Eels with Strings
Milano (Conservatorio G.Verdi) – 08.10.2005
di Pierluigi Lucadei
Con tipi bislacchi come E funziona così: prendere o lasciare. E una volta che hai preso, perché non riesci proprio a farne a meno, il tipo bislacco, prima di ripagare la tua fiducia, mette a dura prova la tua pazienza con una puntata di un vecchio cartone animato russo (tale Cheburashka) e con un filmato stile Mtv sulla sua band, gli Eels, un’ensemble, come dice lui, mutevole, con più di quaranta membri diversi e un solo, profondamente disturbato, punto fisso (ovviamente lui!). Terminati i siparietti - nel frattempo è passata un’ora - arriva la banda: un quartetto d’archi tutto al femminile, Julie, Ana, Haether, e la bella Paloma; Big Al con contrabbasso e fisarmonica; Chet con tutto quello che gli capita in mano. Lui arriva al buio, annunciato dal fumo dell’immancabile sigaro. E’ vestito da becchino, completo nero, cravatta, Stetson e bastone, uniforme da concerto che rimarrà immutata per quasi tutta la serata, fatta eccezione per il bastone, che sarà abbandonato in favore di una chitarrina folk o del piano, quando al nostro verrà voglia di suonare un po’.
Il brano d’apertura è “Fresh feeling” e, ascoltandolo, capisci che non c’è canzone al mondo migliore di questa per iniziare un concerto e perdoni E per il pasticciato ed eccessivo pre-show. E’ che gli Eels sono una band di cui tutti abbiamo un gran bisogno, molto più di quanto sembri. Non è un caso che E, benché malvisto dagli ambienti musicali che ‘contano’, possa vantare tra i suoi amici e sostenitori personaggi come Tom Waits, Peter Buck, Randy Newman. Le canzoni si susseguono bellissime, “Packing blankets”, “Son of a bitch”, “Jeannie’s diary” senza falsetto, “I like birds” che fa scattare il battimano. E è un fiume in piena, canta la sua vita in bilico con voce intensa e graffiante, tiene lezioni di black humour, sembra uno stroryteller d’altri tempi, scherza col pubblico appena può. Manda via il resto del gruppo e resta solo sul palco. «Are you ready to rock?» chiede. Si alza un grido d’assenso. «Sorry, wrong concert!» ribatte lui, ed attacca l’acustica “Railrod man” dall’ultimo album “Blinking lights”. Appena il gruppo rientra, parte la sequenza da brivido della serata: una dietro l’altra vengono proposte “Troubled with dreams”, “Girl from the North Country”, “If you see Natalie”, “I’m going to stop pretending that I didn’t break your heart”, “Dead of winter”. Chet si alterna tra la lap steel e un kit di batteria costituito da un bidone della spazzatura e da una cassetta di attrezzi, E si siede al piano per “Girl from” e “Natalie” e la magia è indescrivibile. Sulla coda di “Flyswatter” gli Eels sperimentano a più non posso, il solito Chet lancia lamenti accarezzando con l’archetto una sega, la violoncellista prende a strusciare con nonchalance sul microfono un vibratore color rosa barbie. La coda si congiunge ad una applauditissima “Novocaine for the soul” rallentata e bluesy. I bis regalano brani di “Blinking lights”, tra i quali l’imperdibile “Things the grandchildren should know”, e i rantoli di “Dog faced boy”, coi quali E si congeda dal pubblico italiano.
Si accendono le luci, parte “Cold cold ground” di Tom Waits, si comincia a sfollare. Il Conservatorio deve chiudere ma c’è ancora chi si ostina ad aspettare sotto il palco, così ecco un ragazzo dello staff che raggiunge il microfono per scoraggiare gli inscoraggiabili: «The band has left the building», dice. Poi però gli scappa un sorriso e annuncia, quasi gridando: «We’re joking, Eels are here!» Su quello che succede nei cinque minuti successivi è inutile spendere troppe parole, perché è già storia: se ne parlerà ancora fra vent’anni di quella volta che al Conservatorio quel bislacco di E suonò due canzoni in pigiama e pantofole. Perché sì, E e la sua banda suonano lights on “I could never take the place of your man” di Prince e “Mr.E’s beautiful blues” con addosso il pigiama, causando delirio collettivo e più di un orgasmo. E regala il suo sigaro ad una ragazza della prima fila, si inchina tre volte e se ne va tra le risate e gli applausi. Un pensiero di solidarietà per tutti coloro che hanno sborsato i quasi cinquanta euro del biglietto ed erano già fuori dalla sala al momento della birichinata. E pensare che se ne parlerà ancora fra vent’anni di quella volta che al Conservatorio…
Scaletta:
Fresh feeling, Packing blankets, Bride of theme from blinking lights, From
which I came/A magic world, Son of a bitch, Dirty girl, Ant farm, Jeannie’s
diary, My beloved monster, Bus stop boxer, Pretty ballerina, I like birds,
It’s a motherfucker, Taking a bath in rust, Railroad man, Troubled with
dreams, Girl from the North Country, If you see Natalie, I’m going to
stop pretending that I didn’t break your heart, Dead of winter, Flyswatter,
Novocaine for the soul, Losing streak;
Blinking lights (for me), Hey man (now you’re really living), Things
the grandchildren should know (incl. Theme from blinking lights);
Dog faced boy;
I could never take the place of your man, Mr.E’s beautiful blues.
Leggi lo speciale sugli Eels: http://www.ilmascalzone.it/re123.htm
Recensioni – giovedì 13 ottobre 2005, ore 22.00