", quando siamo stati sorpresi dalle atmosfere whartoniane di fine '800 de "L'età dell'innocenza". E avevamo ancora in mente le lacrime di Michelle Pfeiffer quando siamo stati catapultati nei calvari dei tanti disperati che ruotano attorno alle sale di "Casino". Ora siamo tornati sulle strade di New York, ad interrogarci ancora una volta sul senso della vita e sulla moralità della nostra condotta quotidiana. Ma, anche alla fine di "Al di là della vita", si ha la sensazione che le nostre domande saranno eterne.

Pierluigi Lucadei