NICK CAVE - Ancona, 14 luglio 2002
di Pierluigi Lucadei

Un personaggio elegante, allampanato, la sigaretta in bocca, sale sul palco puntuale, 21.45, accompagnato da tre brutti ceffi, anche loro eleganti, che si dispongono agli angoli del palco, ognuno col proprio strumento. Il personaggio allampanato siede al piano, pigia due tasti, ma è chiaramente infastidito, qualcosa non va. Il suono è ballerino, l'amplificazione non è perfetta. Un cenno di capo e i brutti ceffi tornano giù dal palco. Il personaggio allampanato si scusa col pubblico con un'alzata di spalle e due boccate di fumo, poi scompare anche lui.
Rientrano un minuto più tardi, l'allampanato si risiede al piano e ripigia i due tasti di prima, visibilmente più soddisfatto e, con una tranquillità monumentale, sussurra "it began when they come took me from my home and put me in Dead Row", come fosse l'incipit di un pezzo qualsiasi e non di 'The Mercy Seat', la più bella canzone che sia mai stata scritta sulla sedia elettrica. Poi seguono canzoni dolcissime, 'There Is A Kingdom' e 'Into My Arms' da 'The Boatman's Call', che iniziano a scaldare il pubblico, a sciogliere i cuori, 'Hallelujah', 'God Is In The House', 'Darker With The Day', 'Gates Of The Garden' da 'No More Shall We Part', che ci ricordano quanto di mistico ci sia nella dannazione e quanto di dannato ci sia nella fede. Il cantante allampanato è bravissimo, flirta con la notte e lentamente la seduce. Il brutto ceffo che si agita di fronte al piano maltratta il suo violino come Jimi Hendrix faceva con la stratocaster. Si divertono insieme a rendere più doloroso l'omicidio di 'Henry Lee' e il pubblico fa fatica a rimanere seduto e si accalca sotto il palco. La notte a questo punto è quasi vinta, il cantante ce l'ha in pugno. Dopo i temporali di qualche ora fa, nel cielo fanno capolino le stelle. Cantano anche loro. Non può che essere una voce astrale quella che canta "come sail your ships around me and burn your bridges down'. E' proprio 'The Ship Song', ballatona pianistica per eccellenza, a chiudere la prima parte del concerto.
Il personaggio allampanato torna al piano dopo una breve pausa e infila tre pezzi da brividi; ancora un brandello del suo divorzio da 'The Boatman's Call', 'People Ain't No Good', la domanda senza religione di 'Do You Love Me?' e l'irresistibile dialogo tra amanti di 'As I Sat Sadly By Her Side'. Dopo la giusta ovazione, i quattro musicisti abbandonano di nuovo la scena, stavolta sembra definitivamente. Ma il pubblico ha ancora fame, canta, urla, batte ritmicamente le mani. Il pubblico sa che serate come questa capitano una volta nella vita, e vuole che il vocione dell'allampanato torni un'ultima volta a lacerare gli avanzi di cuore ancora intatti.
E lui torna, dopo una pausa molto più lunga della precedente, per il secondo bis. Ringrazia tutti i presenti con le braccia alzate, biascica qualche 'grazie'. Dalle prime quattro note di piano riconosco 'Love Letter' e mi tornano in mente tutte le volte che l'ho ascoltata pensando a Nico e a tutte le volte che ho rischiato di perderla per sempre, e invece lei adesso è qui, tra le mie braccia, la sua guancia sulla mia. Soltanto ora mi rendo conto che il cantante allampanato non è altro che Re Inchiostro in persona, ora che incrocia il mio sguardo, ora che sta cantando questa canzone per me. "Oh baby please come back to me"… non posso fare a meno di accompagnarlo nel coro. Un tuffo al cuore, come si dice. Potrebbe anche bastare, i ragazzi sotto il palco hanno gli occhi lucidi, consci di essere a pochi metri dal più grande artista degli ultimi vent'anni e di aver appena assistito al suo indimenticabile show. Ma c'è ancora tempo per la seconda 'murder ballad' della serata. Due tiri all'ennesima sigaretta, un sorso d'acqua minerale(!) e il Re si lancia in un blues infernale, con i suoi tre cortigiani che stuprano la notte ormai arresa e lasciva con un delirio sonoro dai contorni irrespirabili e malsani. La ballata in questione è 'Stagger Lee', una delle più eccessive e sboccate. E il pubblico ondeggia stavolta. Balla, e ondeggia.


Pierluigi Lucadei