“Crash-Contatto fisico”
di Paul Haggis

Crash: il rumore dei tamponamenti, delle auto che finiscono la loro corsa contro altre auto: eventi all’ordine del giorno nelle grandi metropoli come Los Angeles; ma, soprattutto, sono l’alfa e l’omega di un insieme di piccole storie quotidiane sapientemente intrecciate come “un cerchio narrativo che torna su se stesso” da Paul Haggis, già sceneggiatore di Million Dollar Baby. “Crash-Contatto fisico” parte (e termina) proprio da un tamponamento d’auto dal quale prendono il là, spesso incrociandosi, americane vicende dei giorni nostri. Minimo comune denominatore quel pregiudizio raziale che porta le persone a stare come “dietro l’acciaio e il cristallo”, a mantenere le distanze ed evitare qualsiasi tipo di contatto. Per continuare ad andare avanti in solitaria cercando egoisticamente il successo, la ricchezza, il potere o il voto degli elettori. Senza guardare in faccia nessuno. Fino a quando però non arriva fatale un tamponamento improvviso. Allora si è costretti a guardarsi negli occhi, a confrontarsi e, perché no, a comunicare, accantonando per un attimo ciò che divide: il colore della pelle o la condizione sociale. Può sembrare paradossale, ma in un epoca in cui si ha la possibilità di comunicare a migliaia di chilometri di distanza in tempo reale, perché si hanno tutti i mezzi per farlo, spesso però non si riesce a farlo con chi ci sta vicino.
Piccole storie come quella di due giovani afro-americani, Peter ( Larenz Tate) e Anthony (Ludacris) che di mestiere rubano auto e che in ogni dove ed in ogni quando vedono pregiudizi raziali dei bianchi. E poi la storia di due poliziotti, Graham (Don Cheadle) e Ria (Jenifer Esposito), afro-americano lui ed ispanica lei, costretti a confrontarsi con un sistema giudiziario marcio alla radice. Passando poi per Jean ( una straordinaria Sandra Bullock) moglie del procuratore distrettuale Rick (Brendan Fraser) la prima ad accorgersi che così la vita non ha nessun significato. Personaggi alle prese con problemi di discriminazione e pregiudizio raziale: come nel caso, ancora, della famiglia iraniana, dove Farhad (Shaun Tonb), dopo la distruzione del suo negozio, decide di far fuori un ispanico presunto colpevole. Oppure il caso del poliziotto bianco che molesta l’afro-americana Christine (Thandie Newton). E’ questo un modo per proteggersi ma anche per rivelare una sorta di vuoto esistenziale, di solitudine che li conduce lontani dall’altro e dal diverso. Anzi, non fa altro che accrescere quella rabbia che è dentro ciascuno e che Jean esprime magnificamente. Una rabbia che alla fine lascia il posto a sentimenti più nobili, a quelle emozioni che a volte trascinano verso lo scontro ben coscienti però che ciò che si vuole è proprio il suo esatto contrario. Perché come ricorda Graham, all’inizio del film, lo scontro è una via traversa per cercare un contatto, per sentire qualcosa, per sentirsi vivi.
Un ottimo film così come l’interpretazione di tutti gli attori: emozionante, coinvolgente anche perché tocca problematiche, che spesso ci fanno pensare e riflettere, come il bisogno tutto umano di non viaggiare da soli nella convinzione che gioie e dolori se non condivisi non hanno alcun senso.

Simone Grasso

Recensioni – mercoledì 30 novembre 2005- ore 18.00